Dopo nove anni di battaglie condite da 318 presenze, 11 gol (due nei derby) e 2 Coppa Italia in bacheca, Cristian Daniel Ledesma ha lasciato la Lazio. Ecco le sue parole alla conferenza d’addio che si è tenuta ieri pomeriggio presso la sala dell’Hotel De Russie.

Intervento inziale di Ledesma.
“Grazie di partecipare a questo giorno importante per me, siete in tanti qui, ognuno di voi rappresenta qualcosa dei nove anni che ho vissuto con questa maglia. Non dico ‘in questa città’ perché ci rimarrò anche in futuro”.

La maglia a cui sei più legato e il tuo ricordo più bello?
“Sono affezionato a tutte, qualcuna non l’ho tenuta perché l’ho regalata. Sicuramente quella del rientro dopo tanti mesi è molto importante, come quella del primo derby e l’ultima con l’aquila. Ho cercato sempre di portarla nel modo più giusto. Il ricordo più bello credo che sia l’affetto che mi sta dimostrando la gente laziale. Questo scavalca il gol al derby, la Coppa Italia. Quando ti dicono che ti ammirano come persona, è un trionfo”.

Quando ha sentito l’ultima volta Lotito?
“Il 29 di questo mese mi sono sentito con il presidente, mi ha chiamato, siamo riusciti a vederci oggi alle 14.30 per gli impegni suoi e miei. Ci siamo parlati, lui mi ha raccontanto quello che è il pensiero della società. Mi ha chiesto cosa volessi fare, sono stato sincero come sempre. Intanto l’ho ringraziato perché comunque ho avuto sempre un rapporto diretto con lui, non conta il giorno, l’importante era parlarsi. Io un altro così non ce l’avrei fatta, non contano le cifre, voglio giocare, mi manca il campo. Lui mi ha capito, mi ha parlato della sua stima per me. Gli ho detto che l’ultimo anno per me è stato durissimo, non ce la posso fare così. Non c’era considerazione dalla parte tecnica. Non è una critica, è la vita. C’è chi vede il calcio in un altro modo. Quello che è successo a me, è successo ad altri giocatori in questi nove anni”.

A chi dareste la maglia numero 24?
“Non sono nè Maldini né Baggio. Io sono un giocatore normale”.

318 partite. Quale ricorda in particolare?
“Il ricordo più forte è quando ci siamo avviati dal tunnel fino al campo per giocare contro il Real madrid. Ho pensato a quando papà non poteva comprarmi neanche i parastinchi o gli scarpini. E poi il derby: quando Siviglia e Zauri mi dissero che appena scendevo in campo mi si drizzarono i capelli”.

 

Cosa c’è nel suo futuro? Cataldi può giocare nel suo ruolo?
“Danilo l’ho sempre visto come un fratello minore, è umile e vispo, ora non è facile trovare ragazzi con la mentalità giusta. Sicuramente c’è un affetto particolare da tempo, non da adesso che è un giocatore della prima squadra. Non so in che in ruolo, ma può diventare un grande giocatore. Le parole che più mi sentivo di dirgli gliel’ho detto durante le partite, gli intervalli. Sono capoccione anche io, se non vedo un ragazzo umile non spreco le parole. Per il futuro ci sono delle cose in ballo all’estero, qua è difficile cambiare piazza dopo 9 anni. Non c’è ancora nulla di concreto, stiamo valutando con la famiglia, dobbiamo trovare un posto dove poter crescere a livello calcistico ma anche a livello personale e famigliare”.

Il mercato della Lazio?
“I tifosi della Lazio non sono mai tranquilli (ride,ndr), ma secondo me la società lavorerà bene. La fase più difficile di quest’anno non era la domenica…era la scarsa considerazione durante gli allenamenti. A volte mancavano 3-4 giocatori e non giocavo lo stesso, non sono stati molto chiari con me”.

Nell’incontro con Lotito si è parlato di un rinnovo?
“No, lui mi ha spiegato che la società sta cercando di ringiovanire la rosa e abbassare il monte stipendi. Io in questi ultimi anni non ho guadagnato poco, ho avuto uno dei più alti. Lui non me l’ha detto chiaro e tondo, però se avessi rinnovato avrei preso molto meno. Ma non è un discorso di cifre, non sarei rimasto nemmeno allo stesso stipendio. Non è quello che voglio a 32 anni, non sono uno di quelli che vuole rimanere a Roma a tutti i costi. Faremo dei sacrifici per trovarci bene da un’altra parte”.

