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L’iniziativa “La Lazio nelle scuole” riprende il suo tour e fa tappa all’Istituto “Alessi”
Continua l’iniziativa del progetto di cultura sportiva e di formazione “La Lazio nelle scuole”. Questa mattina Eddy Onazi, Antonio Candreva, Edson Braafheid e Patric sono andati a far visita ai bambini dell’Istituto Comprensivo “Guido Alessi” e si sono concentrati a rispondere alle domande di questi.
Inizia Onazi, che argomenta gli episodi spiacevoli negli stadi: “È una domanda forte, siamo tutti uguali, non esiste la diversità. Io prego sempre prima e dopo la partita. I cori contro Koulibaly? Non sono cori razzisti, io sono nero ma sono come gli altri. Non penso che a Koulibaly siano stati fatti cori razzisti, succede allo stadio di essere fischiati e criticati. Succede anche a me e ai miei compagni. La mia vita prima del calcio? Non avevo nemmeno le scarpe per giocare, ho fatto dei sacrifici per comprarle. mangiavo solo una volta al giorno, per questo ora ringrazio Dio per quello che ho e sono riuscito a fare. A scuola? Se avessi la possibilità, ci tornerei volentieri. Mi divertivo molto”.
Poi prosegue il centrocampista di Tor de’ Cenci, classe ’87 della Lazio: “Siamo un esempio positivo? È sempre un piacere, ci fate tornare giovani. Abbiamo una grande responsabilità, soprattutto fuori dal campo. Dobbiamo cercare di essere un esempio di valori. Bisogna avere la fortuna, l’entusiasmo e la voglia di divertirsi. Tra compagni e allenatore ci sono incomprensioni durante allenamento e partita, l’importante è non andare oltre, quando c’è rispetto ci si può sempre chiarire con una strette di mano e finisce lì. Un compagno si può arrabbiare con un altro perché non rispetta il gioco di squadra? Sì, può capitare. Per un’azione di gioco o per un fallo commesso, ma in campo tra compagni ci si può mandare a quel paese. Ma noi sappiamo che può accadere, l’importante poi é chiarirsi”. La prima volta in serie A non si scorda mai: “Non si può dimenticare, è stata una grande gioia giocare con calciatori che pochi mesi prima vedevo solo in TV. Il sacrificio più grande nel nostro stile di vita? La professionalità al di fuori del campo, la giusta alimentazione e il giusto riposo. Bisogna fare tanti sacrifici per arrivare a certi livelli, non si perdere mai l’entusiasmo, nemmeno quando si cresce. Come tenere i piedi a terra? Fa piacere essere riconosciuto per strada, bisogna rimanere se stessi, umili, non montarsi troppo la testa perché poi si possono avere più bassi che alti nella carriera. Importante far tornare l’entusiasmo, noi giochiamo per farli esultare, gioire, farli tornare a casa con il sorriso“. Poi un commento sulla situazione negli stadi: “Credo che la situazione negli stadi sia migliorata. Io a scuola andavo con voglia, non sono mai stato bocciato, mi divertivo soprattutto quando facevo educazione fisica. La scuola e lo studio sono importanti per la formazione di un ragazzo”.
Poi al terzino olandese viene domandato come si possono gestire i momenti di rabbia in campo: “È sempre importante riuscire a controllarsi, anche quando si perde bisogna saper gestire le emozioni, i sentimenti e i propri istinti. Razzismo? Quando gioco non presto molta attenzione a ciò che dice il pubblico perché sono concentrato sul gioco. Provo una profonda pietà per chi fa determinate manifestazioni di razzismo. La scuola? La scuola all’inizio era più importante per i miei genitori che per me perché pensavo solo a giocare a calcio. Poi ho realizzato che la scuola è la base di tutto e del futuro, sulla quale costruire la propria vita.“
Infine, prende la parola Patric: “Sono terzino, mi piace spingere in avanti. Sto imparando a difendere, ad agosto ero un calciatore diverso, sto migliorando piano piano per cercare di farmi trovare pronto. Sono felice qui. Come ci sente quando si cambia squadra? Sono stato tre anni al Barcellona e dopo mi hanno proposto la Lazio che è un grande club e ho accettato. Ripeto: qui sono felice. Io a scuola? Volevo sempre andare per trovare i miei amici, mi sono divertito tanto. quando si cresce magari è un po’ diverso“.
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