Che sia da esempio il 6 gennaio del 2005
Giovedì 6 gennaio 2005 – Roma, stadio Olimpico – Lazio-Roma 3-1, Campionato di Serie A 2004/05 – XVII giornata
LAZIO: Peruzzi, Oddo, Talamonti, Giannichedda, E. Filippini, A. Filippini, Dabo (89’ Manfredini), Liverani, Cesar, Di Canio (90’ S.Inzaghi), Rocchi (86’ Muzzi). A disposizione: Sereni, Lequi, Oscar Lopez, Pandev. Allenatore: Papadopulo.
ROMA: Pelizzoli, Mexes, Dellas, Ferrari (46’ Corvia), Panucci, Perrotta (58’ Aquilani), De Rossi (79’ Candela), Cufré, Mancini, Totti, Cassano. A disposizione: Zotti, Sartor, Scurto, Mido. Allenatore: Delneri.
Arbitro: Sig. Dondarini (Finale Emilia).
Marcatori: 29’ Di Canio, 68’ Cassano, 74’ Cesar, 84’ Rocchi.
Note: serata non fredda, terreno in buone condizioni. Ammoniti E.Filippini, Liverani, A.Filippini, Cufré, Totti e Aquilani per gioco scorretto, Rocchi, Perrotta, Mancini e Cassano per comportamento non regolamentare. Angoli 8-4 per la Lazio. Recuperi: 1′ p.t., 7′ s.t.
Spettatori: 65.000 circa di cui 36.074 paganti per un incasso di € 1.031.605,00, abbonati 28.660 per una quota partita di € 389.886,61.
Come potete notare dal tabellino, la sproporzione sul piano tecnico era enorme, quella sera d’inverno; la retrocessione si avvicinava sempre di più e si giungeva al derby in condizioni disastrose. E allora? La soluzione sarebbe stata fasciarsi la testa prima di spaccarsela? Leccarsi le ferite procuratesi nella prima parte di campionato? Oppure fare quadrato, riempire i settori e stringersi attorno agli uomini, prima che ai giocatori, che indossano la casacca più bella del mondo? I pantofolai di professione che hanno nascosto dietro al “Libera la Lazio” la forte interazione elettrostatica col divano avrebbero bisogno di un rinfresco repentino della memoria: oggi si lotta stabilmente per un posto in Europa, ci sono in bacheca un paio di trofei dignitosamente conquistati in tempi recenti (strappati allo strapotere juventino che macina come chicchi di grano le altre squadre), il miglior attaccante italiano veste la maglia biancoceleste e la situazione economico-finanziaria non desta preoccupazioni. Nel 2005 fummo reduci di un crack di cui ancora portiamo gli strascichi, il tasso tecnico dei titolari di casa nostra, confrontato con quello dei romanisti era palesemente inferiore e si rischiava la retrocessione. Mettici che protetti da stampa e istituzioni lo sono sempre stati, mettici che anche quel derby grida giustizia arbitrale per un mancato rigore, mettici le buffonate di Totti e l’ipocrita indignazione dei suoi sodali a fine partita, insomma, il mix perfetto che ci ritroviamo a combattere ogni anno. Perché il laziale ha scelto di combattere in questo gioco, di portare alta la bandiera del valore olimpico in uno sport marcio a tutti i livelli.
Ebbene, 3, 2, 1 via. Falli, proteste, gesti eclatanti e sobillazioni di massa sugli spalti; niente di nuovo sotto la luna, almeno per quel che riguarda i derby in notturna. La Lazio ci tiene e si vede. Mezz’ora scarsa di gioco, lancio chirurgico di Liverani e zampata mortale di Paolo Di Canio: il bomber del Quarticciolo vomita in faccia all’altra sponda tutto lo sdegno. Tensione massima. Esplode un bombone a pochi passi dal capitano giallorosso che resta stordito per qualche minuto, nel frattempo inizia la ripresa che vede i romanisti, orfani di Montella, pareggiare i conti. Gioia effimera, perché sei minuti più tardi la rasoiata di Cesar demolisce Pelizzoli, mandando la Nord in visibilio. È il preludio di una grande festa, che si materializzerà poco più tardi dai piedi di Tommaso Rocchi: l’attaccante Veneto, che anche lui fa i conti con l’assenza del compagno di reparto Goran Pandev, sfrutta un secondo preciso lancio di Liverani per scavalcare con la testa l’estremo difensore giallorosso e concludere in rete.
La Lazio vince una partita difficile e insperata perché ce l’ha messa tutta. Vince perché ha gettato il cuore oltre l’ostacolo e la Roma, nettamente superiore, ha pareggiato sfruttando forse l’unica distrazione laziale, figlia di un rientro in campo un po’ pauroso e un po’ superficiale. La sfida alla Sud di Di Canio, che si rivolge ai cugini indicando i tre gol segnati nei derby, susciterà la patetica e scevra lamentela dei giocatori romanisti dinanzi alle telecamere, oltre che l’orgoglio risvegliato nei sostenitori di fede biancoceleste. Si tirino fuori gli attributi sabato sera, si mettano da parte gli alibi e le giuste critiche a dirigenza e classe arbitrale. C’è da lottare, chi ha paura resti a casa.
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