Lazio-Napoli serie A

“Un complesso disegno criminoso” così la Cassazione definisce le operazioni compiute nel 2005 dal dr. Claudio Lotito e dall’arch. Roberto Mezzaroma su di un consistente pacchetto azionario (14,6%) della Lazio.

Ci sono voluti circa 8 anni e mezzo per venire definitivamente a capo, anche sul piano penale, della natura e degli scopi delle operazioni in oggetto. Ora, grazie alla tenacia di alcuni piccoli azionisti della Lazio e di Federsupporter, che hanno sempre creduto che esistesse un Giudice a Berlino”e che non si sono mai arresi di fronte alla generalizzata e diffusa indifferenza dell’opinione pubblica e dei mass media. Quel mondo dell’informazione che come primo compito avrebbe quello di informare, tra l’altro in merito a fatti indubbiamente di notevole gravità: oltre che sul piano sportivo anche, anzi soprattutto, su quello civile e sociale, si è giunti finalmente al capolinea.

Quel complesso disegno criminoso”, così come lo ha definito la Cassazione con sentenza del 4 luglio 2013, depositata in Cancelleria il 30 dicembre 2013, ha fatto sì che una consistente partecipazione azionaria (14,6%) della Lazio, dal luglio 2004 non sia mai circolato liberamente sul mercato finanziario, in modo da non finire mai in mani ostili a Lotito che, così facendo, ha blindato la società fin dal primo giorno di presidenza senza pagare il prezzo stabilito dalla legge per assicurarsi questo vantaggio, violando così regole e regolamenti.

In particolare, è stato così arrecato ai piccoli azionisti un danno complessivo prudenzialmente stimato in circa 10 milioni di euro: al netto di interessi legali e maggior danno da svalutazione monetaria. Un danno a quegli azionisti che, sacrificando in molti casi i modesti risparmi di una vita o rinunciando a qualcosa per il bene della società, avevano risposto “presente” all’aumento di capitale del 2003 e poi a quello del 2004, nel tentativo di evitare la scomparsa della Lazio.

Oltre a dover risarcire gli azionisti per il danno economico arretrato, Lotito dovrà rispondere ora delle sue azioni anche dal punto di vista sportivo e in modo immediato, come spiegano le note dell’avvocato Rossetti sotto riportate. E sarà cura di “Federsupporter”, portare a conoscenza delle istituzioni sportive l’esito di questa sentenza e chiedere ufficialmente alla Federcalcio (e al CONI), il rispetto delle disposizioni della FIGC in materia di decadenza da cariche sociali, di Lega e federali. Disposizioni che prevedono la “decadenza immediata” di Lotito dal giorno in cui è stata depositata la sentenza, ovvero dal 30 dicembre del 2013. E chiedere e pretendere che questa volta vengano scrupolosamente e puntualmente osservate senza che (come avvenuto anche in un recente passato) si possa far ricorso a capziose e strumentali interpretazioni ad usum Delphinio a provvidenziali e salvifiche deliberazioni ad personamdell’ultima ora, volte ad evitare l’applicazione di norme dell’ordinamento sportivo, sgradevoli e sgradite, a qualche moderno “Don Rodrigo”.

L’art. 22 bis (Disposizioni per l’onorabilità) delle NOIF, nel testo modificato di cui alla Delibera del Consiglio Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 123/A del 7 marzo 2012, stabilisce, per quello che qui interessa, che non possono assumere la carica di dirigente di società o di associazione e, se già in carica decadono”coloro i quali vengano condannati con sentenza passata in giudicato per i delitti, tra gli altri di cui al “Testo Unico delle disposizioni in materia di Intermediazione finanziaria (D.L.vo 24 febbraio 1998, n.58)”.

Ciò premesso, poiché il dr. Lotito è stato condannato con sentenza ormai passata in giudicato per uno dei delitti (violazione dell’obbligo di cessione di partecipazioni azionarie eccedenti il 30% del capitale sociale di una società quotata entro 12 mesi decorrenti dalla violazione dell’obbligo di promuovere una OPA totalitaria, art. 173 TUF), senza che tale delitto sia stato dichiarato estinto per prescrizione (la Cassazione ha rinviato il procedimento alla Corte d’Appello di Milano esclusivamente ai fini di determinazione dell’entità della pena conseguente alla condanna) dovrebbe essere dichiarata la decadenza dr. Lotito dalla carica di dirigente: nel caso specifico di Presidente del Consiglio di gestione della Lazio, nonché dalla carica di Consigliere della Lega Calcio di Serie A e dalle cariche federali.

A questo proposito, il comma 6 bis dell’art. 22 bis citato prevede che i dirigenti di società ove intervenga una situazione di incompatibilità di cui al 1° comma (come nel caso in esame una condanna passata in giudicato per uno dei reati di cui al TUF) sono tenuti a darne immediata comunicazione alla Lega”Il successivo comma 7 prevede, In caso di omessa immediata comunicazione di cui al precedente comma  che i soggetti interessati incorrono nella decadenza dalla carica, ferma restando l’applicazione delle disposizioni del codice di giustizia sportiva”.

Chi, dunque, incorra in una delle cause di decadenza dalla carica di cui al comma 1 e non la comunichi immediatamente alla Lega competente (nella fattispecie alla Lega Calcio di Serie A) non solo incorre nella decadenza stessa, ma subisce anche l’applicazione di sanzioni disciplinari. Non solo. L’art.10, comma 5, delle NOIF, stabilisce  il divieto di ricoprire cariche federali elettive o di nomina per coloro i quali abbiano riportato una condanna definitiva per reati non colposi: come quello nel caso in esame, dichiarato “non estinto” nella sentenza della Cassazione.

