La leggenda narra che dove passava Attila non cresceva più neanche un filo d’erba, perché al suo passaggio il “flagello di Dio” radeva al suolo qualsiasi cosa. Bene, neanche Attila sarebbe riuscito a fare quello che è riuscito a combinare Claudio Lotito negli ultimi 100 giorni, bruciando quel patrimonio di entusiasmo messo in cassa dopo il trionfo in Coppa Italia. Mentre Attila, però, era spietato con il nemico, l’Attila de noantri è spietato con la sua gente e le sue azioni sono di un autolesionismo tale da far pensare alla follia, oppure ad un piano diabolico studiato a tavolino da qualcuno che quasi gode nell’essere odiato e che si nutre di questo odio.
Ma Attila era un personaggio vero, un capo indiscusso potente e al tempo stesso temuto. Lotito, invece, è uno che a parole è il padrone del mondo, ma poi nei fatti è potente solo contro i deboli e neanche sempre, quindi più che all’originale somiglia all’Attila portato sugli schermi da Diego Abatantuono, in una rivisitazione un po’ pecoreccia dell’invasione dell’Italia e della marcia verso Roma da parte dell’Unno distruttore.
http://www.youtube.com/watch?v=JOOJrxcdv2g
Ecco, se ci fate caso il discorso di Attila-Abatantuono ai suoi fidi guerrieri, non è poi tanto diverso nei modi, nei toni e financo nella gestualità da quello fatto da Claudio Lotito il 9 luglio del 2013 a piazza San Silvestro in occasione della presentazione delle maglie, quando prese in mano il microfono per fare con tono ducesco un discorso memorabile, infarcito di luoghi comuni e di promesse che oggi, a mercato chiuso, fanno sorridere…
http://www.youtube.com/watch?v=-pF9_LEzYhs&feature=youtu.be
Abbiamo fatto, faremo, vinceremo. Sull’onda dell’entusiasmo in molti hanno creduto alla svolta, al cambiamento di rotta di un personaggio che non aveva mai ammesso un errore in 9 anni di presidenza ma che voleva far credere a tutti di aver imparato le lezioni del passato. Finzione, farsa, commedia recitata per la piazza ma in modo pessimo, né più né meno ai livelli della versione cinematografica dell’Attila di Diego Abatantuono. Con la differenza sostanziale, che quella era una caricatura voluta, mentre Lotito è diventato la caricatura di se stesso senza neanche rendersene conto. E al contrario di Abatantuono, non fa neanche ridere, mai…
Era difficile fare peggio di quello che aveva fatto nelle ultime sessioni di mercato, ma Lotito con l’aiuto di Tare, c’è riuscito. Alla fine della passata stagione, in un mondo Lazio diviso su qualsiasi cosa, tutti erano d’accordo su un punto: questa squadra andava rinforzata con un grande acquisto in difesa e investendo gran parte del budget a disposizione per inserire finalmente in rosa un attaccante da più di dieci gol a stagione in grado di fare quest’anno l’alter ego di Klose e di raccogliere la prossima stagione l’eredità di Miro, che ha fatto capire in tutti i modi che a maggio lascerà Roma, probabilmente per chiudere la carriera in Germania dopo aver disputato il suo ultimo mondiale. Bene, lo scorso anno alla fine del mercato la Lazio in attacco aveva: Klose, Floccari, Kozak, Rocchi, Zarate, Alfaro, Rozzi e Keita. Oggi, alla chiusura del mercato, l’attacco della Lazio è composto da: Klose (con un anno in più…), Floccari, Perea, Alfaro, Keita e, udite, udite, anche Sculli, rispolverato in fretta e in furia dopo il fallimento di tutti gli obiettivi. Dubito che si possa trovare anche un solo tifoso laziale convinto che la squadra quest’anno abbia un attacco più forte di quello di un anno fa.
In difesa, stadi cosme un anno fa, con Biava e Dias (70 anni in due e con una stagione in più sulle spalle), con Konko alle prese con i soliti problemi fisici, con Ciani offerto invano a mezzo mondo, con l’aggiunta di Vinicius (mai visto perché si è rotto subito) e con Diakité sostituito da Novaretti. E Diakité non era un fenomeno, ma Novaretti nei 180 minuti giocati ha fatto vedere che potrebbe essere addirittura peggio.
