PIOLAPer parlare di Silvio Piola, probabilmente non basterebbe un libro. Anche se è impossibile fare paragoni tra calciatori di epoche completamente diverse, probabilmente è stato il giocatore della Lazio più forte di tutti i tempi: 274 gol segnati solo in Serie A, di cui ben 143 indossando la maglia della Lazio. Capocannoniere dei Mondiali vinti dall’Italia nel 1938, ben 30 reti segnate in sole 34 partite con la maglia azzurra. Numeri che parlano da soli e che spiegano senza tanti giri di parole perché è considerato ancora oggi una leggenda.
Nato a Robbio Lomellina, in provincia di Pavia, il 29 settembre del 1913, Silvio Piola è cresciuto calcisticamente parlando nella Pro Vercelli, con cui ha esordito a soli 17 anni in serie A contro il Bologna, il 16 febbraio del 1930. Il suo primo gol, lo segna il 2 novembre di quell’anno, ed è un gol che ha un significato molto particolare, visto che lo realizza contro la Lazio.
Silvio è una sorta di figlio d’arte, perché suo zio, Peppino Cavanna, ha giocato come portiere nel Napoli. I due si affrontano più volte, ma solo una volta riesce a fargli gol. Succede nella stagione ’32-’33, quando in un Pro Vercelli-Napoli realizza addirittura una tripletta. Nel 1934, Vittorio Pozzo non lo inserisce nella lista dei convocati per i Mondiali e per assicurarsi il suo cartellino si scatena una vera e propria asta tra Milan, Juventus, Ambrosiana-Inter, Torino e Lazio. Piola, anche per restare vicino alla famiglia, fa capire che le sue preferenze vanno al Torino o all’Ambrosiana-Inter. Ma l’ingegner Gualdi, mette sul tavolo un’offerta clamorosa: 300.000 lire, la cifra più alta fino ad allora mai pagata per un giocatore di calcio. Oltre ai soldi messi sul piatto dalla Lazio, ci sono anche “ragioni di stato” a spingere per l’arrivo di Piola a Roma. Gualdi, infatti, con l’aiuto prezioso del generale Vaccaro mobilita i vertici del Partito Fascista e alla chiamata del regime Silvio risponde “obbedisco” e si trasferisce alla Lazio avendo stabilito a soli 21 anni un primato tutt’ora imbattuto: nel 1933, la Pro Vercelli batte per 7-2 la Fiorentina e Piola segna addirittura sei delle sette reti della sua squadra. In quasi 80 anni, nessuno è mai riuscito a fare altrettanto in una partita di Serie A.
E’ scettico quando arriva a Roma, ma a fine carriera confessa: “Non volevo andare, ma alla fine quelli alla Lazio sono stati gli anni più belli della mia vita“. Arriva nella Lazio di Gualdi e con la sua presenza in campo trasforma la squadra. Prima diventa il leader del gruppo, nonostante la giovane età e la presenza di giocatori di grande esperienza personalità come Sclavi e Attilio Ferraris, poi con il passare degli anni diventa il capitano e il simbolo indiscusso della squadra durante le nove stagioni di permanenza in biancoceleste, in cui vince per due volte la classifica dei cannonieri: nel ’36-’37 e nel ’42-’43, nell’ultima stagione a Roma. Dopo l’avventura alla Lazio, gioca nel Torino, nella Juventus e nel Novara, chiudendo una carriera da record segnando l’ultimo gol in serie A alla veneranda età di 40 anni. Chiude la carriera con 556 partite totali giocate e 405 gol segnati, numeri inavvicinabili per tutti i giocatori del campionato italiano.
