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Emozione Lazio: l’intervista a Massimo Maestrelli
All’interno della consulta dei 100 partecipanti all’organizzazione “Emozione Lazio” c’è anche il figlio di Tommaso Maestrelli, l’allenatore che nel 1974 compì un vero miracolo sportivo regalando il primo storico scudetto alla Lazio. Massimo, come il resto della famiglia Maestrelli, è rimasto legato ai colori biancocelesti e perciò ha deciso di entrare a far parte della consulta per migliorare la situazione che al momento gravita intorno al mondo Lazio.
E’ stato intervistato poco fa dal Corriere dello Sport per discutere riguardo a questo progetto, ma all’interno della conversazione con il giornalista Adriano Lo Monaco sono stati trattati altri temi. Riportiamo l’intervista integrale:
Emozione Lazio, di che si tratta?
«Tutto nasce dal malessere che gravita attorno alla nostra squadra, dalle delusioni sportive allo stadio vuoto. Ci incontriamo con frequenza – anche una volta a settimana – in uno studio di avvocati. Ognuno lancia un’idea con la finalità di far tornare il sereno, di riportare tutto alla normalità. Lo sport e, in particolare, il calcio insegnano che senza passione non si va da nessuna parte».
Quali risultati si aspetta da questa iniziativa?
«Speriamo di far bene, è ancora presto per tirare le somme. L’idea è stata partorita un paio di mesi fa».
Prima si parlava di passione. Quanta ce n’era in quella Lazio?
«Davvero tanta. Ed è la stessa che ho rivisto nel Leicester di Ranieri».
Perché?
«Claudio mi ricorda il babbo per semplicità. Pensa che vedemmo insieme la finale del Mondiale del ’74, avevo 11 anni. Lui giocava nella Roma, papà allenava la Lazio. Avevano un bel rapporto».
Quindi il Leicester è tanto lontano dalla Lazio di oggi. Vero?
«Qualcosa, o meglio qualcuno, in comune c’è. Vardy mi ricorda Chinaglia. Giorgione beveva una bottiglia di Chivas prima dell’allenamento».
E il ruolo di Lotito in tutto ciò?
«La sua presidenza è partita benissimo con la rateizzazione del debito e l’introduzione di determinate regole all’interno dello spogliatoio. Poi, invece, non ha fatto i conti con la passione. Il calcio è come un’azienda, se manca la passione non riesci a conquistare l’amore della gente. Non ha capito che il tifo laziale ha bisogno di essere coinvolto continuamente, a prescindere dai risultati».
Il prossimo 23 maggio all’Olimpico tornerà l’evento ‘Di Padre in Figlio’. Lotito ci sarà?
«La prima volta è stato invitato, ma non è venuto. Credo che l’invito sia partito anche quest’anno. Per il momento non sappiamo nulla sulla sua presenza. Certo, il clima non gli sarà favorevole».
Com’è andato l’esordio di due anni fa?
«Eravamo scettici perché nessuno pensava a uno stadio pieno. È stato sorprendente, 60 mila persone all’Olimpico tra genitori e figli per onorare le tre Lazio. Quella di papà, quella del -9 di Fascetti e quella di Eriksson. Che bello».
Il suo progetto per la nuova Lazio?
«Terrei Biglia, Candreva e Keita. Bisogna partire da loro se si vuole raggiungere qualcosa. Inzaghi? Brava persona e allenatore preparato, ma non avrei cacciato Pioli. Non ha senso esonerare un tecnico poco prima della fine del campionato, come successo a Mihajlovic».
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