Ne consegue, per tutte le ragioni sopra esposte, che il dr. Lotito dovrebbe essere dichiarato decaduto, non solo dalla carica di dirigente della Lazio e dalla carica di Consigliere della Lega Calcio di Serie A, ma anche dalla carica di Consigliere federale nominato dalla predetta Lega e, qualora non avesse già immediatamente comunicato a quest’ultima la sentenza della Cassazione che lo riguarda, depositata in Cancelleria il 30 dicembre scorso, sarebbe, altresì, passibile di sanzioni disciplinari.

Nei prossimi giorni Federsupporter, in caso di inerzia della FIGC, valuterà l’opportunità di diffidare formalmente la Federazione affinché adotti, senza indugio, i provvedimenti di cui alle richiamate disposizioni delle NOIF in materia di decadenza, nonché valuterà l’opportunità di rivolgere al CONI un formale invito ad esercitare il dovuto controllo sulla predetta Federazione perché quest’ultima rispetti, correttamente e puntualmente, le norme che prevedono l’esercizio dei suoi poteri-doveri. Circa il fatto che l’art. 22 bis delle NOIF, nel testo approvato dalla FIGC il 7 marzo 2012, sia successivo all’epoca (giugno 2005) in cui è stato commesso il reato, non estinto, per cui il dr. Lotito è stato definitivamente condannato (e che nel 2005 era ancora contemplato dall’art. 22 bis), è opportuno rilevare quanto segue.

L’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI, su ricorso dello stesso dr. Lotito contro il provvedimento della FIGC del 13 febbraio 2012 che lo sospendeva in via cautelare dalla carica di Consigliere federale e di componente del Comitato di Presidenza della Federazione, in applicazione dell’art. 11 del nuovo Codice di Comportamento Sportivo del CONI, nel dichiarare il 5/26 marzo 2012 il ricorso inammissibile ed in parte infondato, ha sancito la portata non retroattiva del nuovo Codice, poichè esso non ha riqualificato il comportamento tenuto dall’odierno ricorrente(ndr.  Lotitoma ha assunto la sua condanna (all’epoca non definitiva)in sede penale come un mero fatto, nella sua pura oggettività, ricollegando a tale fatto conseguenze nuove, certo, ma pur sempre rivolte al presente ed al futuro , non al passato”.

Il TAR del Lazio, a cui si era rivolto il dr. Lotito per l’impugnazione della decisione dell’Alta Corte del CONI,  con sentenza depositata il 1 giugno 2012, ha sancito (confermando sul punto la decisione impugnata) che: la retroattività della disposizione contestata deve essere esclusa atteso che il sig. Lotito è stato sospeso a decorrere dalla data di entrata in vigore dellanovella (13 febbraio 2012)in considerazione del suo status di soggetto condannato (dall’8 novembre 2011)per reati contemplati nell’allegato A dello stesso Codice. Di retroattività si sarebbe potuto parlare nel caso in cui la sospensione fosse stata fatta decorrere dall’8 novembre 2011, data della pubblicazione della sentenza della IX Sezione Penale del Tribunale di Napoli (ndr, condanna per frode sportiva per i fatti di Calciopoli). Aggiungasi, ed il rilievo è assorbente di ogni altra considerazione, che un problema di retroattività potrebbe, al più porsi con riferimento ad un provvedimento di carattere sanzionatorio, ma non certo ad un atto, quale è quello oggetto di impugnazione, di natura cautelare, la cui ratio è preservare l’ordinamento sportivo dal nocumento che potrebbe recare  la presenza di soggetti, con poteri decisionali importanti, in relazione ai quali sussiste un dubbio(giustificato anche da una già intervenuta pronuncia di condanna penale, ancorchè non definitiva) di discutibile moralità ed onorabilità”.

Principio, quello sopra enunciato dal TAR del Lazio che, a maggior ragione, deve essere applicato ora che è stata pronunciata una condanna penale definitiva. Perché “la decadenza dalle cariche sociali, in Lega e federali, non ha natura sanzionatoria, come le sanzioni disciplinari contemplate dal Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, bensì, per l’appunto, cautelare, con il fine di evitare, (come opportunamente rilevato dal TAR) la presenza, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, di soggetti di discutibile moralità ed onorabilità. Discutibilità resa evidente da una condanna penale definitiva per uno dei reati previsti dalle norme sportive di cui parla la sentenza del TAR del Lazio.

Non c’è dubbio, quindi, che alla luce dei chiari principi di cui sopra, le decadenze previste dall’art. 22 bis e dall’art.10, comma 5, delle NOIF siano applicabili, anche se i fatti per cui è stata riportata la condanna penale definitiva risalgano ad epoca anteriore a quella nella quale la tipologia di reati da cui scaturisce la decadenza, nel 2005 non era ancora contemplata dalle norme sportive quale parametro e indice di “discutibile moralità ed onorabilità”.

E, per concludere, sembra quasi una nemesi storica che la mancanza del requisito di cui sopra riguardi una persona che, un giorno sì e l’altro pure, si è dilettata e si diletta ad impartire excathedraurbi et orbi, lezioni di moralità ed onorabilità.

Alfredo Parisi e Massimo Rossetti – LAZIOMILLENOVECENTO



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