LOTITO DE MARTINONon ci sono dubbi: l’unico vero vincitore di questa singolare kermesse pugilistica, in cui i pugili non si affrontano faccia a faccia ma si sparano colpi a distanza e spesso e volentieri a casaccio, è il “Corriere dello Sport”. E il suo direttore Paolo de Paola, un nome che a pronunciarlo sembra quasi uno scioglilingua. Come sempre avviene, hanno vinto gli organizzatori, quelli che non si sporcano le mani, che al massimo incassano pugni mediatici ma che si godono l’incasso del botteghino sotto forma di visibilità ed interesse mediatico. Da due giorni sono sulla bocca di tutti, hanno aumentato sia le vendite che le cliccate sul sito, quindi hanno vinto. Loro fanno festa, mentre i contendenti continuano a scambiarsi pugni sul ring.

Giancarlo Dotto ha fatto finta di chiedere scusa. Perché chiedendo scusa ha rincarato la dose, cambiando obiettivo: dopo aver sparato sui tifosi e sul simbolo, oggi sulle colonne de “Il Corriere dello Sport”, ha preso come bersaglio De Martino. Ma puntare il “biondino”, è come sparare sulla Croce Rossa.

“Boh. Il gioco era dichiarato. Improvvisare un ring di giornata, reclutare due boxeur di opposta fazione e lasciarli appunto ‘giocare’, magari anche un po’ delirare (che poi ditemi voi, se tifare non è un po’ anche delirare). Che fa lo scriba chino romanista? Gioca sulla difficoltà a ‘esistere’ del laziale. Non fa altro, cioè, che inscenare le centinaia di confidenze dolenti, qualche volta rabbiose, raccolte dai suoi tanti amici aquilotti. Orgogliosi, i più intelligenti di loro, di quest’aristocratica condizione minoritaria, contro l’imperversante ‘barbarie’ giallorossa. Il ‘romanista’ scrive che le imprese laziali non ce la fanno a consistere, fuochi che si estinguono rapidi per debito d’ossigeno. Ma scrive anche che, di questi tempi, ‘avercene di Lotito, Tare e Petkovic’. Roba da scatenare le ire dei giallorossi. Chi gioca lo sa, se lo aspetta di essere giocato. Magari sfottuto, deriso, spernacchiato. E invece no. Una scarica d’insulti. Dove sta il guasto? Nati e celebrati come strumenti di democrazia, network cosiddetti ‘sociali’ (nulla di più asociale), radio, blog e tweet, si confermano specchio dei tempi. Fogne maleodoranti. Basta curiosare su qualunque commentario online per riemergere gonfi di nausea. Ma dove il piacere incomparabile di essere fraintesi tocca il sublime è quando scende in campo, a torace espanso e dubbia sintassi, il cosiddetto ‘responsabile della comunicazione’. Sfoggiando una prosaccia che di per sé è auto diffamazione allo stato puro, il ‘responsabile’ si autonomina paladino del tifoso infranto e pretende le scuse. Facciamo così: io chiedo scusa, lui in cambio ci spiega gli ultimi tre paragrafi del suo comunicato. Ci abbiamo provato in sedici. Niente da fare. Ci siamo arresi. Lotito lo paga solo per essere indignato o anche per essere comprensibile?”

Gioca a fare “l’incompreso” Giancarlo Dotto, parla di fogna maleodorante per insultare chi lo ha insultato senza rendersi ancora conto del suo scivolone, senza comprendere (o facendo finta di non capire) che senza quel suo sputo per aria non gli sarebbe tornato indietro nulla, se non l’indifferenza che da sempre o quasi c’è nei suoi confronti, scriba (o scribacchino) di parte con l’aria da intellettuale. Ha fatto una “cazzata”. E quando si fa una “cazzata” si chiede scusa, punto. Voleva fare ironia, gli è venuta male ed è uscito solo veleno, quella bile accumulata dal 26 maggio ad oggi e che continua a provocargli quell’acidità di stomaco che ha trasformato in inchiostro. L’unico modo per rispondere a Dotto, per quel che mi riguarda, era l’ironia, stare al gioco rendendo pan per focaccia. Come ho fatto ieri, evitando di scendere al suo stesso livello. Senza indignarsi, senza mettere davanti trofei o altro, ma semplicemente ridicolizzando chi voleva ridicolizzare gli altri con il suo inchiostro velenoso. Dimostrando la grande differenza tra NOI eLORO. Anche a livello di stile. E invece, no. Ancora una volta siamo riusciti a scivolare, a collezionare l’ennesimo autogol, a indignarci a scoppio ritardato e a rispondere prima in modo rabbioso e minaccioso con De Martino e poi questa mattina in modo “auto celebrativo” da Lotito, che partito con il disco rotto della “Lazio prima squadra della Capitale” ha subito spostato il discorso su quanto è fica la Lazio rappresentata in Federcalcio e in Lega, mentre la Roma è fuori dalla stanza dei bottoni. Come se alla gente e ai tifosi della Lazio gliene fregasse qualcosa degli impicci che fa da anni Lotito tra via Rosellini e via Allegri, dove cura i suoi interessi facendo finta di curare quelli della Lazio.

