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Caso-Zarate: né vincitori né vinti, ma un danno di 45 milioni per la Lazio
Il Collegio Arbitrale adito dal calciatore Mauro Zarate nei confronti della Lazio ha deciso di non decidere nel merito della controversia.
Si apprende, infatti, che il Collegio ha deciso che “La decisione di accoglimento della richiesta formulata dal signor Zarate non può essere assunta dal Collegio perché la fattispecie prevista dall’articolo 1453 del codice civile (Risolvibilità del contratto per inadempimento delle obbligazioni di uno dei contraenti – ndr)deve escludersi che possa dirsi realizzata già per la condotta di ritrattazione auto responsabilmente tenuta da parte attrice (Zarate – ndr); con la conseguenza che la domanda deve essere respinta non già perché manca l’interesse ad agire, ma perché manca il diritto fatto valere dal signor Zarate“.
A questo proposito, il Collegio spiega che il 5 luglio scorso Zarate aveva comunicato allo stesso Collegio “di essersi unilateralmente liberato del vincolo contrattuale e di non aver più interesse alle corrispondenti pronunce da parte di questo Collegio”.
Più precisamente, secondo il Collegio, Zarate, avendo risolto il contratto ex art. 14 del Regolamento FIFA sullo status e sui trasferimenti internazionali dei calciatori, non già e non più sulla base di “Norme dell’Accordo Collettivo e del contratto sottoscritto dalle parti”, al suddetto Collegio era, perciò, venuto meno “il suo potere di decisione nel merito” mutuato unicamente dall’Accordo e dal contratto succitati.
Questo significa che Zarate non si era rivolto al Collegio Arbitrale, chiedendo il riconoscimento di una attività di mobbing a suo danno, bensì la violazione di norme dell’Accordo collettivo per i calciatori professionisti. L’art. 7, comma 1, stabilisce che la “società fornisce al calciatore attrezzature idonee alla preparazione e mette a sua disposizione un ambiente consono alla sua dignità professionale. In ogni caso il calciatore ha diritto di partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra, salvo quanto disposto dall’art.11”.
L’art. 11,che prevede e disciplina l’irrogazione di sanzioni nei confronti del calciatore che sia venuto meno ai suoi obblighi contrattuali verso la società, (tra le quali è ricompresa l’esclusione temporanea dagli allenamenti con la prima squadra), stabilisce, che “l’esclusione temporanea del calciatore dagli allenamenti o dalla preparazione precampionato con la prima squadra, quando le condotte o le situazioni delineate siano tali da non consentire, senza obiettivo immediato nocumento per la Società” la partecipazione agli allenamenti con la prima squadra, può essere adottata direttamente, in via provvisoria, da quest’ultima “previa contestazione scrittaal calciatore degli addebiti, purché la società contestualmente inoltri al calciatore ed al Collegio Arbitrale, con il procedimento con rito accelerato, la relativa proposta di irrogazione della sanzione”.
Se, quindi, il calciatore ha fatto valere dinanzi al Collegio la violazione, non di diritti indisponibili garantiti dalla Costituzione e da leggi ordinarie, in ordine ai quali il Collegio sarebbe stato incompetente, bensì la violazione delle sopra esposte norme contrattuali, si può ben comprendere allora che, avendo Zarate comunicato di aver risolto il contratto per altra via, egli non potesse continuare a chiedere la risoluzione di un contratto già diversamente risolto.
Dunque, nessun vincitore e nessun vinto, ad onta di notizie diffuse da alcuni mass media in maniera erronea, distorta e carente e a onta di commenti trionfalistici, alquanto superficiali.. Ora alla Lazio non resta che rivolgersi alla FIFA per contestare l’esistenza di una giusta causa di risoluzione del contratto ex art. 14 del citato Regolamento della Federazione Internazionale, quella che ha portato Zarate a firmare sabato un contratto di 2 anni con il Velez.. In quella sede Zarate avrà intatte tutte le possibilità di motivare il recesso, oltre che per violazioni di norme dell’Accordo Collettivo, anche per condotte della Società volte ad emarginarlo dal resto della squadra e ad isolarlo, rientrando tali condotte nel novero di quelle tipiche che possono determinare le dimissioni per giusta causa di un lavoratore subordinato.