 

Il giocatore e l’allenatore con cui ha legato di più?
“Non c’è solo un calciatore, ho avuto un gran rapporto con Rocchi, Pandev, Scaloni, Gonzalez e molti altri. Non c’è un allenatore a cui sono più affezionato, Delio Rossi non fa testo perché lo conoscevo da prima. Forse più a Reja, anche con Petkovic ho avuto un bel rapporto”.

 

Come è nato questo attaccamento ai colori della Lazio?
“Un crescendo di situazioni soprattutto nel vivere a Roma. Anche fuori dal campo di allenamento e dall’Olimpico. Soprattutto da quando ho rinnovato: l’affetto della gente era cresciuto quegli 8 mesi ho capito l’amore dei laziali e che il mio destino era quello di rimanere legato a questi colori”.

Qualcosa si è rotto in quel momento?
“Io con Lotito ho solo parlato del mio contratto. Gli dissi: presidente io voglio rimanere e risolvere questa situazione. Ho firmato in dieci minuti”.

 

Come spiegheresti a un ragazzo la “lazialità”?
“Gli racconterei che ci si può innamorare giorno dopo giorno. Lo dico sempre a mia moglie, riesco sempre a riconoscere quando uno è romanista, da qualsiasi parte. Ho imparato questo. il laziale è diffidente all’inizio, ma poi ti dà tutto, soprattutto nei momenti bui. Ti prende sotto braccio nei momenti difficili, è complicato da capire, ma una volta che ha capito chi sei ti dà tutto l’affetto. E poi sa soffrire, è successo tante volte. E’ un popolo che sa come si soffre e ci si guadagna qualcosa”.

 

Che rapporto ha con Tare? Lotito ti ha parlato di un possibile ritorno?
“Con Tare non ho mai avuto rapporti, nè da giocatore nè da dirigente. Oggi con Lotito abbiamo parlato del futuro, mi ha detto che per me le porte saranno sempre aperte e questo mi ha reso felice. Il mio sogno è quello di allenare i bambini, spero che in futuro accada”.


Cosa ti resta dentro della Lazio?
“Ho capito che sarebbe stato un anno duro quando ho parlato con l’allenatore. Non sono un ragazzino, certi meccanismi li conosco e li capisco. Certe parole le comprendo, col passare dei mesi mi sono reso conto che non potevo fare un altro anno così. Ripeto, uno per allenarsi deve avere un obiettivo. E nel calcio è la partita successiva. Mi allenavo al 100% ma l’obiettivo non c’era, era difficile trovare gli stimoli sapendo che non avrei giocato lo stesso. Io ero abituato a fare 45 partite l’anno, se avessi avuto 36 anni magari sarei rimasto, ho visto compagni rimanere per questo. Ma io non sono così, non sarei stato tranquillo. Un po’ di amarezza c’è, avrei voluto finire la carriera qui, il mio sogno era quello. Non posso essere felice solo per l’affetto della gente”.

 

Non si vede in Italia con un’altra maglia della Lazio?
“Sarebbe molto difficile vedermi in un’altra città e con un’altra maglia. Non ho detto che è impossibile, magari con la famiglia si può decidere di rimanere vicino a Roma. Ma per il momento non c’è niente. Mi piacerebbe che i miei figli facessero un’esperienza all’estero. Potrebbero crescere”.


Chiude Ledesma con i ringraziamenti:
“Ringrazierò i compagni anche personalmente, però voglio farlo anche qui. Mi hanno sorpreso soprattutto quelli di Keita e Onazi, perchè gli ho rotto le palle tante volte per molte cose. VOglio ricordare Sergio Manganaro, ha fatto parte della mia storia qua, saluto i suoi famigliari. Il trionfo più bello è quello di questa sera, vedere tanti amici. Ringrazio di cuore la mia famiglia, che mi ha sopportato qui per 9 anni. E’ un arrivederci, noi abbiamo la Lazio e la città nel cuore. Forza Lazio, sempre!”

 

 

 

 



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