Mancano pochi minuti all’inizio della partita, i ragazzi della Primavera stanno quasi ultimando il loro giro d’onore in uno stadio desolatamente vuoto, eccezion fatta per i due Distinti della Curva Nord. Quando allo speaker viene la pessima idea di annunciare che Bollini e i ragazzi stanno per consegnare la coppa dello scudetto a Lotito, sceso di corsa (si fa per dire vista la stazza) in campo per fare vetrina davanti alle telecamere di SKY, dagli spalti piove sul campo una bordata di fischi impressionante. E visto che la Curva Nord è chiusa e quindi deserta, significa che nonostante il trionfo in Coppa Italia il filo tra Lotito e i tifosi resta spezzato! Non solo con quelli che contestano da sempre e che negli anni ha scelto anche di abbandonare lo stadio, ma addirittura con i fedelissimi che nonostante tutto hanno scelto di restare al fianco della Lazio, perché senza la Lazio non sanno e non vogliono stare. Questo l’ho sentito di persona, come ho visto con i miei occhi Lotito scappare negli spogliatoi nero come la pece con quel trofeo in mano. Ma questa cosa, oggi non la troverete da nessuna parte, invece troverete dichiarazioni di Lotito del tipo: “La Lazio è la squadra che ha speso di più in Italia, senza vendere. Abbiamo comprato sette calciatori e non abbiamo ceduto nessuno e abbiamo dato al mister maggiore scelta con ventidue titolari a disposizione. In ogni ruolo ci sono due giocatori omologhi. Spero che i tifosi apprezzino…”.
No, i tifosi non hanno apprezzato. Anzi… I pochi tifosi che ancora non avevano aperto gli occhi, abbagliati da titoli e articoli sparati per incensare un mercato dipinto come faraonico ma che in realtà non ha fatto altro che ingrossare una rosa con nuovi giocatori “normali” in cui spicca il solo Biglia, tra la sfida con la Juventus e quella di ieri hanno scoperto il bluff, hanno capito che la Lazio si è presentata al via di questa stagione con gli stessi problemi irrisolti che si trascina dietro da due stagioni: l’assenza di una punta in grado di recitare il ruolo di alter ego di Klose (e di prenderne il posto visto che a fine stagione, per sua stessa ammissione, il tedesco tornerà in Germania per chiudere lì la carriera) e di un centrale difensivo degno di questo nome. Non un soprammobile come Dias, neanche un onesto calciatore come Biava che comincia ad accusare il peso dell’età, ma un centrale rapido e capace in grado di far coppia con Cana. Sì, perché preso per fare il vice-Ledesma, dopo qualche incertezza iniziale l’albanese alla fine ha dimostrato di essere l’unico centrale affidabile di questa squadra: sia per le sue doti naturali di leader (che piaccia o no, è indiscutibile che sia uno che si fa sentire in campo), sia perché è difficilmente superabile ed è l’unico in grado di uscire palla al piede per far ripartire l’azione. Vicino a lui, Novaretti ha dimostrato di esser un buon giocatore. Non un fenomeno, sia chiaro, ma uno che può fare tranquillamente la riserva, sicuramente meglio di Ciani. Uscito Cana, con Dias vicino anche il povero Novaretti si è perso e tutta la squadra ha vissuto mezz’ora di autentico terrore ogni volta che l’Udinese superava la metà campo palla al piede e su ogni lancio lungo che arrivava dalla parti della nostra area di rigore, non a caso sempre e comunque nella zona presidiata (si fa per dire) da Dias. E visto che nella rosa altri centrali non ce ne sono (a meno di non pensare di mandare allo sbaraglio Elez, il ragazzino prelevato per 400.000 euro dall’Hajduk di Spalato), l’acquisto di un centrale vero diventa una priorità, come se non più della punta.