Comunque vada, anche se la FIFA dovesse ritenere insussistente una giusta causa di recesso, il contratto sarebbe, comunque, risolto, avendo diritto, in quel caso, la Lazio solamente ad unaindennità, a carico del calciatore e della società che lo ha tesserato..
L’indennità va calcolata, ai sensi dell’art. 17, comma 3, del Regolamento tenendo conto:“della remunerazione ed altri benefici dovuti al giocatore ai sensi del contratto esistente e/o del nuovo contratto,del la durata del tempo rimanente del contratto esistente, fino ad un massimo di 5 anni, dell’importo dell’ammortamento nel corso della durata del contratto“.
Nel caso Zarate-Lazio, visto che l’ammortamento dell’ultimo anno di contratto è quantificabile a bilancio nell’ordine dei 4 milioni di euro l’indennità riconoscibile alla Lazio non si discosterebbe troppo da questa cifra..Calcolando che la FIFA è tenuta ad applicare anche il principio della“compensatio lucri cum damno” ( quello secondo cui, nel determinare l’ammontare di un danno, occorre calcolare anche gli eventuali vantaggi che ne trae la società dalla rescissione dell’accordo)., visto che la Lazio risparmierà circa 5-6 milioni di euro per effetto del mancato pagamento degli emolumenti a Zarate per il periodo contrattuale residuo, la questione potrebbe finire senza nessun tipo di risarcimento.
Circa poi l’imposizione di sanzioni sportive a Zarate, la Lazio potrebbe chiedere, l’applicazione di misure disciplinari, ove il calciatore abbia comunicato il recesso, privo di giusta causa, oltre i 15 giorni dall’ultima partita ufficiale della stagione sportiva, inclusa la Coppa Italia ( 26 maggio scorso), disputata dalla società presso la quale egli era tesserato ( art. 17, comma 3).
La competenza della FIFA non esclude il diritto del calciatore o della società di adire il Tribunale civile nazionale per controversie relative al rapporto di lavoro. Anche in questo caso, però, qualora la Lazio si rivolgesse al Tribunale civile nazionale ( Giudice del Lavoro), nell’ipotesi in cui quest’ultimo verificasse l’insussistenza di una giusta causa di recesso contrattuale da parte di Zarate, il contratto resterebbe,comunque, risolto, spettando alla Società il risarcimento dei danni, senza che, ovviamente, il Tribunale possa pronunciarsi in ordine a sanzioni sportive o a misure disciplinari.
In conclusione, si è fatto tanto rumore per nulla, o quasi. Con maggiore prudenza e lungimiranza, la Lazio avrebbe potuto cedere Zarate a gennaio accontentandosi di una somma di 4/5 milioni di euro, che aggiunta al risparmio degli stipendi non pagati avrebbe portato alla Lazio un vantaggio economico nell’arco dei 18 mesi restanti di contratto valutabile tra i 10 e i 13 milioni di euro. Evitando per giunta un contenzioso destinato a durare anni e che porterà sicuramente, anche nella migliore delle ipotesi per la Lazio, a conclusioni economiche meno favorevoli rispetto alla cessione.
Per tutti questi motivi, visto l’investimento totale tra costi di acquisizione, commissioni e stipendio di oltre 45 milioni di euro appare evidente che l’acquisto di Zarate si sia rivelato, senza timori di esagerazioni o di smentite, decisamente rovinoso.
Investimento di cui in “normali” società per azioni, per giunta quotate in Borsa, gli amministratori sarebbero senz’altro chiamati a rispondere, visto che con le loro decisioni e le loro condotte, non conformi a criteri di razionalità economica in ottemperanza ai doveri di diligenza, prudenza e perizia professionali che fanno capo agli amministratori stessi, hanno causato o concorso a causare un risultato del genere economicamente dannoso per la società.
di Avv. Massimo Rossetti (Federsupporters)
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