Storia S.S. Lazio
Quando la Lazio mandò la roma in B
Nel 1950 nasce il mondiale di Formula Uno, viene ucciso il bandito Salvatore Giuliano, Charles Schulz crea il personaggio di Charlie Brown, esce nelle sale cinematografiche “Cenerentola” che salva la fallimento la Disney e Papa Pio XII inaugura il primo novembre l’Anno Santo… Ma se facendo una ricerca su Google si digita 1950, al secondo posto dopo il riassunto degli avvenimenti mondiali più importanti di quell’anno, c’è:ASSOCIAZIONE SPORTIVA ROMA 1950-1951 e il primo capoverso recita così: “La Stagione 1950/51 fu certamente la peggiore della storia giallorossa, poiché decretò la prima, ed unica, retrocessione in serie B del club capitolino”. E a dare una spinta decisiva verso il baratro alla Roma, precipitata in Serie B per un solo punto, fu proprio la Lazio, vincendo di misura entrambi i derby. Il primo, proprio il 15 ottobre del 1950…
La Roma che meno di due lustri prima aveva conquistato lo scudetto, è solo un lontano ricordo, mentre la Lazio di Hofling, Flamini, Puccinelli e dei tre fratelli Sentimenti, è una realtà. E’ reduce da un quarto posto alle spalle di Juventus, Milan e Inter, che all’epoca significa aver vinto il campionato delle squadre “normali”, perché dopo la tragedia di Superga che ha spazzato via il“Grande Torino”, forse la squadra italiana più forte di tutti i tempi, tranne il Bologna nessuno può competere con lo strapotere delle tre grandi del Nord. La Lazio parte per recitare un ruolo da protagonista, la Roma nonostante la presenza di Tontodonati e Amos Cardarelli è una squadra destinata a soffrire. E in quella squadra, quasi sempre con il numero 8 e a volte con il 4 sulle spalle e con la fascia di capitano al braccio, gioca un centrocampista “sapiente”, che risponde al nome di Tommaso Maestrelli.
Proprio il 15 ottobre, va in scena il primo derby. E’ solo la sesta giornata, la Roma non è partita benissimo, mentre la Lazio è reduce da tre vittorie consecutive contro Pro Patria, Torino e Udinese. Testaccio, come lo scudetto romanista, è oramai solo un ricordo: si gioca al Flaminio, che all’epoca era stato appena ribattezzato “Stadio Torino”, in memoria della squadra granata scomparsa un anno prima nella tragedia di Superga. La Roma è padrona di casa e tra i 32.000 tifosi che riempiono fino all’inverosimile lo stadio quelli laziali sono una minoranza, ma alla fine sono loro a festeggiare. Il derby iniziale in un inusuale clima alla “volemose bene”, con voli di colombi bianchi con legati alle zampi dei nastri con i colori delle due squadre. Un volo di pace che fa da preludio ad una partita brutta, neanche troppo nervosa e con pochissime occasioni da gol. Quando oramai tutti sono rassegnati al pareggio, arriva il colpo di scena che decide quel derby e che segna il corso della stagione di entrambe le squadre. A poco più di 10 minuti dal termine, “El flaco” Flamini raccoglie una rimessa laterale di Puccinelli e vola verso la porta romanista: Tessari esce costringendo Flamini ad allargarsi e mentre tutti aspettando un cross del fantasista sudamericano per Puccinelli, “El flaco” tira fuori dal cilindro uno dei suoi colpi e pennella un pallone angolatissimo che si infila nell’unico spazio libero e finisce la sua corsa scuotendo la rete. Finisce 1-0, con la Roma ancora sconfitta e a digiuno di vittorie nel derby dal 1947, dal primo campionato del dopo-guerra.
Al ritorno, il 25 febbraio del 1951, la Roma si trova in una posizione di classifica preoccupante e ha la necessità assoluta di conquistare almeno un punto nel derby per non precipitare. In settimana in città si parla di colloqui fitti tra i dirigenti delle due società e a sorpresa la Lazio decide di non promettere ai giocatori nessun premio partita in caso di vittoria contro la Roma. Un fatto insolito all’epoca, visto che in quel periodo erano proprio i premi a vincere la parte più cospicua dei guadagni dei calciatori. Qualcuno comincia ad ipotizzare una sorta di combine, ma ha fatto male i conti con la famiglia Sentimenti. Soprattutto con Vittorio, il più grande dei tre fratelli, che sugli almanacchi è ricordato come Sentimenti III, ma a Roma è noto come “Ciccio il Bersagliere” per il suo coraggio e il suo grande attaccamento alla maglia. A legarlo in modo viscerale alla Lazio è un episodio molto particolare. Nell’estate del 1949, Vittorio si deve operare e la moglie non riesce a dividersi tra l’assistenza al marito e quella alla figlioletta Silvana. A liberare da qualsiasi impaccio la signora Sentimenti, ci pensano i soci della Lazio, che durante tutta la degenza di Vittorio a turno ospitano a casa loro Silvana, facendo anche da baby-sitter. Un episodio che tocca il cuore di “Ciccio il bersagliere”, che quando torna in campo moltiplica le forze per ripagare l’ambiente laziale di tanto affetto. Il 10 settembre del 1950, nella partita d’esordio di questa stagione, la Lazio affronta a Roma l’Inter. Alla fine del primo tempo, i nerazzurri vincono per 3-0, in uno stadio Torino stracolmo e ammutolito. Vittorio entra negli spogliatoi come una furia, urla e strattona i compagni di squadra per scuoterli e spingerli a reagire: lui, uomo orgoglioso, non ci sta a rimediare una simile figura proprio nella prima partita di campionato e per giunta davanti agli occhi dei suoi tifosi che, dopo il quarto posto dell’anno prima, si aspettano dalla squadra un salto di qualità. Stretto un vero e proprio patto d’acciaio con i compagni, “Ciccio il bersagliere” li guida la riscossa, ma a venti minuti dal termine l’Inter vince ancora 3-0. A quel punto, decide di diventare protagonista assoluto: serve a Puccinelli il pallone dell’1-3 e dopo una decina di minuti realizza da attaccante di razza qual è il gol del 2-3. Quando a tre minuti dal termine Puccinelli segna il gol del 3-3, i tifosi laziali non credono ai loro occhi. Ma Vittorio non è appagato, vuole a tutti i costi la vittoria. Urla, si sbraccia, invita la squadra ad andare ancora all’assalto e nell’ultima azione della partita ruba palla, si fionda verso la porta avversaria e con un gran tiro manda il pallone sotto la traversa: 4-3. L’arbitro Galeati, però, annulla, sostenendo di aver fischiato la fine della partita proprio mentre il pallone calciato da Vittorio finiva in rete. Le proteste di tutta la squadra non fanno cambiare idea al direttore di gara bolognese, finisce 3-3 con la Lazio che esce tra gli applausi.
