GRASSIE’ senza ombra di dubbio la donna più importante della storia della Lazio, l’unica che in 110 anni di vita della società è stata in alcuni frangenti anche più importante e decisiva di un fuoriclasse o di un presidente. Per darvi un’idea di chi è Gabriella Grassi, vi ripropongo questo articolo scritto da Giuseppe Toti per “Il Corriere della Sera” del 10 settembre del 1998, da titolo: “Lazio salvata da Salas e dalla segretaria”.
Lo ha scoperto per caso. Per un eccesso di scrupolo. La signora Gabriella Grassi, da quasi 30 anni segretaria della Lazio, ieri mattina ha spulciato vecchie cartelle e ha appreso, non senza una comprensibile sorpresa, che Christian Vieri doveva ancora scontare una giornata di squalifica in Coppa Italia. Per questa ragione, il neo acquisto biancoceleste, centravanti della nazionale e uomo-mercato stramiliardario (Cragnotti ha versato all’Atletico Madrid 55 miliardi), ieri sera non ha potuto esordire con la sua nuova squadra nella gara di Coppa Italia contro il Cosenza all’Olimpico. A fare le sue veci, però, ci ha pensato Salas, che prima ha annullato lo svantaggio e poi, raddoppiando, ha permesso ai biancocelesti di evitare una figuraccia in casa col Cosenza. Per Vieri, dunque, un retroscena clamoroso, che sarebbe potuto costare alla Lazio la sconfitta a tavolino. La Lazio ha studiato progetti avveniristici, quotato la società in Borsa (finora unico club in Italia), speso centinaia di miliardi per comprare i migliori giocatori del mondo, inventato nuovi direttori generali (Julio Velasco), chiamato nuovi dirigenti (Giuliano Terraneo e Sergio Vatta), tutti profumatamente retribuiti, e poi è toccato a una solerte funzionaria scoprire una cosa così importante e banale allo stesso tempo, evitando una figuraccia colossale che poteva incrinare pesantemente l’immagine biancoceleste. La squalifica di Vieri risale a quasi due anni fa: al 30 dicembre del ‘96, per l’esattezza. Dopo una partita tra Inter e Juve (naturalmente di Coppa Italia e vinta dai nerazzurri), l’attaccante venne fermato dal giudice sportivo, ma non poté mai scontare il turno di squalifica perché la squadra bianconera venne eliminata quell’anno dalla competizione e poi perché Vieri fu ceduto, al termine della stagione, dalla Juve all’Atletico Madrid. Inevitabile il disappunto e la delusione dei tifosi laziali, che ieri sera si sono recati all’Olimpico convinti di vedere in campo l’erede di Giorgio Chinaglia, l’uomo che con Salas, Mancini e De la Pena alle spalle avrebbe dovuto incantare la platea nell’ultimo significativo test della formazione di Eriksson prima dell’inizio del campionato. Sergio Cragnotti, di nuovo nel mare delle polemiche per i 13 miliardi di risarcimento chiesti alla Federcalcio per l’infortunio di Nesta ai Mondiali, farebbe bene a riflettere anche su questi ‘dettagli’. Perché riempire la società di persone e investire miliardi diventa ridicolo se poi ci si perde in un bicchiere d’acqua”.
Non è educato rivelare l’età di una signora, quindi glisso sui dati anagrafici. Gabriella Grassi verso la fine degli anni Sessanta gioca a basket nella Lazio femminile e, nonostante il fisico minuto, è una delle giocatrici più importanti della squadra. Quando comunica ad Antonelli, dirigente della Lazio basket la sua decisione di lasciare la pallacanestro per entrare nel mondo del lavoro, lui le chiede di aspettare prima di prendere quella drastica decisione e le promette di trovare una soluzione. Detto, fatto. Antonelli parla con Umberto Lenzini e lo convince a far entrare Gabriella Grassi come segretaria part-time nella Lazio Calcio, per dare una mano a Nando Vona, all’epoca segretario generale. Così, Gabriella Grassi si divide tra gli uffici di via Col di Lana e il campo d’allenamento, ma quel lavoro trovato per caso comincia ad appassionarla.
Nando Vona conosce poco i regolamenti, è buono come il pane ma è disordinato e Gabriella, precisa come un soldato delle guardie svizzere, inizia a mettere ordine nei conti e nelle carte della Lazio.
Il lavoro part-time, diventa ben presto un lavoro a tempo pieno e, una volta lasciato il basket, Gabriella si tuffa anima e corpo nella nuova avventura. Cerca di apprendere da tutti i dirigenti che passano per le stanze della sede di via Col di Lana. Da Franco Janich, da Sbardella e da Luciano Moggi. Quando il “re del mercato” approda alla Lazio, decide di insegnarle il lavoro sul campo. Durante le fasi infuocate del calcio-mercato, la porta con se a Milano per seguire dal vivo le trattative, per stipulare i contratti, per conoscere bene le carte federali e ogni piega del regolamento, in modo da poter curare per la Lazio i rapporti con Federcalcio e Lega. Antonio Sbardella, invece, la introduce nel mondo arbitrale, insegnandole alcuni “trucchetti” che non vuole raccontare, ma che le consentono di salvare a più riprese la Lazio negli anni successivi. Gabriella Grassi è una sorta di spugna, assorbe consigli e nozioni per fare esperienza, e con il passare degli anni diventa sempre più indispensabile per i presidenti che si avvicendano alla guida della società.
