MAURI“Gervasoni non è attendibile e questo è provato. L’accusa non ha fornito nessuna prova, se non le testimonianze rese dal sig. Carlo Gervasoni, che risultano contraddittorie e inattendibili, non trovando mai e in nessun caso riscontro né convergenza con le dichiarazioni rese da tutti gli altri testimoni. Tanto più che in altri procedimenti è stata verificata la manifesta inattendibilità di Gervasoni. Inoltre, Gervasoni non riferisce mai circostanze dallo stesso direttamente constatate, ma sempre ed esclusivamente fatti riferiti da altri soggetti, che, a loro volta, riferiscono di dichiarazioni apprese da terzi. Con questi presupposti non ci sono le condizioni della ‘ragionevole certezza’ necessaria per condannare un tesserato”.

E’ finito così il processo di primo grado davanti alla Disciplinare, con i giudici che si sono riuniti in camera di consiglio e che renderanno noto il loro verdetto tra martedì e mercoledì della prossima settimana. Dopo la dura, durissima arringa degli avvocati difensori di Stefano mauri, che dividendosi i compiti hanno messo in luce tutte le falle del castello accusatorio, le incongruenze della ricostruzione fatta da Palazzi, le contraddizioni di Gervasoni e l’assoluta assenza di prove a carico del capitano della Lazio, si è sfiorata quasi la rissa. Quando Stefano Palazzi nella sua goffa controreplica ha cercato di smontare le prove fornite dagli avvocati di Mauri sostenendo che prima di essere arrestato (a dire il vero si è consegnato spontaneamente) il giocatore ha “mentito all’ufficio inchieste sui suoi rapporti con Aureli”, i legali di Stefano Mauri hanno reagito in modo veemente e c’è voluta tutta l’esperienza del giudice Artico per riportare la calma ed evitare il peggio. Quello che resta alla fine di questa due giorni processuale, è la sensazione di aver assistito ad uno spettacolo forzato, portato in scena da Palazzi quasi a forza, per dovere contrattuale, pressato sia dalla Federcalcio che da una parte dell’opinione pubblica che non gli avrebbero mai perdonato un’archiviazione. Ma per fare un processo vero, per sostenere richieste come quelle avanzate ieri da Palazzi, non bastano le chiacchiere di Gervasoni o i teoremi, servono le prove. E per difendere il castello accusatorio smontato pezzo per pezzo dagli avvocati di Mauri, Palazzi non può sostenere come ha fatto oggi che:

“Il fatto che non ci sia mai stato un contatto diretto tra Mauri e gli organizzatori delle combine non prova molto”. “Il fatto che Gervasoni sia stato considerato inattendibile da altri tribunali non deve costituire un precedente in questo dibattimento”. “Il tragitto da Formello a Ponte Milvio, se fatto in Porsche, potrebbe essere abbreviato quindi si può fare anche in 12 minuti contro i 55 dichiarati dalle mappe”.

Insomma, credetemi e basta, perché io sono l’accusa e se dico che un test è attendibile e che un calciatore è colpevole è per forza di cose così. Roba da Medioevo, roba da far invidia ai tribunali della santa Inquisizione. E i metodi usati da Palazzi sono gli stessi: la promessa di grazia o di fortissimi sconti a chi confessa i propri peccati e a chi denuncia gli altrui comportamenti illeciti, il pugno di ferro contro chi si proclama innocente.

E questo è successo in questi due giorni a Roma. L’accusa ha parlato di sms e telefonate in cui si concordavano gli illeciti, ma non ha fornito una sola prova che il contenuto di quegli sms e di quelle telefonate fosse in realtà illecito. Non un’intercettazione, non una trascrizione. Non esiste una sola prova che Mauri abbia scommesso su Lazio-Genoa e su Lecce-Lazio, ma ci sono prove documentate che in quei giorni abbia scommesso sia sul tennis che su incontri della Nba, usando la scheda telefonica intestata a Samantha Romano e fornita da Aureli a Mauri per fare le giocate tramite la sua agenzia Goldbet. Con prove depositate oggi dai legali del giocatore e con orari delle giocate registrate che corrispondono alla perfezione con quelli delle telefonate. Aureli viene indicato da Palazzi come colui che fa da collegamento tra Mauri, Zamperini e gli zingari, ma dal flusso delle giocate dell’agenzia di proprietà di Aureli non si evidenzia nessuna anomalia in merito alle partite contestate. Non c’è una sola prova che Mauri abbia mai conosciuto o incontrato Ilievski. Gegic ha sempre negato di aver conosciuto Mauri e il coinvolgimento del giocatore in qualunque illecito. Zamparini nega di aver concordato o anche solo proposto illeciti a Mauri.

