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Lotito Spa

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lotito“L’opera dei malvagi è destinata a perire, gli idoli d’argento che essi si sono innalzati crolleranno un giorno sulla loro base di sabbia, e la notte cadrà sulle loro forme sognate…”. Ho scelto questa frase di Robert Brasillach, perché rappresenta alla perfezione l’immagine di quella che è la Lazio di oggi e di quella che, prima o poi, sarà la fine di chi la gestisce in modo tirannico, grazie ad un sistema di gestione che in Italia adotta solo la Lazio. E ci si dovrebbe chiedere il perché…

La SS Lazio Spa, infatti, è l’unica tra le Società calcistiche quotate in borsa (le altre due sono Juventus e Roma) ad aver adottato ed a mantenere il sistema di governo societario così detto“dualistico”, che a detto di Lotito rende la società più “snella ed agile nell’operare”, ma che in realtà è stato scelto perché di fatto svuota di diritti e di poteri l’assemblea dei soci. E che, di conseguenza, in pratica rende gli azionisti di minoranza (che nella Lazio rappresentano ancora oggi circa il 33 % del capitale sociale) degli “invisibili”. Oltre che degli “impotenti”.

Questo significa che un terzo degli azionisti della Lazio, oltre ad essere privati di qualsiasi tipo di potere all’interno della società, non possono neanche partecipare (come avviene in tutte le Spa del mondo, specie in quelle quotate in Borsa) alla vita societaria e addirittura non hanno nessun tipo di conoscenza di quello che avviene all’interno della Lazio, quindi di quella che è l’attività e quindi la vita della società. Esempio pratico: in una società “normale”, dopo la sentenza emessa il 30 dicembre del 2013 dalla Cassazione, gli azionisti di minoranza (rappresentati nel CDA) avrebbero potuto chiesto e ottenuto la convocazione di un CDA straordinario per affrontare il problema della“decadenza immediata da tutte le cariche del presidente della società”. In base al codice civile, ma anche al regolamento della Federcalcio. Perché la “non comunicazione immediata”della sentenza, che in base alla condanna ricevuta di fatto fa decadere Lotito da tutte le cariche, comporta anche sanzioni economiche a carico di Lotito e della società. E’ scritto nel regolamento.

Il comma 6 bis dell’art. 22 bis prevede che: i dirigenti di società ove intervenga una situazione di incompatibilità di cui al 1° comma (come nel caso in esame una condanna passata in giudicato) sono tenuti a darne immediata comunicazione alla Lega”Il successivo comma 7 prevede: In caso di omessa immediata comunicazione di cui al precedente comma  che i soggetti interessati incorrono nella decadenza dalla carica,  ferma restando l’applicazione delle disposizioni del codice di giustizia sportiva”.

Chi, dunque, incorra in una delle cause di decadenza dalla carica di cui al comma 1 e non la comunichi immediatamente alla Lega competente (nella fattispecie alla Lega Calcio di Serie A) non solo incorre nella decadenza stessa, ma subisce anche l’applicazione di sanzioni disciplinari. E non solo. L’art.10, comma 5, delle NOIF (le carte federali) stabilisce  il divieto di ricoprire cariche federali elettive o di nomina per coloro i quali abbiano riportato una condanna definitiva per reati non colposi: come quello nel caso in esame, dichiarato “non estinto” nella sentenza della Cassazione.

Ne consegue, per tutte le ragioni sopra esposte, che Lotito dovrebbe essere dichiarato decaduto, non solo dalla carica di dirigente della Lazio e dalla carica di Consigliere della Lega Calcio di Serie A, ma anche dalla carica di Consigliere federale nominato dalla Lega e, qualora non avesse già immediatamente comunicato a quest’ultima la sentenza della Cassazione che lo riguarda, depositata in Cancelleria il 30 dicembre scorso, sarebbe altresì, passibile di sanzioni disciplinari e la Lazio (per responsabilità diretta) di sanzioni economiche.

Invece, nulla. E’ successo e sta succedendo, perché nella Lazio non esiste vita societaria e perché la società è controllata in tutto e per tutto da un unico personaggio che, mai e poi mai, si autodenuncerebbe. Neanche se questa mancata autodenuncia (obbligatoria, regolamento alla mano) potrebbe provocare danni anche alla società. Se l’adozione sistema “dualistico” poteva essere in parte giustificata nel 2004 considerando il fatto che l’azionariato della Lazio era frammentato (quando Lotito entrò aveva ufficialmente il 28%, anche se poi nel processo è stato dimostrato che, di fatto, controllava quasi il 50% del capitale tramite amici e l’opzione sulle quote di Capitalia) ora il mantenimento di questo sistema di “governo” della società non trova più alcuna oggettiva e valida giustificazione ora, visto che: Lotito controlla (direttamente ed indirettamente) il 67 % del capitale sociale; gestisce la Società (è da sempre il Presidente del Consiglio di Gestione) ed è non solo l’azionista di riferimento, ma anche di comando della Lazio. E non è soggetto dunque, ad alcuna “mediazione” o “compromesso” con le “minoranze”azionarie, quindi può fare (e fa) esattamente tutto ciò che vuole.