Verso la fine degli anni Settanta, con Franco Janich direttore sportivo e Lenzini presidente, “salva”per la prima volta la Lazio. Un giorno in sede arriva l’ufficiale giudiziario per pignorare mobili e trofei. Per evitare che si portino via tutto e che la cosa finisca sui giornali, servono 25 milioni di lire in contanti, una bella cifra per l’epoca, da trovare nel giro di un paio d’ore. I dirigenti sono latitanti, Janich non se la sente di impegnarsi economicamente, quindi Gabriella decide di mettere mano ai suoi risparmi e consegna di tasca sua all’ufficiale giudiziario l’intera cifra. Le casse della società sono vuote, ma venuto a sapere del gesto della Grassi, Aldo Lenzini le offre in cambio un appartamento sulla Cassia del valore di 40 milioni. Gabriella ringrazia ma declina l’offerta: Mi riprenderò i soldi un po’ alla volta dagli incassi delle partite”, dice al fratello del presidente dello scudetto, e così fa. Per Un paio di mesi, a fine partita si presenta ai botteghini e si fa consegnare dal ragionier Angelini parte dell’incasso, circa 3-4 milioni alla volta. Gli ultimi 15 milioni, li riprende grazie ad un assegno personale di Aldo Lenzini.
Di fatto, diventa Segretario Generale nel 1983, al momento di passaggio tra la gestione-Casoni e quella di Giorgio Chinaglia. Con l’arrivo di Long John, che l’aveva conosciuta e apprezzata da calciatore, Gabriella Grassi si ritrova all’improvviso a dover ricoprire il ruolo lasciato vacante dall’uscita di scena di Antonio Sbardella e, in un certo senso, ad insegnare il lavoro a Felice Pulici, passato all’improvviso dal campo di gioco alla scrivania, senza nessuna possibilità di fare apprendistato.
Sotto la gestione-Chinaglia, la situazione precipita dal punto di vista economico. Quando all’inizio del 1986 Long John è costretto ad arrendersi e a lasciare la società nelle mani del traghettatore Franco Chimenti, i giocatori non prendono lo stipendio da mesi. Mentre i vecchi (D’Amico, Podavini, Spinozzi, Caso e Fiorini in testa) decidono di aspettare fine stagione e l’arrivo di un nuovo presidente per discutere della questione, altri giocatori decidono di mettere in mora la società. Tra questi, c’è anche il giovane Francesco Dell’Anno, il vero patrimonio della Lazio di allora. Ad appena 17 anni, nell’anno della retrocessione, fa il suo esordio in serie A e stupisce tutti. Nel 1985, nell’ultima giornata di campionato contro la Juventus, irride Michel Platini con un doppio dribbling, un tunnel e poi con un tiro di destro da 30 metri che si stampa sulla traversa. Su quel ragazzo prodigio, la Lazio decide di rifondare la squadra dopo la retrocessione, rifiutando le offerte economiche che gli arrivano, con in testa quella della Juventus. Dell’Anno, quindi, è un capitale che non si può perdere, anche perché Gian Marco Calleri, che sta trattando l’acquisto della società, fa sapere che se Dell’Anno e altri giocatori si svincolano, lui abbandona il tavolo della trattativa: per la Lazio, questo significa libri in tribunale e quindi fallimento. Gabriella Grassi chiama Dario Canovi, procuratore di dell’Anno e dopo una lunga trattativa lo convince ad accettare un suo assegno personale. Fa la stessa cosa con altri giocatori e con circa 30 milioni di lire riesce a tappare la falla. Quando Calleri diventa presidente, la convoca e le dice: “Signora, lei ha avuto veramente un gran bel coraggio a tirare fuori quei soldi. E se io non avessi preso lo stesso la Lazio che cosa avrebbe fatto? Li avrebbe persi”. Gabriella, con il sorriso sulle labbra alza le spalle e risponde: “Avrei perso la Lazio presidente, che per me vale molto più di 30 milioni”.
Sei mesi dopo il suo arrivo alla guida della società, Sergio Cragnotti la promuove dirigente e ufficializza la sua nomina a Segretario Generale, mettendole in pratica in mano le chiavi della Lazio. Diventa il referente della Lazio presso FIFA, UEFA, Federcalcio e Lega, assumendo un potere enorme, al punto che Luciano Moggi la chiama “la presidentessa”. Quando Luca Baraldi arriva per tamponare la situazione dopo l’addio forzato di Cragnotti, le chiede di aiutarlo a capire Roma, i rapporti tra la società e Geronzi e a vederci chiaro nel buco nero dei conti societari. Quando il 30 luglio del 2003 arriva l’annuncio dell’ingresso in società di Giuseppe De Mita, con l’incarico di Direttore Generale, nonostante i tentativi di trattenerla operati sia da Baraldi che da Roberto Mancini, dopo 36 anni Gabriella Grassi decide di lasciare la Lazio, considerando incompatibile la sua presenza con quella di De Mita, con il quale i rapporti non sono mai stati idilliaci.
Circa un anno dopo, quando Lotito diventa presidente la chiama al telefono e la convoca per un incontro a Villa San Sebastiano. L’incontro è fissato per le 16, ma Lotito si presenta alle 20 e la tiene a parlare fino alle 2 di notte. Con 36 anni di esperienza di calcio e di Lazio sulle spalle, quelle sei ore di colloquio le bastano per inquadrare il personaggio, per capire che non ci sono le condizioni per tornare a lavorare per la sua Lazio e decide gentilmente di declinare l’offerta.

STEFANO GRECO



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