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L’ignoranza di Lotito su Dante
Che a Lotito piaccia far sfoggio di erudizione è cosa nota. E la fortuna del presidente della Lazio è quella di aver interlocutori che ne sanno meno di lui. Altrimenti nessuno si sarebbe lontanamente azzardato a far passare per latinista una persona che si limita a qualche citazioncina da abc del latino che, ai tempi di Lotito, si studiava anche alle scuole medie. Ad maiora! Ite missa est; Amen. Mica bisogna essere latinisti per conoscere simili frasette. Semmai mettete Lotito davanti a un brano di Cicerone o di Giulio Cesare e fateglielo tradurre. Poi ne riparliamo.
Capita così che, nel dopo partita di Lazio-Chievo, un Lotito contrariato dalla contestazione dei tifosi si sia lasciato andare ai microfoni di Mediaset Premium alla seguente frase: “Siccome ho studiato Dante nel ‘300, tutti non lo ricordano, forse non l’hanno studiato: non ti curar di loro ma guarda e passa”.
Il primo erroraccio perdoniamolo, perché magari è frutto della foga oratoria. Altrimenti si dovrebbe capire che nel 1300 Claudio Lotito abbia cominciato a studiare Dante: non lo facevamo così anziano. Andiamo al dunque: Lotito – che ha studiato Dante a differenza degli altri – ci fa sapere che il Poeta diceva: non ti curar di loro ma guarda e passa. Davvero? E dove di grazia il presidente avrebbe studiato una cosa simile? Al liceo? In questo caso sarebbe stato necessario licenziare il professore. Sul Bignami? Dal vicino di casa? Da Francesco Totti? a Formello?
Domande legittime, perché se Lotito si riferiva al canto III dell’inferno e, segnatamente al verso 51, avrebbe dovuto sapere che la citazione è:
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:non ragioniam di lor, ma guarda e passa
Non ragioniam di lor. Lor e non loro (questioni di metrica, questa sconosciuta…). Non ragioniam invece di Non ti curar. Chi ha studiato Dante lo sa. E lo dovrebbe sapere soprattutto chi fa sfoggio di euridizione, sottolineando come lui – a differenza di altri – abbia studiato.
Non ti curar di lor ma guarda e passa, quindi, non c’è nella Divina Commedia. Ma è solo un modo di dire derivato dalla Commedia. Un simil-dante maccheronico; un Dante orecchiato, storpiato, contaminato, deturpato. Ma non il Dante di chi ha studiato, che è un’altra cosa.
La morale di questa storia? La lasciamo a Dante, ma quello vero:
Or chi tu se’, che vuo’ sedere a scranna per giudicar di lungi mille miglia con la veduta corta d’una spanna?
Emanuele Conegliano
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