In una carriera a tinte biancocelesti, c’è anche tanto azzurro, quello della maglia della Nazionale. Dopo 11 reti segnate in 6 partite con la Nazionale B e la tanto discussa mancata convocazione ai Mondiali del 1934, fa il suo debutto il 24 marzo del 1935 al Prater di Vienna contro l’Austria. Ma dietro il suo debutto in azzurro, c’è un retroscena curioso. Nonostante i tanti gol segnati in campionato, il ct Vittorio Pozzo non ne vuole sapere di far esordire Piola in Nazionale. Lo ha già lasciato fuori dalla squadra che aveva vinto i Mondiali del 1934, sfidando anche l’ira del regime, e non vuole sentire ragioni. A “imporre” a Pozzo di convocare in azzurro Piola, è il generale Vaccaro, tifoso accanito della Lazio, ma è soprattutto il fato a metterci lo zampino. Quattro giorni prima della sfida di Vienna con l’Austria, Meazza si ammala. La Nazionale è radunata a Rovigo e Pozzo tenta l’impossibile per recuperare il suo centravanti, titolare inamovibile della Nazionale azzurra. Ma il generale Vaccaro, messo dal Partito Nazionale Fascista alla guida della Federcalcio, decide che contro l’Austria, considerata all’epoca una sorta di armata invincibile, Pozzo deve lanciare l’uomo nuovo del calcio italiano. Il ct si piega e chiama Piola, che arriva in ritiro due ore prima della partenza per l’Austria. Alla stazione di Vienna, a ricevere la comitiva azzurra c’è anche la mamma di Meazza che non sa nulla della malattia del figlio. Quando la informano dell’accaduto, abbraccia Piola come se fosse un figlio e gli augura di non far rimpiangere Meazza. L’Italia vince 2-0 e, neanche a dirlo, l’autore delle due reti azzurre è Silvio Piola.
Con lui la Lazio diventa una grande del calcio italiano. Sfiora lo scudetto nel 1937, preceduta solo di tre punti dal Bologna anche a causa dei due derby persi in campionato. Sfiora il successo in Coppa Europa, piegando la testa solo in finale davanti agli ungheresi del Ferencvaros. Dopo il 4-2 dell’andata, alla fine di una partita durissima, piena di falli e di incidenti, il 24 ottobre del 1938 l’impresa sembra difficile ma non impossibile. Assente Blason per infortunio, in porta gioca Provera, appena arrivato dal Palermo. Nonostante qualche disavventura del suo portiere, la Lazio al 60’ conduce per 4-3 e ottiene un calcio di rigore. Piola si presenta sul dischetto, ma batte stranamente in modo fiacco e, cosa per lui inusuale, sulla destra del portiere Hada. Un errore fatale, secondo alcuni cronisti dell’epoca da addebitare a Vittorio Pozzo, che accosciato dietro la porta ungherese fa segno a Piola di calciare a sinistra, confondendogli le idee proprio mentre prende la rincorsa. Finisce 5-4 per gli ungheresi.
Piola durante la sua permanenza a Roma abita nel popolare quartiere di Montesacro, non lontano dal campo di allenamento della Lazio, la “Rondinella”, oggi scomparso. Grazie alla Lazio, diventa un attaccante e un uomo completo, una vera forza della natura. Grazie al suo fisico agile, slanciato ma robusto è un autentica macchina da gol. Nel 1938, a soli 25 anni, è la stella della Nazionale che cerca il bis ai Mondiali in Francia. Il 19 giugno, a Parigi contro l’Ungheria di Sarosi, che è considerato all’epoca il giocatore più forte del Mondo, l’Italia vince per 4-2, con una doppietta di Piola, che alla fine si laurea capocannoniere del torneo con 5 reti. In un’Europa sulla quale cominciano a soffiare venti di guerra, l’ultimo anno di pace e di confronti internazionali è il 1939. Il 13 maggio, quattro mesi prima dell’invasione tedesca in Polonia, l’Italia ospita a San Siro l’Inghilterra. Dopo la sconfitta con onore delle armi ad Higbury, il “sistema” degli inglesi si confronta nuovamente con il “metodo” degli azzurri due volte Campioni del Mondo. La partita finisce 2-2, ma entra nella storia non solo per il primo storico pareggio ottenuto contro i maestri inglesi, ma per il secondo gol realizzato dagli azzurri. Lo segna Silvio Piola, che in acrobatica rovesciata tocca il pallone con la mano: se ne accorgono tutti, tranne l’arbitro tedesco Bauwens, che forse per spirito di “alleanza” chiude gli occhi e convalida tra le proteste degli inglesi.