Vittorio, quindi, affronta il derby con l’animo di sempre e dopo neanche due minuti manda in frantumi i piani di una Roma scesa in campo piena di difensori per difendere lo 0-0. Palla in area, Maestrelli allontana, ma Sentimenti III si trova sulla traiettoria e di prima intenzione tira in porta con Risorti che vede il pallone solo quando scuote la rete. Quello di “Ciccio il bersagliere” è il gol più veloce nella storia del derby, record eguagliato 58 anni da Goran Pandev nel derby dell’11 aprile 2009 vinto 4-2.
“Ciccio il bersagliere” segna, Lucidio Sentimenti IV, detto “Cochi”, tira già la saracinesca parando tutto e Primo Sentimenti (che in realtà è il quinto della stirpe…) detto “Pagaia”, prende in mano la difesa e toglie ogni speranza ai giocatori della Roma. La Lazio vola sul 2-0 poco dopo la mezz’ora grazie a Cecconi e sugli spalti gli animi si accendono. I voli di colombe bianche dell’andata sono solo un lontano ricordo e in tribuna volano schiaffi e pugni un po’ in tutti i settori, perché i tifosi sono mischiati. Il gol segnato all’inizio del secondo tempo dell’ex laziale Bacci su assist di Maestrelli riaccende le speranze della Roma, ma ci pensa “Cochi” a conservare la vittoria che lancia definitivamente la Lazio verso la vetta e fa sprofondare la Roma in fondo alla classifica.
Incassata la seconda sconfitta stagionale nella stracittadina e con lo spettro della Serie B davanti agli occhi, dopo gli scontri sugli spalti i tifosi della Roma a fine partita se la prendono con i giocatori della Lazio, rei secondo loro di essersi impegnati troppo. Soprattutto con i fratelli Sentimenti. “Ciccio il bersagliere”, autore del gol che ha condannato la Roma, è costretto a tornare a casa addirittura scortato dai Carabinieri e in città monta la rabbia per l’imminente retrocessione, al punto che l’editoriale del martedì firmato con lo pseudonimo “L’informatore”, dal titolo “Non incolpiamo la Lazio per avercela messa tutta”, recita così:
“Almeno la maggior parte dei tifosi giallorossi segnerà sul taccuino nero questa data del 25 febbraio del 1951 e si legherà al dito la ‘mascalzonata’ dei cugini biancoazzurri per saperne tirare fuori in cento altre occasioni in futuro ‘odio tifoideo’ contro la Lazio e alcuni suoi esponenti, i più ricercati dei quali non abbiamo dubbio siano i fratelli Lucidio, Vittorio e Primo Sentimenti. A noi sembra, però, che anche se è vero che i Sentimenti e anche qualche altro atleta ce l’abbiano messa tutta, come vanno accusando molti tifosi scalmanati e alcuni dirigenti giallorossi, essi abbiano compiuto solo il loro dovere. Prendersela quindi con i fratelli Sentimenti per il loro impegno ci sembra insensato: si tratta di atleti che per tradizione dinastica da due o tre lustri girovagano per i campi d’Italia e ogni domenica ce la mettono tutta, sia che giochino contro la Roma che contro una squadretta di prima divisione nell’allenamento del giovedì. I romanisti (dirigenti, tecnici, giocatori e sostenitori) non debbono ricercare nell’impegno degli avversari le cause della sconfitta. Debbono invece mostrarsi capaci di analizzare la gara per trarre il dovuto insegnamento dalla sconfitta di domenica, altrimenti…”.
Quella sconfitta, invece di insegnare qualcosa alla Roma spinge definitivamente la squadra di Tommaso Maestrelli verso il baratro. La Roma non si riprende più da quella mazzata e alla fine della stagione arriva la retrocessione in Serie B. La prima nella storia per una squadra romana e per un solo punto, a dimostrazione lampante di quanto furono pesanti e decisive quelle due sconfitte nei derby.
STEFANO GRECO
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