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Intervista

Cristian Ledesma si racconta a “Lazialità in TV”: passato, presente e futuro di un vero laziale

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E’ stato uno dei giocatori più osannati dai tifosi della Lazio negli ultimi anni. Giocatore e capitano esemplare, persona vera. Cristian Ledesma da giugno non è più un giocatore della Lazio: dopo 9 lunghi anni ha lasciato i biancocelesti per approdare in Brasile, dove per 6 mesi ha vestito la maglia del Santos; attualmente, dopo aver rescisso il contratto con i brasiliani, è in attesa di trovare una sistemazione per questi ultimi 6 mesi di campionato. Il centrocampista argentino ha concesso una lunga intervista alla trasmissione “Lazialità in TV“, nella quale, oltre a parlare del suo futuro, ricorda con piacere i bei momenti passati in maglia biancoceleste, ma anche quelli più bui, dove il supporto dei tifosi è stato fondamentale per riprendersi e per continuare la sua esperienza a Roma. Vi proponiamo ora l’intervista completa:

Sei tornato in Italia, adesso stai cercando una squadra?
“Sto aspettando, non ce la faccio più. Mi sto stancando di non vivere in una squadra. Mi manca il contesto in cui vivevo fino a qualche mese fa, in un altro continente. Ho scelto per la recessione del contratto. Penso sia giusto cambiare. Dopo Roma è difficile trovare un posto in cui stare altrettanto bene“.

Com’è stato giocare nel club in cui ha militato, tra i tanti, Pelè?
“Quando ti nominano la parola Santos pensi subito al Pelè. Ma quando vedi che il massimo dei tifosi allo stadio è di 8mila tifosi, non capisci perché, tanto più ripensando ai grandi che hanno giocato nel club. Di Felipe ne parlano bene come persona, ma dal punto di vista atletico sono sorspresi: l’esterno è migliorato qui in Italia. Il settore giovanile del Santos ha superato traguardi, ma in prima squadra non ci sono talenti come dieci anni fa“.

Il presente laziale?
Da fuori è più facile da vedere. Ho passato alcune stagioni altalenanti, tra alti e bassi conduci un campionato anonimo. La cosa positiva è notare che bastano un paio di vittorie per emergere”.

Pensi che la Lazio dello scorso anno fosse la più forte in cui hai giocato?
L’anno che arrivammo terzi, al di là delle squalifiche, abbiamo fatto partite eccezionali. Avevamo in attacco Rocchi e Pandev. La squadra mi sembrava migliore. Preferisco quella Lazio a quella dell’anno scorso”.

Difficile giocare in Brasile?
I ritmi in Italia sono più alti, la difficoltà era adattarsi al loro stile di vita”.

Piste calde?
Purtroppo non c’è nulla, specialmente per il mio ruolo è difficile in Italia. Vedremo all’estero, ma non voglio tornare in Sudamerica o comunque in paesi troppo lontani”.

Una squadra che vuole salire in A?
Dipende. Alla mia età non posso sbagliare scelta. I tifosi laziali ti hanno nel cuore… Non mi aspettavo tutto questo affetto: tutto ciò che ho dato non l’ho fatto per ricevere“.

Il calcio non dà gratificazioni?
La mia è stata il tifo laziale. È bello sentirsi dire di essere stato una bandiera, un capitano esemplare”.

Spiegaci bene il tuo addio alla Lazio
“Me ne sono andato perché non volevo passare un altro anno come l’ultimo. Io il calcio voglio viverlo, voglio avere un ruolo. Pensavo che rimanere alla Lazio avrebbe significato un altro anno ai margini. Non avrebbe reso felice me, di conseguenza la mia famiglia”.

Quali sono state le parole della dirigenza?
“Che le porte sarebbero rimaste aperte per me, per il professionista che sono stato. Io devo credergli. Ho passato con Lotito tutte le fasi che un giocatore può trascorrere con lui. Vedremo in futuro se era vero. Penso fosse sincero”.

Da cosa nasce l’amore per la Lazio?
Nei momenti peggiori i laziali mi hanno dimostrato affetto. Il momento peggiore è stato quando la domenica guardavo le partite a casa, perché non dipendeva dal campo. I tifosi mi aiutavano. Poi l’affetto per la maglia, la storia, questi colori. I racconti della gente che ti parla di questa società… Vivere nove anni qui ti identifica. L’arrivo di Reja scoprì quella brutta situazione, tra l’altro… Mi rimise in campo, nonostante la paura di rifarmi giocare dopo tanto tempo: erano otto mesi che non disputavo una gara. Gli dissi di stare tranquillo che avrei fatto il mio. In quel match con il Parma non correvo pensando a quello che era successo, ma a quanto fossi felice di giocare. Mi dimenticati di tutto, pensavo solo a quanto fosse bello stare sul campo per i compagni. Ci tengo a sottolineare che quella gestione non fu colpa solo di Ballardini e Lotito. Penso che avrei potuto gestire meglio il tutto. Credo ancora di avere ragione, parlammo, gli dissi che volevo restare e che se anche lui voleva, ci si poteva accordare“.

Ora una terza fase della tua carriera, in cui trovare un’altra squadra
È difficile trovarmi in queste dinamiche, quelle del mercato. Quando stava per terminare il campionato, mi stavo separando dal mio ex procuratore, ho passato 14 anni con lui. Non conoscendone altri non sapevo a chi affidarmi. Finito il campionato, lui non ha potuto trovarmi una sistemazione“.

Che partita hai visto a Firenze?
La Lazio ha giocato i primi minuti attaccando alto, ma la Fiorentina poteva fare male. Quindi ha arretrato e così poteva ripartire. Mi viene l’esempio con la Juventus: difendono bassi, anche Dybala è arretrato. E la partita l’hanno vinta i bianconeri. La Lazio era più protetta”.

Ci pensi ancora al 26 maggio?
Certo. Sono convinto che una gara del genere non riaccadrà più nella storia di Roma. Dentro di noi c’era la convinzione che avremmo vinto. E vedevamo i giocatori avversari che avevano paura, mentre i loro tifosi erano strasicuri di vincere. Sembrano le parole di un tifoso… Nessun giocatore può definirsitifoso: la storia della Lazio me l’hanno raccontata i sostenitori. Non posso paragonarmi a loro. Dire “io sono un tifoso laziale” è troppo grande”.



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