Simone Inzaghi ha rilasciato una lunghissima intervista ai microfoni di Lazio Style Channel raccontandosi a 360 gradi:
“Allenando la prima squadra ci sono tante responsabilità in più ma penso che il mio atteggiamento non cambierà. Sicuramente avrò tante più responsabilità. Ho capito di voler fare l’allenatore negli ultimi anni che giocavo, fisicamente non stavo più benissimo quindi sapevo che da lì a poco avrei dovuto smettere. Ho cominciato ad imparare, a guardare dagli ultimi allenatori che ho avuto. Poi mancava un anno alla scadenza del mio contratto ed insieme al Presidente Lotito ed il DS Tare abbiamo pensato che questo sarebbe potuto essere il mio futuro.Il primo pensiero dopo la chiamata in prima squadra è andato ai miei ragazzi perché mi hanno dato la possibilità in questi anni di avere questa opportunità. Li abbiamo fatti crescere ed ottenuto vittorie importanti per la società, per il mio percorso e per quello dei ragazzi.Ho avuto la fortuna di riuscire a vincere e di togliermi tante soddisfazioni con i ragazzi del settore giovanile.Un grande grazie va a loro, l’ unica macchia è non aver vinto quello scudetto che avremmo meritato, sarebbe stato il triplete, mai successo nella storia. Un gruppo costruito velocemente quindi nessuno si aspettava quanto fatto ma grandissimo lavoro da parte mia e di tutto lo staff. Sottolineo che senza il mio staff non sarei potuto arrivare da nessuna parte.La cosa che più mi fa infuriare è quando c’è la puntualità negli allenamenti o nei ritrovi. Tutti quanti, compreso l’allenatore, abbiamo delle regole e bisogna avere rispetto soprattutto per gli altri.Quando ho smesso di giocare mi è mancato tanto lo spogliatoio perché ero una persona aperta, solare e che faceva gruppo. Ora siamo in meno però tra di noi dello staff tecnico è come se fossimo in uno spogliatoio di calciatori.
Non è problema se mi chiamano per nome, con Mauri e Radu ho giocato. Ho chiesto solo rispetto perché essendo un gruppo di 25 giocatori tutti di ottima caratura il mister poi quando arriva la domenica deve fare delle scelte.
Senza la mia famiglia probabilmente non sarei qui. Mio fratello, la mia compagna Gaia e i miei due figli, mi hanno aiutato soprattutto nei momenti difficili durante la mia carriera da calciatore. Con Pippo c’è un rapporto da fratello maggiore a fratello minore, quando mancava papà prendeva le responsabilità. Anche ora ha un po’ di potere decisionale, ma credo sia giusto così.
Dopo sei anni di settore giovanile e 25 vissuti nel mondo del calcio un po’ di esperienza si acquisisce. Poi è normale che si possa sempre crescere e migliorare ogni giorno, soprattutto noi che siamo giovani.
Il mio modo di approcciarmi alle gare non è cambiato: avevo tensione quando giocavo e ce l’ho anche ora da allenatore.
Ho avuto tanti modelli. Il primo allenatore è stato Materazzi, è grazie a lui che ho fatto il calciatore perché mi ha dato l’opportunità di giocare in Serie A.
Ho cercato di prendere spunto un po’ da tutti: Mancini, Eriksson e Simeone. Prendo spunto da tutti, poi ci metto sempre del mio.
La Coppa Italia vinta nel 2000. La Lazio era una squadra ricca di campioni che ragionava molto in campo. infatti sono usciti tanti allenatori. Ricordo quella vittoria di Coppa Italia dell’anno dello Scudetto, abbiamo giocato senza allenarci visto che c’erano tre giorni di festa eppure abbiamo difeso lo 0-0 nella sfida di ritorno. Anche lì si è visto lo spirito che aveva quella squadra.
Seguire l’allenamento da lontano non è un rito che seguo, a volte sto con la squadra, a volte guardo tutto da lontano. Dipende dalla situazione.
La musica nello spogliatoio può aiutare, non sono quel tipo di allenatore che ritiene che nessuno prima di due ore della partita non debba più parlare e sorridere, ci vuole la giusta concentrazione ma se si ascolta un po’ di musica non è un problema.
Con Farris sono due anni e mezzo che lavoriamo insieme e c’è affiatamento, anche con il prof. Ripert. Qui abbiamo trovato persone preparatissime, come detto in precedenza un allenatore senza staff non può andare molto lontano.
Mi è rimasta la grande gioia per una grandissima vittoria a Palermo.
Se è meglio un poker al Marsiglia o un filotto di vittorie in panchina? Quando ero un giocatore un poker, ora meglio un filotto di partite in panchina”.
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