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La sicurezza di Brocchi sulla Coppa Italia :” Ero convinto della vittoria della Lazio “
Intervenuto sulle frequenze di Radio Sei, Cristian Brocchi ha parla della vittoria della Coppa Italia, del suo addio al calcio e del suo nuovo futuro alla guida delle giovanili del Milan. Di seguito tutte le sue parole:
Sulla vittoria in Coppa Italia
“Non potevo proprio chiedere di più, tranne forse il fatto di poterla giocare da protagonista, ma come mi sono sempre ripetuto nella mia carriera, il gruppo viene prima del singolo giocatore. Sono contento di averla vinta e di aver dato una gioia immensa ai nostri tifosi. Domani avrò anche l’onere e l’onore di alzarla di fronte a tanta gente, nella splendida cornice di Piazza di Spagna. Sarà un’esperienza bellissima!”
Qua a Roma sei sempre stato amato dalla gente laziale. Avresti mai immaginato, appena arrivato nella capitale, di stringere un rapporto così intenso con i tifosi biancocelesti?
“Più che aspettarmelo ci speravo. Sapevo di non essere più così tanto giovane ma ero convinto ancora di star bene e di poter dare ancora molto. Sono uno che quando si prefigge degli obiettivi poi cerca sempre di centrarli e sono contento di aver ottenuto dei risultati importanti in un ambiente bello ma difficile come Roma”.
128 presenze totali, 3 gol, 5 anni di Lazio. Ci sono moltissime immagini indelebili da ricordare, ma partiamo dalla fine…come hai vissuto il derby?
“Il pre-partita sicuramente l’ho vissuto male, non sapevo gestire una tensione che da calciatore, al contrario, avevo imparato a sopportare e a gestire. Durante la gara invece devo dire che ho avuto una certa serenità proprio perché ero straconvinto che la Lazio avrebbe potuto vincerlo! Avevo molta fiducia nei ragazzi e secondo me il risultato è stato giusto. Al triplice fischio ho avuto una gioia immensa indescrivibile anche se in quel momento non ci siamo resi conto di quello che avevamo fatto. Questa vittoria sarà un punto da cui partire e su cui costruire qualcosa d’importante”.
La Lazio nel girone di ritorno ha perso molti punti che hanno sicuramente compromesso il cammino alla volata Champions. Dov’è che secondo te si è sbagliato?
“Sappiamo che qualche errore l’abbiamo commesso. Dobbiamo cercare di imparare dai nostri errori per poter migliorarci ancora, visto che siamo un grande gruppo. Purtroppo abbiamo subito dei fattori imprevedibili, come alcuni infortuni. Se ti vengono a mancare due o tre giocatori importanti nei momenti più delicati della stagione è normale che poi ne paghi le conseguenze. A volte poi può capitare che alcuni giocatori fondamentali non siano al massimo della forma, e anche questo ti può penalizzare. Nonostante tutto, aver vinto una coppa così importante ci fa capire che, sotto il profilo del carattere e della personalità, questa squadra ha dimostrato di essere forte!”
La vittoria contro la Roma in coppa, sotto un certo punto di vista, primeggia forse su tutte i successi. Considerando però la tua carriera da calciatore, quale è stato il giorno più brutto e quello più bello?
“Forse il momento dell’infortunio. Quel giorno ho realizzato che avrei smesso di giocare a calcio, pur avendo comunque provato un possibile recupero. Sportivamente parlando però la sconfitta di Napoli è stata la partita che più mi ha fatto male in questi anni. Quella gara ci ha tolto un qualcosa che meritavamo! Questa coppa invece la posso paragonare ad una Champions League perché emotivamente parlando è stata qualcosa di inimmaginabile!”
L’articolo di oggi del ‘Corriere dello Sport’ (a cura di Giancarlo Dotto, ndr) richiama un po’ in causa il problema dell’esposizione mediatica della Lazio, tema che tu in passato più volte avevi trattato…
“ È cosa allucinante che ho combattuto in questi anni per un orgoglio di squadra, non tanto personale. Spesso non siamo stati rispettati a livello mediatico, ma non parlo di un giornale in particolare, quanto piuttosto di un atteggiamento generale: quando eravamo davanti si parlava sempre delle squadre che dovevano rincorrere. Quando ottenevamo buoni risultati non venivano messi in risalto come se li avessero ottenuti le altre squadre. Ci sentivamo privati di un qualcosa che ci eravamo conquistati sul campo e non con le parole. Ho sempre avuto molto rispetto per Dotto, lo reputo un giornalista competente, ma stavolta non ha pesato bene le parole che ha scritto. Sono convinto che ora si sarà reso conto di aver detto delle sciocchezze.”
Si dice che a questa Lazio manchi un leader, una figura carismatica, un trascinatore…pensi sia così?
“Secondo me parola ‘leader’ è sempre stata usata in un modo troppo facile. È vero che a livello scenico non abbiamo dimostrato di avere una figura simile, ma questo non conta. Conta quanto riesci a trasmettere alla squadra nei momenti decisivi. Ognuno è leader di se stesso se riesce a mettere a disposizione della squadra le proprie qualità”.
Hai detto che adesso proverai ad intraprendere la carriera di allenatore. Qual è il primo nome che ti porti dietro come figura di riferimento?
“Non vorrei dirti ‘un mix di tutti’ perché sarei scontato, ma devo dire che nella mia carriera ho avuto tutti grandi allenatori che mi hanno insegnato molto! Su tutti però Cesare Prandelli: è stato quello che dal calcio di Serie C mi ha insegnato tanto sia a livello tattico che in spirito di abnegazione. È stato per me una persona molto importante. Ha creduto in me,soprattutto nel momento più difficile della mia carriera, al Milan quando ho giocato poco. Quando sono arrivato a Firenze disse “per Brocchi metto la faccia io”, e quindi posso solo che ringraziarlo”.
Che farai da grande…tornerai al Milan?
“Si lavorerò con i ragazzi per fare un’esperienza che i servirà per il futuro. È ovvio che un giorno mi piacerebbe allenare in Serie A e magari tornare alla Lazio, questa volta da allenatore. Adesso però voglio anche godermi i miei figli”.
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