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CRAGNOTTI

Nove gennaio, una data che i tifosi della Lazio non possono ricordare esclusivamente per il compleanno della prima squadra della Capitale. Sergio Cragnotti compie gli anni e risulta impossibile non rivolgergli un pensiero in questa giornata di festa, anche a distanza di undici anni dal suo addio. Il presidente del secondo scudetto biancoceleste è intervenuto stamattina ai microfoni di Radio Manà Sport per ricevere il doveroso omaggio e dire la sua a trecentosessanta gradi, non solo sul momento Lazio. Si parte, e non potrebbe essere altrimenti, dai ricordi passati: “Avevamo investito tanto in quella squadra, ma diciamo la fame che è arrivata pian piano – ha detto ripercorrendo le sue vittorie in biancoceleste –. Il mio obiettivo è sempre stato quello di realizzare uno stadio, ma senza case attorno… Oggi vedo che occorre una legge per dare autorizzazione alla costruzione degli stadi e questo è un grande limite. Se oggi consiglierei ad un investitore di entrare nel calcio? Ci sono tanti spazi, è come il mondo dello spettacolo portato a livelli altissimi. Ma perché questo mondo possa trovare la propria paternità mondiale è necessario cambiare qualcosa”.

Il 9 gennaio di tredici anni fa coincise con l’addio di Sven Goran Eriksson: Né esonero né dimissioni, il contratto si sciolse di comune accordo e non trovammo nessun ostacolo – ricorda Cragnotti -. Il mister aveva raggiunto il massimo all’interno della Lazio e mantenere quel livello per lui avrebbe comportato una grossa fatica. Pensò bene di cambiare aria, accettando le avances della Federazione inglese”.

In quel periodo l’immagine della Lazio nel mondo si manteneva su standard altissimi: Si veleggiava in Europa come una delle società più importanti dell’ambito calcistico, con l’obiettivo di far coincidere ai risultati un adeguato livello di marketing.C’era uno stretto legame tra l’attività calcistica e quella economica, non a caso alcune preparazioni furono svolte in Cina e in Giappone”.

In tanti anni di Lazio nessun grattacapo con un calciatore in sede di contrattazioni: Non ho mai avuto grossi scontri di carattere economico per i rinnovi. Era una società che cresceva con i risultati, e di conseguenza crescevano anche i salari dei calciatori. Non si può pretendere di ottenere grandi risultati senza alti compensi. Inoltre era necessario un livellamento salariale tra i vari componenti della rosa, nel nostro caso verso l’alto perché l’obiettivo era vincere. Se Zoff mi faceva ombra? No, assolutamente: c’era un’amicizia grossissima con Dino”.

Nessun dubbio nel rimembrare il momento più bello e quello più brutto: La finale di Supercoppa europea vinta a Montecarlo contro il Manchester United è senz’altro un ricordo indelebile: ci fu un’esaltazione trionfale da parte di tifoseria e stampa, un momento eccezionale in quanto a risultato sportivo e notorietà. Il più brutto è quando siamo dovuti uscire dal mondo del calcio per i noti problemi. In quali condizioni lasciai la Lazio? Basta andare in Consob a prendere il bilancio depositato il 31 dicembre 2002…”.

Pochi rimpianti da rimproverarsi durante la sua gestione: “Qualche sbaglio in sede di campagna acquisti e cessioni ci può stare, mal’errore vero fu non aver capito bene il mondo che ci governava…”.

L’ultima considerazione arriva dal Cragnotti tifoso, più che dal Cragnotti ex presidente:Se vedo nella Lazio la voglia di crescere? C’è sempre questo desiderio, poi però la vita reale ci fa ottenere i risultati che seminiamo, che sono legati alle proprie possibilità e alle proprie idee. Spero che si risolva quanto prima l’empasse che si sta creando all’interno della Lazio, perché questo club merita molto di più per storia e bacino d’utenza”.

LALAZIOSIAMONOI



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