Per questo non ha mai voluto nessun socio (il processo ha dimostrato che Roberto Mezzaroma altro non era che un prestanome…) e non vuole che nessuno metta in naso nelle vicende societarie, soprattutto nei conti della Lazio. Magari chiedendo o pretendendo spiegazioni su certe spese, sul perché di certi contratti “strani” ai calciatori e determinati “appalti” (guarda caso ad aziende di proprietà o controllate da Lotito). Oppure sui reali motivi per cui la Lazio ha firmato un contratto a “ribasso” con lo sponsor tecnico (passando da Puma a Macron ha perso circa il 50%, passando da 5 milioni di euro più bonus a 2,8 con bonus più bassi) o del perché da 6 ANNI, 7 MESI E 4 GIORNI la Lazio non abbia uno straccio di main sponsor (quello che compare sulla maglia), con una perdita stimabile dal 2007 nell’ordine dei 26,5 milioni di euro. E che cresce di circa 11.000 euro al giorno, come un tassametro. Lotito dice che lo fa per tenere “pulita” la maglia e per mantenere alto il “valore” del marchio. Ma ci si chiede che valore possa dare al marchio (con tutto il rispetto per la clinica e chi la gestisce…) veder comparire ogni tanto e in partite di cartello lo “sponsor” Paideia sulla maglia della Lazio. Visto che fuori da Roma (ma molti anche a Roma…) non sanno neanche che cosa è la Paideia. Le squadrette di categoria possono avere una clinica come sponsor, oppure un negozio di ferramenta, una pizzeria o un bar. Non la Lazio, non una società che si confronta con club che da quel marchio incassano anche 13-14 milioni di euro all’anno. Soldi che possono essere reinvestiti sul mercato per rendere più competitiva la squadra, ad esempio, consentendo alla società di raggiungere traguardi sportivi (una qualificazione alla Champions League, magari…)  che potrebbero garantire ritorni economici enormi. Più o meno quello che ha fatto la Roma nell’ultimo mercato, che da seconda in classifica per assicurarsi almeno quella seconda piazza (che garantisce l’accesso immediato alla Champions League e quindi ad un tesoretto di circa 30 milioni di euro) ha investito nel mercato di gennaio. Mentre la Lazio, che doveva recuperare posizioni in classifica per tentare almeno l’ingresso in Europa League, ha venduto senza reinvestire un solo euro, quindi ha fatto solo cassa. Perché? Non è dato saperlo, perché nessuno può chiedere spiegazioni a Lotito. Perché con il sistema con cui è gestita la Lazio, al massimo Lotito si può mettere davanti ad uno specchio per fare la domanda a se stesso. E, anche in quel caso, non è detto che racconterebbe la verità…

Per i motivi esposti sopra, quindi, l’unico motivo plausibile per cui si continua a mantenere il sistema di governo societario “dualistico” non può che essere quello di totale ed assoluto straniamento degli azionisti di minoranza dalla vita societaria, realizzando così un modello di gestione che, nel gergo tecnico,  viene definito: “dittatura della maggioranza”. O, se si preferisce, di “dominio tirannico” della Società. Il che, evidentemente, corrisponde alla perfezione a quel “senso spiccato di proprietà” di cui parla sempre Lotito quando dice: “la Lazio è mia e faccio come c…o me pare”. E lo dice apertamente e continuamente, perché secondo Lotito una società per azioni quotata in borsa (e che produce e vende spettacolo sportivo) può essere gestita come una cooperativa di servizi, perché secondo lui non farebbe parte di un“sistema produttivo”. Ma se non fa parte di un “sistema produttivo” una società che “produce spettacolo” (teoricamente non solo in Italia ma anche in Europa e quindi in tutto il mondo), resta  del tutto ignoto ed imperscrutabile per chiunque mastichi un po’ la materia, a quale altro“sistema” dovrebbe mai appartenere la Lazio. Se non al “sistema-Lotito”, ovvero quello che grazie alla Lazio consente a questo personaggio di restare a galla e di ottenere una visibilità mediatica che mai si sarebbe sognato di poter avere nella vita quando girava tra gli uffici di regione, provincia e comune a caccia di appalti per le sue cooperative. Ma come dice Robert Brasillach:“L’opera dei malvagi è destinata a perire, gli idoli d’argento che essi si sono innalzati crolleranno un giorno sulla loro base di sabbia, e la notte cadrà sulle loro forme sognate…”. E noi aspettiamo quel momento!

STEFANO GRECO



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