Intervista
Almeyda: “Lazio, ti porto nel cuore. Cessione al Parma? Lasciai il club in lacrime”
Matías Jesús Almeyda. Un nome, un bellissimo ricordo per i tifosi, specialmente quelli della Lazio. L’attuale tecnico del Chivas, ex centrocampista biancoceleste, è intervenuto ai microfoni di Sofoot per ricordare i suoi tre anni alla Lazio, dal 1997 al 2000, durante i quali conquistò i tifosi biancocelesti grazie alla sua grinta e quella voglia di vincere che , in campo, non sono mai mancate:
“In realtà, tecnicamente, sono stato un giocatore di medio livello, ma ho avuto sempre avuto consapevolezza dei miei mezzi. Una volta, ho fissato l’obiettivo di diventare il miglior centrocampista della Serie A e l’ho fatto. Una delle mie grandi qualità è stata quella di conoscere i miei limiti. Sapevo che giocare la palla lunga non era sufficiente, quindi ero contento di applicarmi realizzando passaggi corti. Nella Lazio, per esempio, i lanci erano compito di Verón. In tre anni, abbiamo vinto sette titoli. Prima avevamo vinto la Coppa delle Coppe, la Supercoppa Europea e la Coppa italiana, ma ci mancava lo scudetto. Il secondo anno, perdemmo il titolo di un nulla, in un modo terribile, avevamo sette o otto punti di vantaggio del Milan con sette partite rimanenti. Il terzo anno è stato quello buono. La campagna acquisti imponente realizzata dal club ha ovviamente aiutato: Sensini, Veron, Simeone… La squadra è migliorata in termini di qualità. Di fronte c’era la Juventus con Zidane, Montero, Inzaghi. Vincemmo il titolo all’ultimo minuto, tutto dipendeva dal risultato della Juve. Mi ricordo di tutti i tifosi. Abbiamo giocato tutte le nostre partite con 70.000/80.000 spettatori al seguito. È stato impressionante. In quest’ultimo derby ho visto che c’erano 7000 spettatori allo stadio Olimpico, l’ho trovato davvero triste. La bravura di Eriksson risiedeva nella gestione del gruppo. Eravamo 24 giocatori e tutti erano felici. Ho apprezzato la sua serenità, la pazienza, la capacità di dialogo. La sua metodologia è stata anche innovativa”. Continua ricordando quel suo gol al Parma, stagione 1999-2000, in cui esulto’ correndo a braccia aperte verso i tifosi, con il suo 25 sulla maglia: “Quel gol ci ha permesso di prendere il via in Serie A, è stato un ‘golazo’. Non so se i tifosi mi hanno davvero celebrato o se si sono fatti gioco di me perché sono stati abituati a vedermi spezzare le manovre offensive. Ma, quel giorno, il mio tiro è finito in rete. Ha un sapore speciale quel gol. L’addio alla Lazio? È stato strano: avevo prolungato il mio contratto, e dopo tre mesi, mi è stato detto che tutto era pronto per la mia cessione al Parma insieme a Sérgio Conceição. Ho lasciato il club in lacrime. Infine, a Parma, mi è stato detto che l’operazione avrebbe generato un sacco di soldi e quindi mi hanno potuto pagare generosamente. Poi ho chiesto uno stipendio sproporzionato pensando che avrebbero rifiutato, e invece hanno acconsentito (ride, ndr)”
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