“L’articolo di Giancarlo Dotto, pubblicato ieri da questo giornale, mi stimola sentimenti di tenerezza e soccorso al grido, direbbe il nostro Pontefice, di ‘consolare gli afflitti’. Si nota, nel pezzo, la profonda solitudine di chi non ha più punti di riferimento: è il tifoso romanista di una Roma che non c’è, come club, come squadra, come società. Piange disperato alla ricerca di un club che sia privo degli oltre 100 milioni di euro di debiti che, se non fosse sorretto da una banca a sua volta in difficoltà, sarebbe già fallito. Piange disperato alla ricerca di un club che non vince un derby con la Lazio da anni, che non ottiene un trofeo da anni, che non riesce a raggiungere un traguardo, anche minimale programmato, da anni. Piange disperato alla ricerca di un club che è scomparso da anni dal panorama del calcio nazionale, che non ha più alcuna rappresentanza né in Europa, né in Lega Calcio, né in Figc. Un club che non conta più nulla, in Italia ed a Roma, dove i suoi stessi tifosi hanno chiesto l’annientamento di una dirigenza che ha sbagliato tutto.Noi laziali, che siamo il primo club della Capitale, che siamo l’unico club che rappresenta Roma in Europa, che siamo l’unico club che rappresenta Roma in Italia e negli organi dirigenti del calcio italiano ed europeo, cosa dobbiamo dire al rappresentante dei tifosi ‘sull’orlo di una crisi di nervi’? Coraggio, ragazzi, non vi abbattete! Non vi suicidate! Sperate in tempi migliori, liberatevi dei tabù del passato che vi ispirano soltanto rancore isterico! Se avete nella dirigenza qualcuno che viene dalla Lazio, tenetevelo stretto, perché vi può dare una mano nella rinascita! Noi siamo cattolici e romani, come dice Papa Francesco, e vi aiuteremo sempre ad esistere, perché il vostro esistere sarà sempre, per noi, occasione di orgoglio nel riaffermare che Roma è, nel calcio, la Lazio”.

Già leggere NOI LAZIALI scritto da Lotito mette i brividi, ma tirare dentro Papa Francesco per far vedere che siamo bravi e cattolici, è talmente ridicolo da risultare fastidioso. Come è di cattivo gusto l’attacco alla dirigenza della Roma perché da quella parte non sono arrivati né insulti né attacchi. Si attacca la Roma società non per attaccare Dotto e ridicolizzare i tifosi romanisti, ma per esaltare il lavoro fatto da chi guida la Lazio. Patetico. Una caduta di stile, purtroppo non la prima e sicuramente neanche l’ultima.

L’articolo di Lotito su “Il Corriere dello Sport” di oggi dimostra ancora una volta che il pesce puzza sempre dalla testa. Che se la comunicazione della Lazio non funziona e quando scende in campo fa quasi sempre o quasi solo danni, il problema non è solo De Martino. Che il “biondino”non sia uno all’altezza della situazione (ai limiti dell’incapacità), lo sappiamo tutti e non serviva questa vicenda a confermarlo. Che sia talmente preso da se stesso e dalla cura della sua chioma bionda per preoccuparsi di migliorare la sua sintassi anche, purtroppo. Il problema, è che i suoi limiti evidenti, quelli che da anni lo rendono la comunicazione della Lazio spesso e  volentieri incomprensibile anche agli stessi tifosi, ieri sono emersi tutti quando il “biondino” ha provato a scendere in campo per sfidare a colpi di penna Giancarlo Dotto. Perché Dotto non è Indro Montanelli e neanche Gianni Mura, ma per affrontare un duello del genere bisogna avere delle basi, altrimenti si fa la fine del contadino che affronta un torneo di cavalieri solo perché qualcuno lo ha nominato tale per mancanza di alternative, facendolo passare dal forcone alla spada. Perché per fare il giornalista servono doti naturali che poi possono essere affinate con il tempo. Servono fantasia e ironia, cose che non compri su una bancarella e non impari neanche frequentando un corso da giornalisti. Perché, senza voler fare razzismo professionale, se si inizia a fare questo lavoro realizzando interviste-marchetta fuori e dentro le discoteche poi non si diventa d’incanto comunicatori solo perché chissà come e chissà perché qualcuno ti nomina responsabile della comunicazione di una grande società. E tantomeno si diventa paladini della Lazialità solo perché si indossa la divisa della Lazio. Servono le basi. E De Martino, purtroppo per lui (e per noi) non le ha. E così ha finito per collezionare l’ennesima figuraccia, facendosi dare del “cosiddetto responsabile della comunicazione che scende in campo torace espando e armato di dubbia sintassi. Sfoggiando una prosaccia che di per sé è auto diffamazione allo stato puro, il ‘responsabile’ si autonomina paladino del tifoso infranto e pretende le scuse. Facciamo così: io chiedo scusa, lui in cambio ci spiega gli ultimi tre paragrafi del suo comunicato. Ci abbiamo provato in sedici. Niente da fare. Ci siamo arresi. Lotito lo paga solo per essere indignato o anche per essere comprensibile?”…

Roba da nascondersi, da sotterrarsi e non riemergere più. Roba da vergognarsi per l’ennesima volta di essere rappresentati da qualcuno che si auto nomina anche paladino della Lazialità solo per aver conservato una tessera degli Eagles Supporters presa pagando una quota, non certo conquistata sul campo. Visto che di quel “biondino” non si ricorda nessuno di quelli che facevano parte all’epoca di quel gruppo. Facciamo così: la prossima volta restate in silenzio e lasciate che siano i tifosi a sbrigarsela da soli, perché sia quelli di Curva che gli altri sanno difendere la Lazio meglio di quelli che da anni sono pagati per curare (anche se fa ridere anche solo scriverlo) l’immagine della Lazio. Come dimostra ancora una volta questa doppia partita: Dotto-Laziali 0-3, Dotto-Lazio 2-0. E solo grazie ai tifosi abbiamo vinto anche qui, per differenza reti!

STEFANO GRECO – LAZIOMILLENOVECENTO



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