Insomma, era difficile peggiorare, ma ci siamo riusciti. Così come per prendere l’ennesimo connazionale di Tare rischiamo di aver indebolito anche l’unico ruolo in cui stavamo tranquilli, quello del portiere. Marchetti non si discute e Bizzarri alle sue spalle, pur non essendo un fenomeno, era comunque un giocatore esperto che rappresentava una garanzia. Bene, Bizzarri è stato spedito in extremis a Genova senza ricevere nulla o quasi in cambio, perché bisognava fare spazio a Berisha. Il problema, è che l’ennesimo pupillo di Tare a luglio aveva già firmato un contratto con il Chievo, che la società veronese ha regolarmente depositato in Lega. E visto che due contratti non si possono firmare, ora Berisha rischia di essere squalificato e la Lazio potrebbe ritrovarsi con l’altro albanese Strakosha da buttare nella mischia in caso di infortunio o di squalifica di Marchetti. La dimostrazione di come ci si può complicare la vita, di come viene gestita da anni questa società, con metodi che in confronto con la Lazio in quanto ad organizzazione fanno sembrare un club come il Parma il Real Madrid o il Manchester United.
E tutto questo, sorvolando sulla “farsa Yilmaz”, che merita un capitolo a parte. Qualche giorno fa Lotito ha detto che la Lazio non aveva mai inseguito Yilmaz, che la trattativa finita su tutti i giornali con il club turco era solo frutto della fantasia dei giornalisti ed era stata data in pasto ai tifosi con lo scopo di creare false aspettative. E già il discorso delle false aspettative fa sorridere, perché basta riascoltare il famoso comizio di piazza San Silvestro per capire chi ha fatto promesse che non ha poi mantenuto alla gente. Ma andiamo oltre. La trattativa non esisteva, ma Lotito e Tare incontravano il ds del Galatasaray a Villa San Sebastiano. La Lazio non inseguiva Yilmaz, ma poi continuava a trattare con il club turco sulle cifre e le modalità del trasferimento, faceva sapere di aver raggiunto dopo settimane di tira e molla l’accordo con il Galatasaray ma poi, colpo di scena, salta tutto perché Lotito non trova l’intesa con gli agenti del giocatore sulle commissioni? Ci (vi) vogliono far credere che questi hanno trattato per settimane con il club senza aver firmato un accordo preventivo con il giocatore e i suoi procuratori per ingaggio e commissioni? Una società che per 4 anni ha versato 3 milioni di euro all’anno alla Pluriel Limited di Londra per pagare le commissioni al clan di Zarate, fa saltare una trattativa del genere per 1 milione di commissione con gli agenti di Yilmaz? Ma che film è? Ma, soprattutto, una società che ha a disposizione quella cifra (con l’aggiunta dei soldi di Kozak) e che sa di dover comprare a tutti i costi un attaccante di valore non vara un piano B, non ha un’alternativa pronta in caso di fallimento dell’obiettivo primario? Roba da dilettanti allo sbaraglio se si vuole credere al fatto che sia mai esistita una vera trattativa, o meglio la volontà di portarla a termine e non di portare avanti (come ogni volta) una farsa fino alla chiusura del mercato per poi dire che non c’è stato tempo per fare altro.
Oggi, a dodici ore dall’ennesimo scempio sono tutti avvelenati, tutti chiedono la testa di Lotito e Tare, qualcuno si spinge anche a chiedere le dimissioni di Petkovic che ancora una volta è stato spettatore assolutamente passivo delle mosse della società. E soprattutto inascoltato. Tutti cavalcano l’onda del malcontento, ma fino a pochi giorni fa c’era chi tesseva pubblicamente le lodi di Lotito, dipingendolo come un novello sceicco. Perché questo è l’ambiente della Lazio. In passato, per una promessa non mantenuta da Cragnotti la gente scese in piazza e assediò il palazzetto di via dei Cappuccini. Per impedire a Cragnotti di vendere Signori la piazza si mobilitò e riuscì a piegare un imprenditore vero, il più grande presidente nella storia della Lazio. Oggi, la piazza riesce a partorire solo borbottii, lamentele e insulti che restano confinati all’interno dei forum e dei social network, al massimo con l’eccezione di qualche coro allo stadio. E sarà così anche questa volta. Le due settimane di sosta avranno l’effetto di secchiate d’acqua sulla rabbia che monta da ieri sera, il fuoco si spegnerà rapidamente e in caso di vittoria con il Chievo e nel derby di Yilmaz e dell’ennesimo scempio non parlerà più nessuno. Ed è una previsione facile da fare come era facile prevedere come sarebbe finita questa sessione di mercato, perché sono anni che viviamo le stesse sensazioni, in modo ciclico, in un loop destinato a durare in eterno se non si decide in qualche modo di arrestarlo, di fermarlo una volta per tutte e per sempre. Ma non succederà. E questo Lotito lo sa bene…
STEFANO GRECO
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