Giancarlo Dotto, dopo il suo pessimo articolo sulla Roma dove ha tirato in mezzo la morte di Vincenzo Paparelli con delle parole non idonee, ha deciso di scrivere alla famiglia Paparelli una lettera. Una risposta al suo pezzo che ha provocato l’ira di Gabriele Paparelli e il popolo biancoceleste, dettata forse dalla pressione sia della risonanza mediatica che ha avuto e alle parole dure di Ivan Zazzaroni.
La Lettera
«Apprendo che la mia replica non è servita a spiegare nè tantomeno a farmi capire. Voglio rivolgermi direttamente alla famiglia Paparelli. Dalla mia sensibilità alla loro sensibilità. Da ciò che mi ferisce a ciò che li ferisce. Augurandomi di poterli un giorno incontrare. […] La mia sensbilità mi impone questo, non mi consente di trattare con me stesso: se una persona o un insieme famigliare cha ha subito una tragedia come la vostra si sente turbato da qualcosa che ho scritto, io m’impongo di prendere atto del turbamento. […] Se definisco “sventurato” Paparelli è perchè lo considero vittima innocente di una brutalità ancora oggi incomprensibile».
«[…] La scrittura deve raccontare la vita, non la deve edulcorare. Il mio pezzo in questione voleva semplicemente celebrare la bellezza del ritorno allo stadio delle famiglie. Aggiungendo che l’incanto accadeva negli anni ’60 si spezzava “molto prima che…”. Evidenziando che quell’omicidio assurdo inaugurò una nuova e pessima antropologia dello stadio. […] se avessi scritto “uccidere” o “assassinare”, un’espressione più neutra voglio dire, sarei stato allora sì omissivo e offensivo nei confronti di Vincenzo. Che ha subito un atto brutale e non merita di essere raccontato con un linguaggio da travet della tastiera».
«Ribadisco la mia disponibilità a incontrare chiunque di voi, se questo servirà a capirci meglio».
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