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Storia S.S. Lazio

Lazio, così mi sono innamorata di te

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FIORINIEra la Lazio dei -9 in serie “B”: ricordate? Penalizzata di 9 punti (allora la vittoria valeva 2 e non 3). Era la Lazio di Eugenio Fascetti che si preparava ad affrontare una stagione molto difficile, ma con la forza di chi sa che non bisogna mai mollare. Fu quello l’anno in cui mio padre mi portò allo Stadio la prima volta. All’epoca – pur vivendo molto la “lazialità” di famiglia – non avevo ancora “sposato” la Lazio, ed il mio migliore amico (juventino dalla testa ai piedi) mi portava spesso ad accostarmi alla Juve, soprattutto per poter parlare di calcio con i compagni di scuola tutti o quasi di fede romanista. Essendo infatti la Lazio molto più debole ed in Serie “B”, se volevo parlare di calcio dovevo necessariamente accostarmi ad una grande squadra. Così la pensavo allora, ma senza sapere quello che sarebbe successo di lì a poco.

Ecco, tutto accadde allo Stadio… per la prima volta: io a vedere la Lazio. Campionato di Serie “B”, ultimo posto in classifica – staccati di 9 punti dalla penultima! Come varcai la soglia dello stadio rimasi folgorato dall’acustica dell’Olimpico e da tutta quella gente che cantava con cuore e passione. Rimasi disorientato, così mi chiesi: possibile? Possibile che una squadra così piccola e debole abbia al suo seguito tanta gente che canta con trepidazione e sentimento? Poi uno striscione immenso attraversava la Curva Nord, da un lato all’altro… maestoso.. gigante… tutto biancoceleste e con la scritta: “SOLO I VILI E I MEDIOCRI CONOSCONO LA SCONFITTA, NOI SIAMO GRANDI E RISORGEREMO”. Ancora più stravolto… mi piaceva quel motto ed il suo significato, ma soprattutto mi piaceva il trasporto della gente. Quell’anno infatti tutta la tifoseria biancoceleste era unita e compatta, l’ordine era di far sentire la voce del “dodicesimo in campo” il più forte possibile, perché la Lazio ne aveva disperatamente bisogno. Mi ricordo che chiesi a mio padre: “Che vuol, dire che risorgeremo?” E mio padre, sorridendomi: “Oggi è così, ma un giorno staremo in Serie A”. Ed io… che non credevo a quelle parole: “Vuol dire che giocheremo contro la Juve e la Roma?”. All’epoca infatti le partite della Lazio erano contro il Varese, la Cavese, il Monza…… mai contro squadre di livello! Mio padre rispose di sì, ma io non ce la vedevo proprio la Lazio contro la Juve e la Roma… troppo più forti loro. Mi sbagliavo.

Quindi la partita… la mia prima partita della Lazio allo Stadio: mi batteva forte il cuore, perché quel colore celeste mi piaceva da morire, così come mi piacevano i cori dello Stadio… diversi da quelli che finora avevo sentito dai compagni di classe. Poi le vittorie, una dietro l’altra… con la Lazio che riduceva sempre di più il gap di partenza fino a risalire e riagganciare le altre che erano partite a zero.

E via… ogni domenica mettevo in croce mio padre e gli dicevo: “Papà, andiamo allo Stadio?” E quando lui mi rispondeva: “Oggi la Lazio gioca di qua o di là…”… insomma lontano da casa… ci rimanevo male e la andavo a cercare nelle trasmissioni televisive. Ma quando giocava in casa era per me ogni volta una festa, lui mi portava ed era contento di vedermi laziale. Aveva capito che mi ero innamorato della Lazio, ed un amore che nasce va coltivato… infatti io non mi lasciavo scoraggiare, nonostante quando parlassi di Lazio a scuola venissi ogni volta deriso e talvolta perfino umiliato; ma non m’importava, mi bastava il mio sentimento per la Lazio: al diavolo la Coppa dei Campioni e gli scudetti. Avevo capito che si può parlare di calcio sempre, anche se la tua squadra è piccola. Contano i sentimenti.

Indimenticabile l’ultima giornata di campionato (1986 – ‘87), quel “Lazio – Vicenza” che segnava la via definitiva, la svolta: o dentro, o fuori. Retrocessione o vita. La Lazio aveva pochi soldi e solo se fosse rimasta in serie “B” c’era la promessa e la possibilità di un futuro e di un nuovo Presidente. Quel giorno furono brividi e sudore, ricordo i giornali sportivi che titolavano: “Se il tuo cuore biancoceleste batte ancora, non puoi mancare a quest’ultima decisiva sfida”… era l’invito a tutti i laziali di andare allo Stadio! Quel giorno eravamo in 60.000 all’Olimpico per incoraggiare una squadra che rischiava la retrocessione in Serie C. Mi sentivo quasi morire quando la Lazio non riusciva a segnare: anche il Vicenza si stava giocando la salvezza… solo che a loro bastava il pareggio… mentre a noi no! La Lazio faceva il tiro al bersaglio, con il portiere vicentino Del Bianco che parava di tutto… poi a pochi minuti dalla fine il gol di Giuliano Fiorini (recente scomparso). Lo stadio che sembrava dover crollare dall’entusiasmo… la maglia con l’aquila che volava sotto la Curva. Strillai così forte da restare senza voce, ma non bastò: c’erano gi spareggi salvezza contro Taranto e Campobasso, quindi la sfida decisiva contro i lupi molisani; anche a loro bastava il pareggio, anche stavolta a noi invece no. Partita in TV accordata, sulla RAI… a grande richiesta dei tifosi della Lazio, con mio padre che nonostante lo pregassi in ginocchio non mi portò agli spareggi di Napoli. Vinse la Lazio per 1 a 0 con gol dell’indimenticabile Fabio Poli su cross di Massimo Piscedda. E poi tutti a festeggiare. Non ricordo da bambino un giorno più bello di quello, felice e spensierato. La Lazio era tutta dentro al mio cuore ed io per lei avrei fatto faville.

Oggi sono cresciuto, e nel cuore vivo ancora le emozioni di quel bambino che piangeva quando la Lazio perdeva, oppure restava senza voce quando “lei” vinceva. Oggi vado ancora allo Stadio ed ho negli occhi le stesse belle immagini di allora. Ho scelto la Lazio quando era piccolissima e l’ho amata da subito: con lei sono cresciuto ed ho vinto, ed è solo con e per lei che intendo camminare. L’amore vero è uno, ed è per tutta la vita. Ed io amo la Lazio.

Anche oggi che ho più di trenta anni quando torno a casa dallo Stadio e vedo mio padre gli sorrido sempre, perché è grazie a lui che mi sono innamorato della “nostra” Lazio. Non dimenticherò mai neanche il giorno in cui – qualche anno fa – tornando molto tardi a casa dopo l’orario di fine della partita gli dissi in preda al delirio: “Papà, hai visto… la Lazio ha vinto! Siamo Campioni d’Italia!”. Io avevo le lacrime agli occhi che grondavano, e nell’abbracciarlo ho visto che anche lui ne aveva. Era quello il giorno 14 maggio dell’anno 2000: l’anno del “Centenario” della Lazio (cento anni di storia). Che bel regalo che ti sei fatta quell’anno così speciale, mia amata Lazio! Già, amata Lazio… anche se tu “non saprai mai quanto ti amo, e fino a quando ti porto con me” * Oggi come allora, e così per sempre. Forza Lazio.

 



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