Quando ci siamo svegliati non volevamo crederci. Quando ci siamo svegliati abbiamo pensato “Forse ho capito male, fammelo sentire bene, fammelo leggere meglio su Internet” e invece arriva quello che non vorresti mai leggere. Cesare Maldini questa notte ha lasciato le sue famiglie più importanti, quella familiare e del figlio Paolo, quella del Milan e quella federale. Lascia a 84 anni nella ormai sua Milano, essendo triestino di nascita. Una vita fatta per il calcio, un uomo di altri tempi, persona stimata e apprezzata in tutto il mondo.

Esordisce nella sua Triestina già dal settore giovanile nel 1950 e ci resta per 4 anni, due in Prima Squadra con 32 apparizioni. Poi nel 1954 arriva la chiamata dell’esplosione e dove è riuscito a vincere praticamente tutto, il Milan: quattro campionati, primo italiano e capitano ad aver alzato una Coppa dei Campioni e una Coppa Latina che era una sorta di apripista della Coppa dei Campioni limitata a quattro federazioni europee. 412 partite e 3 gol, il suo gran vizio? Quello che poi venne chiamata la Maldinata, ossia azioni improbabili e impossibili nella sua area di rigore che alla fine trovavano sempre una sollevante conclusione. Terzino trasformatosi in centrale difensivo, praticamente l’esatto contrario di Paolo, era a Wembley a contrastare il Benfica di Eusebio nel 1963 e ha contraddistinto il mondo rossonero per ben undici stagioni. Chiude la sua carriera nel Torino giocandovi una sola stagione con 33 presenze senza gol e senza glorie.

Non ha molto da dire in Nazionale, se non 14 presenza, una partecipazione al Mondiale in Cile con due presenze e capitano per un anno nel 1963, ma la sua classe e la sua diligenza lo porterà a vestirsi in giacca e cravatta per diversi anni.. anzi, in tuta sportiva! Nel 1970 la dirigenza rossonera gli propone la panchina per essere il vice del grande Nereo Rocco rimanendo tre stagioni a fare gavetta e vincendo una Coppa Italia e una Coppa delle Coppe, poi inizia il suo giro di panchine, due stagioni al Foggia, una alla Ternana e le due al Parma dove è protagonista della promozione in B dei ducali.

Gli anni 80 segnano l’esplosione di Cesare Maldini da allenatore, diventa il vice di Bearzot in Nazionale ed è artefice della vittoria Mundial in Spagna nell’82 e resta suo scudiero fino al 1986, anno dell’uscita di scena del CT campeon. Il suo arrivo nell’Under21 lo porta a togliersi ulteriori soddisfazioni, con tre Campionati Europei vinti in un periodo dove sbocciavano i talenti di Totti, Nesta, Cannavaro, Buffon e tanti altri che faranno grande la “maggiore” di Sacchi e Trapattoni. Poi arriva la promozione in quella Nazionale dove ritrova i suoi ex “ragazzini” e nel biennio preparatorio al Mondiale di Francia ’98 ma quella traversa colpita da Di Biagio ai calci di rigore nei quarti di finale fa emergere una nuova Maldinata, ossia aver preferito per diverse partite della competizione un Del Piero non al top a un Roberto Baggio che col Bologna era riuscito a tornare il Divino Codino (quell’anno senza codino, ndr) che tutti adoravano.

Terminata l’esperienza azzurra torna nella sua casa, il Milan: nel 1999 inizia come capo osservatore e a marzo 2001 torna in panchina da collaboratore tecnico di Tassotti fino a fine stagione, con un derby stravinto 6-0. Nella stagione successiva diventa collaboratore tecnico del nuovo allenatore Fatih Terim, ma a dicembre arriva la notizia inaspettata, infatti sarà lui il CT che porterà il Paraguay di Chilavert ai Mondiali del 2002 in SudCorea e Giappone, e agli ottavi la sua selezione viene eliminata dalla Germania che sarà vicecampione a favore del Brasile.

A parte un ruolo da opinionista per Al Jazeera Sport con Spillo Altobelli sempre nel 2002, chiude la carriera anche da allenatore e si dedica alla sua vita più bella, quella del nonno a tempo pieno. Ma una malattia, sempre tenuta nascosta dalla famiglia, lo ha strappato via e ce l’ha strappato via. Il Milan avrà il lutto al braccio, e in tutti i campi verrà osservato un minuto di silenzio.

Il mondo dello sport perde un altro pezzo pregiato, a pochi giorni dalla perdita dell’altro grande Johann Cruyff, e possiamo garantirvi che il vuoto già si sta facendo sentire. Troppo.

Ciao Cesare…



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