felipe andersonBuona la prima? Forse non proprio. Molte ombre e poche luci nella prima stagione biancoceleste di Felipe Anderson, mai costante, troppo fuori dal gioco e forse ancora ingabbiato dall’immancabile saudade e da quel modo di stare in campo ancora troppo ‘brasiliano’. Eppure, i numeri di alta scuola qua e là esibiti sul manto verde in questi primi 12 mesi, lasciano comunque intravedere le immense potenzialità ancora inespresse dal talento originario di Brasilia. Un oggetto ancora misterioso, ma che se dovesse definitivamente sbocciare potrebbe rivelarsi il vero valore aggiunto della Lazio del futuro. In una video intervista rilasciata a ‘Tribuna esporte’ per la realizzazione del Dvd ‘Super azioni’, il numero 7 biancoceleste ha raccontato la sua storia calcistica dai primi calci al Santa Maria al suo arrivo nella città eterna.

Di seguito ecco un piccolo estratto del Dvd raccolto dal sito globoesporte.globo.com“La mia avventura è iniziata quando avevo 10 anni. Mia madre mi iscrisse nella scuola di calcio della mia città, il Santa Maria, e li ho iniziato a partecipare a campionati e tornei. Ad ogni partita che giocavo ripetevo a me stesso “è questo ciò che voglio fare per tutta la vita”. A 12 anni sono stato chiamato per fare un test a Curitiba nella squadra della medesima città e l’ho superato. Poi a 14 anni sono andato al Santos, a 17 ho esordito in prima squadra ed ora, all’età di 20 anni, eccomi qui alla Lazio. E’ stato emozionante per me conoscere una squadra così importante e giocare con grandi giocatori che vedevo soltanto in tv quando ero più piccolo. È un sogno che si è realizzato, un dono che Dio mi ha fatto, forse più grande di quanto avrei potuto immaginare”.

Saudade a parte, l’ambientamento nella Capitale non è stato poi così difficile, come spiega lo stesso Felipao“Roma è meravigliosa, una città turistica piena di luoghi storici. Mi sono subito ambientato, sono stato ben accolto da tutti, sia dai compagni, tifosi e dalle persone che incontravo per strada. I momenti più importanti nella mia vita calcistica? Il primo quando a 17 anni ho segnato il mio primo gol con il Santos – rivela il brasiliano – quando giocavo nella categoria di base vedevo sempre le partite dalla tribuna, assistevo ai gol e sognavo il giorno in cui ne avrei realizzato anch’io uno. Quando l’ho finalmente realizzato è stata una sensazione difficile da spiegare e ringrazio ancora Dio per quel regalo. Il secondo momento memorabile fu invece quando il Santos vinse la Libertadores, avevo 18 anni ed è stato una vittoria molto importante per la squadra, per me e per tutti gli atleti, una vittoria regalata da Dio a tutti noi”. 

Sognar non costa nulla e Felipe non sembra davvero voler smettere: Il mio sogno è diventare il migliore al mondo, so che è difficile e ci sono tanti giocatori bravi, ma era difficile anche arrivare fino a qui, eppure ci sono. Credo che sognando e lavorando possiamo un giorno realizzare quello che ora può sembrare impossibile”.

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