Per questo motivi, uno degli avvocati di Mauri, Amilcare Buceti, durante la sua arringa si è rivolto con toni duri a Stefano Palazzi.

“Lei ha chiesto tre deferimenti per irrobustire un impianto accusatorio fragile. Lei dice che Ileviesk stava a Formello perché il suo cellulare aggancia quella cella, ma nessuno ha visto Mauri insieme ad Ilievski. Non esiste un solo elemento rilevante che possa ritenere questo evento credibile. Oggi ci vengono contestati illeciti disciplinari, ma o Mauri sta dentro questa associazione o non esiste nulla. In tutto l’atto di deferimento non c’è un solo accenno che fa riferimento alla modalità attraverso la quale abbia concepito una giostra che alla fine finisce con sei gol. Non si capisce proprio il come. Ho preteso ed ottenuto la convocazione dei giocatori che sotto giuramento hanno testimoniato. Sono venuti e le domande sono agli atti e non c’è nessuna esitazione, alcuni di loro erano addirittura stupiti e nessuno capiva e capisce in che contesto si sia consumato il fatto contestato”.

Gli avvocati di Mauri sono stati gli assoluti protagonisti di questa giornata, relegando in seconda fila l’avvocato Gentile. Sì, perché in effetti il legale della Lazio può poco o nulla, perché tutto si regge sulla colpevolezza o sull’innocenza di Mauri. Se i giudici stabiliscono che Mauri è colpevole, la penalizzazione della Lazio è scontata e visti i precedenti difficilmente supererà i 3 punti. Ma se Mauri viene considerato innocente, il discorso è chiuso. Ed è proprio sui precedenti che si regge molto se non tutto. Per Calciopoli, con la Lazio chiamata a rispondere di responsabilità diretta del presidente e con tanto di intercettazioni tra Lotito e Carraro,  alla fine di quella giostra la Lazio passò dalla retrocessione in B con penalizzazione chiesta da Palazzi a 3 soli punti di penalizzazione. Qui la responsabilità è al massimo oggettiva e non ci sono né prove né intercettazioni a sorreggere il castello accusatorio di Palazzi. E se lo stesso Palazzi non considerò rilevante questo tipo di intercettazione tra Pradè e Mazzini (http://www.youtube.com/watch?v=f57vmaPSWHE) nel 2006. tanto è vero che la Roma non fu neanche sfiorata dall’inchiesta, ci dovrebbe spiegare ora Palazzi con quali presupposti senza neanche una telefonata come questa possa pretendere la fine della carriera di Mauri e 6 punti di penalizzazione della Lazio.

Non stiamo qui a parlare dei sospetti di presunte simpatie giallorosse del procuratore federale, perché queste cose le lasciamo ai tifosi che hanno tutto il diritto di essere sospettosi, come lo sono quelli della Lazio che oggi con un giro di parole hanno invitato Palazzi a fare bene i CONTI con Mauri e la Lazio. Con chiaro riferimento all’interrogatorio di Bruno Conti per i contatti con Sartor (uno degli arrestati e dei condannati di questo scandalo scommesse), di cui si è venuto a sapere solo ora, leggendo alcuni atti. Interrogatorio svolto a fari spenti da Palazzi, al contrario dei riflettori accesi e delle telecamere che hanno fatto da contorno all’interrogatorio di Mauri, ma anche a quello di Brocchi, dipinto come un delinquente e un complice di Mauri ma poi uscito in silenzio da questa vicenda. Ci sono tante cose non chiare in questa vicenda, tante decisioni (come quella della mancata squalifica di Cannavaro e la cancellazione della penalizzazione del Napoli nonostante le prove della violazione del regolamento) che lasciano perplessi. Come dovrebbero far riflettere le sentenze del Tnas, che hanno cancellato qualcosa come 520 mesi di squalifica inflitti a giocatori, allenatori e dirigenti fatti condannare da Palazzi. A qualcuno è stato fatto uno sconto, altri sono stati completamente scagionati. A dimostrazione che i castelli accusatori erano fragili, a volte addirittura campati in aria.

Sarebbe quindi il caso di mettere fine a tutto questo, di usare due pesi e due misure, di cercare la condanna eclatante per giustificare in qualche modo uno stipendio o l’esistenza di quello che una volte era l’Ufficio Indagini e che ora è solo un ufficio apertura fascicoli, con Palazzi e i suoi 007 che poi girano per le procure d’Italia elemosinando qualche carta per istituire un processo, per mostrare a Malagò e al Coni che il calcio vuole fare pulizia, che il pugno di ferro annunciato da Abete è reale e non virtuale.

GIORGIO CERRI



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