Domenica 16 marzo del 1941, a Roma si gioca un derby drammatico che vede Silvio Piola protagonista di due imprese leggendarie. La Lazio naviga in cattive acque in classifica e ha un bisogno disperato di vincere. Piola è indemoniato e segna due reti che passeranno alla storia della stracittadina. Dopo appena dieci minuti di gioco, saltando per colpire la palla, Silvio si scontra con il terzino giallorosso Acerbi: l’urto è tremendo, Piola è una maschera di sangue e viene portato a braccia negli spogliatoi. Il medico della Lazio gli mette 4 punti di sutura e gli consiglia di tornare a casa. Ma Piola non sente ragioni e dopo venti minuti, tutto fasciato, rientra in campo accolto dal boato di gioia dei tifosi della Lazio e quello di stupore dei supporter della Roma. Nonostante la superiorità numerica, la Roma non è riuscita a passare in vantaggio, soprattutto per merito di Gradella che ha negato due gol fatti ad Amadei e a Kriezu. Non passano neanche due minuti dal rientro in campo di Piola che la Lazio passa in vantaggio: cross di Zironi verso il centro dell’area, Masetti esce di pugno e allontana, ma Piola con la palla a fil di terra si getta in tuffo e di testa la spedisce in rete. Per l’ennesimo colpo subito, Piola mentre esulta si trasforma nuovamente in una maschera di sangue, con la benda che gli circonda la testa che in un attimo diventa completamente rossa. I punti sono saltati e Silvio viene nuovamente portato negli spogliatoi. Il medico sociale tenta in tutti i modi a convincerlo ad abbandonare, tanto più che ora la Lazio vince e può impostare la partita sulla difesa ad oltranza della porta difesa da Gradella. Ma neanche questa volta il dottore riesce a spuntarla, Quando le squadre rientrano in campo dopo l’intervallo, Piola è al suo posto al centro dell’attacco e con la testa completamente fasciata incita i compagni che, caricati dall’esempio del loro capitano, dominano la ripresa. A dieci minuti dal termine, Piola raccoglie una respinta corta della difesa della Roma, controlla la palla, finta il cross e punta invece dritto verso l’area avversaria. Vettraino e Dagianti, quando capisco le intenzioni del compagno si allargano portando via i rispettivi marcatori. Piola si trova così un corridoio libero e nonostante il turbante nuovamente colorato dal rosso del suo sangue acquista velocità, poi con le ultime energie che gli sono rimaste carica il destro e spara verso la porta: Masetti si allunga, sfiora con le dita il pallone che termina però la sua corsa gonfiando la rete. Sentendo il boato dei tifosi, Silvio Piola si accascia a terra stremato e viene portato via in barella. La Lazio vince 2-0 il derby e si salva dalla retrocessione in serie B.
Dopo 9 stagioni in cui ha viaggiato alla media di 16 gol all’anno solo in serie A, nel 1943 il campionato si ferma per la Guerra e Silvio Piola come altri compagni decide di lasciare Roma e la Lazio per avvicinarsi a casa. Come detto, gira ancora un po’ l’Italia segnando altri 139 gol tra Torino, Juventus e Novara. Nel ’52, a 39 anni suonati, viene richiamato in Nazionale. A 40 anni 6 mesi e 9 giorni segna il suo ultimo gol in serie A con la maglia del Novara, poi a 41 anni lascia il calcio giocato. Da lontano, continua a tifare per la sua Lazio e festeggia lo scudetto del 1974.  Poi, il 4 ottobre del 1996 Silvio Piola muore a Gattinara, in provincia di Vercelli.

STEFANO GRECO



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