Claudio Lotito ieri ha gonfiato il petto e per scacciare i venti di bufera che tra Salerno e Lazio rischiano di spazzarlo via in questo periodo, ha approfittato della definitiva esplosione di Keita per gonfiare il petto, per prendersi tutti i meriti dell’acquisto del nuovo gioiello della Lazio. Anche se di acquisto non si può parlare, anche se la realtà è decisamente diversa, perché Lotito Keita neanche sapeva chi era, visto che lui come Domingo Berlanga sono stati portati nell’estate del 2011 a Formello dall’agente FIFA Ulisse Salvini e dal procuratore dei due ragazzi, Nunzio Marchionne. Berlanga, dopo un anno senza poter giocare, perché Lotito si rifiutava di pagare gli 80.000 euro di premio valorizzazione al Cornella (la squadra catalana da cui provenivano Berlanga e Keita) se n’è tornato in Spagna e ha firmato per l’Espanyol (che non ci ha pensato un attimo a versare quei soldi pur di averlo), mentre Keita è rimasto in paziente attesa a Formello. Perché per lui il problema non era il premio di valorizzazione, visto che si era svincolato a costo zero perché al Cornella era in prestito e con il Barca (società in cui era cresciuto) aveva firmato solo un contratto da amatore, scaduto al compimento del sedicesimo anno di età. E a quel punto, Keita ha potuto firmare tranquillamente con la Lazio per arrivare a Formello a parametro zero. Ma la Lazio non poteva tesserarl perché Keita era extracomunitario e le caselle erano occupate da “campioni” come Makinwa e Carrizo. Quindi, si è dovuto aspettare il rilascio del passaporto spagnolo. Tempi burocratici e nessun braccio di ferro tra società. Ed è stata una fortuna, altrimenti probabilmente anche lui avrebbe fatto la fine di Berlanga o prima ancora di Kasami, rimasto fermo un anno e poi tornato in Svizzera (per poi andare al Palermo e in seguito al Fulham) perché Lotito si rifiutava di pagare al Grasshoppers gli 80.000 euro di “premio di preparazione”, previsto dalla FIFA per i giocatori che a 16 anni firmano il primo contratto con una società professionistica.
Questa è la vera storia di Keita
GIORGIO CERRI
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