“Questa squadra ha due titolari in ogni ruolo e non va snaturata”, continua a ripetere Lotito, ancora convinto che il calcio sia fatto di figurine e non di giocatori veri. Ho ventidue giocatori (in realtà ne abbiamo 34 sotto contratto…), ne scendono in campo 11, quindi ho due titolari per ogni ruolo. Qualcuno gli spieghi, una volta per tutte, che la matematica non è applicabile allo sport e tantomeno il calcio, materia dove 1+1 spesso e volentieri fa 3. Quella del “non snaturare la squadra” o del rischio di “rompere l’empatia che regna all’interno dello spogliatoio”, è una storiella che va avanti da anni, il ritornello ossessivo di un disco che si è incantato da tempo, una barzelletta che non fa più ridere. Se non si hanno i soldi per fare il mercato lo si dica apertamente, ce ne faremo una ragione come ci siamo fatti una ragione che Lotito stia ancora al vertice di questa società dopo 9 anni. Se si vuole continuare a spendere soldi per acquistare giocatori inutili o già rotti, idem, ma basta con questa storia dell’empatia, dei tre valori indispensabili per far parte del gruppo, del rischio di spezzare gli equilibri dello spogliatoio con nuovi arrivi, scusa che vale solo quando si chiedono acquisti veri, ma che non vale quando si buttano nello spogliatoio giocatori finiti come Saha, giocatori inutili come Pereirinha e Stankevicius, scommesse come Vinicius e Novaretti o quando si tengono a pascolare a Formello giocatori mai utilizzati che ci costano come lo scorso anno qualcosa come 14 milioni di euro. Perché se Tare e Lotito acquistano Biglia, ed è bravo come lo è, nessuno contesta l’acquisto solo perché lo hanno fatto loro, perché abbiamo occhi per giudicare serenamente ma basta con le balle e basta con la copertura da parte di qualcuno alle balle sparate ciclicamente da Lotito e da Tare. Siamo rassegnati a dover sopportare la loro presenza, ma non siamo coglioni. Non al punto da berci l’ennesima dote di balle spaziali.
Vale per i tifosi, ma il discorso vale anche per i giocatori. Provate a chiedervi che cosa pensa un calciatore di un certo livello quando ha gettato le basi per una vittoria e poi vede andare tutto in frantumi perché al primo infortunio (come è successo ieri con l’uscita di Cana) va tutto in frantumi. Provate a chiedervi perché uno come Hernanes che a Roma vive da Dio (e ancora più di lui la sua famiglia che non ne vuole sapere di lasciare la Capitale) tentenna nell’accettare il rinnovo del contratto. Se pensate che sia solo una questione di soldi, sbagliate. Di grosso. I soldi muovono tutto oramai nel mondo del calcio, ma uno come Ledesma ha fatto una scelta precisa anni fa e pur di restare alla Lazio e a Roma ha accettato di guadagnare meno di quello che avrebbe guadagnato cedendo al canto di certe sirene. E per Hernanes vale lo stesso discorso. Vuole rimanere a Roma, ma a certe condizioni e la condizione principale è che si costruisca una squadra vera, in grado di fare il salto di qualità nei fatti, non a chiacchiere. Perché a chiacchiere questa è una squadra che se la potrebbe giocare con tutti non solo in Italia, ma in Champions League. Poi ti capita di trovare sulla tua strada la Juventus che in una notte mette a nudo tutta la differenza tra una squadra costruita per vincere e una messa su per tirare a campare nel miglior modo possibile. Poi capita di trovare un’Udinese allo sbando o quasi (è già con un piede e mezzo fuori dall’Europa League, eliminata da una corrazzata del calibro dello Slovan Liberec…) che rischia addirittura di pareggiare dopo esser stata ad un passo dal rimediare una goleada senza precedenti.
E’ il 26 agosto, c’è ancora tempo per fare, per rimediare, per correggere difetti e carenze altrettanto evidenti. Si può fare, se si hanno i soldi e se si vuole veramente fare, senza andare avanti con i proclami o spacciando illusioni. Siamo laziali, abituati da sempre a soffrire. Siamo quelli che non hanno fiatato quando è stata smontata pezzo dopo pezzo la squadra più forte d’Europa, perché consapevoli che non avendo alle spalle una banca pronta a svenarsi per tenerci a galla l’alternativa era fallire, sparire. Abbiamo accettato di ripartire da zero o quasi, di aspettare con pazienza lo sviluppo di un progetto, ma da quasi tre anni ci ritroviamo immersi fino al collo in queste sabbie mobili, con la corda che ci può salvare a pochi centimetri dalla mano e qualcuno che invece che allungarcela chiacchiera ma resta immobile e non fa nulla per farci uscire da questa situazione. Quindi, o si fa o ci si fa da parte. O quantomeno si tace, perché noi parleremo di “pallone e non di calcio” ma c’è un limite a tutto, anche alle prese per i fondelli…
STEFANO GRECO
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