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Serie A

L’importanza di chiamarsi Candreva

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Sono già passati due mesi da quando la cessione è diventata definitiva. Era nell’aria, era presumibile, dato che ormai le fratture interne dello spogliatoio erano diventate insanabili.

Quella fascia da Capitano doveva essere sua, se la sentiva, se l’era meritata. Poi il finale di stagione deludente per tutti, un campionato anonimo chiuso senza pubblico e con tanta rabbia accumulata per quello che doveva essere e non è stato.
Poi gli Europei, grandi giocate e prestazione sempre sugli scudi per colui che negli ultimi campionati era sempre andato in doppia cifra come segnature e sempre contraddistintosi per l’elevato numero di assist e cross. Infine il caso Bielsa e la cessione all’Inter. Il rammarico del tifoso biancoceleste era evidente, stava perdendo l’uomo simbolo, colui che era entrato in punta di piedi, fischiato per una sua presunta fede giallorossa, ma che con il sudore, il sacrificio e l’impegno mai risparmiato aveva fatto ricredere tutti, diventando un simbolo di lazialità. Tutto questo era Antonio Candreva. Ora non resta che ammirarlo ripetere giocate, cross e impegno con una maglia addosso dalle tinte un po’ più scure. Ma cosa resta di lui? Come si può sostituire uno che con un guizzo poteva risolvere le partite o incanalarle verso la vittoria? Le armi a disposizione di Mister Inzaghi non sono mancate la scorsa stagione, tantomeno in quella attuale. Di Keita s’è già scritto e detto abbastanza e con un futuro ancora incerto, legato a un contratto che tarda ad essere prolungato, il tifoso laziale non può rivedere in lui ciò che il numero 87 aveva saputo fare e dimostrare. Le aspettative sono però comunque rivolte al senegalese, con la speranza che fino a gennaio non smetta di dare un apporto che fin qui è stato sotto tutti i punti di vista devastante per la causa biancoceleste, prima che la Coppa d’Africa in Gabon o peggio ancora il calciomercato, lo portino verso altri lidi. Felipe Anderson ha di recente dichiarato di voler dimostrare a tutti il suo vero valore in questa stagione e, con la possibilità di trovare spazio in maniera continuativa, al contrario di quanto successo l’anno scorso, ha tutte le carte in regola per esplodere finalmente o rimanere nell’oblio del “buon giocatore ma troppo incostante”. Le sue chance Lombardi le ha sempre sfruttate al meglio nella sua prima stagione in Serie A, andando in gol all’esordio contro l’Atalanta, dando man forte durante la sofferente partita contro l’Empoli, mettendo lo zampino nell’azione del 2-0 di Lulic e dimostrando che i giovani della Primavera possono dire la loro con successo anche in Prima squadra.
Ecco perché con un Luis Alberto ancora tutto da scoprire e un Kishna purtroppo sempre in infermeria, Inzaghi ha anche optato, in diverse partite, al cambio modulo, passando dal rodato 4-3-3 al 3-5-2, sacrificando FA10 a ricoprire un ruolo non suo a tutta fascia, limitandone l’apporto devastante che può offrire soprattutto nell’1 contro 1 e col rischio di farlo arrivare poco lucido in fase realizzativa.
Con Candreva si cercava di più il cross, potendo anche contare su un certo Miro Klose, devastante in area di rigore sia di testa che di piede. Cambiando anche il riferimento offensivo, con l’innesto di Immobile, bravo a crearsi gli spazi dove affondare, crearli per gli inserimenti dei compagni e sempre tenace e mai domo nell’affrontare i difensori avversari, Inzaghi ha anche apportato delle modifiche tattiche interessanti, preferendo più un gioco a terra con gli inserimenti da dietro dei vari Lulic (in gol così contro l’Empoli), Milinkovic (in gol così contro il Pescara) e Cataldi (in gol così contro l’Atalanta). Se gli interpreti attuali dovessero trovare continuità e ripetere prestazioni come quella offerta durante l’ultima partita contro l’Udinese allora si che ne vedremo delle belle.
Certo che però con Candreva..



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