Rivediamo in chiave critica le ragioni del successo biancoceleste
Quattro gol ai neopromossi salentini servono a scacciare i fantasmi della delusione europea di giovedì sera contro il Celtic e a consolidare l’obiettivo Champions League. Risultato che sa tanto di doppia soddisfazione, approfittando dello scivolone casalingo del Napoli, il quale non va oltre lo 0-0 tra le mura amiche contro il Genoa; analogo risultato per i concorrenti bergamaschi, che sbattono su un analogo muro ligure, fatto di desiderio disperato di punti. E peccato che il Lecce ci fa tremare, palesando i nostri atavici errori, ma non sempre si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.
La partita si mette dopo mezz’ora sui binari giusti, dopo un’ampia fase di studio reciproco, battaglie a centrocampo per la conquista di metri preziosi e molte imprecisioni da entrambe le parti. È il solito Luis Alberto a imbeccare Correa, oggi più che mai rinvigorito e galvanizzato: destro secco sul palo lontano e 1-0. Lazio che amministra (più difficile di far gol, a quanto pare, per i ragazzi di Inzaghi) ed ecco, pronto dietro l’angolo, il calo fisiologico: angolo leccese dalla sinistra, deviazione di una torre giallorossa e palla sui piedi di Lapadula che appoggia comodamente in rete sotto la Curva Nord, dimenticato da Lulic. È 1-1. La possibilità di andare a riposo in vantaggio capita sui piedi di Luis Alberto, ma lo spagnolo spara clamorosamente alto. La ripresa è altra musica: Acerbi, in difficoltà quest’oggi sul centrosinistra, piazza un cross dalla trequarti, bello stilisticamente ma, a onor del vero leggibile, come traiettoria, anticipato dalla zampata dell’impalpabile Milinkovic. Il nuovo vantaggio laziale vede una nuova distrazione, ancora sugli sviluppi di un corner: generoso il penalty concesso dall’arbitro per il tocco dello stesso serbo su Mancosu (il quale, forse, compie forse lui fallo). Ma tant’è. Tira Babacar, legge benissimo Strakosha che manda sui piedi di Lapadula, entrato troppo precocemente in area al momento della rincorsa del compagno. Ribattuta in rete annullata, grido di sollievo dei trentacinquemila dell’Olimpico. Il rigore di Immobile (stavolta netto) mette in chiaro chi comanda, prima del sigillo finale dello scatenato Joaquin Correa. Tutto finito? Neanche per sogno, poiché la marcatura dell’angolo Bastos, subentrante a Luiz Felipe, mette comodamente il neo entrato Lamantia in condizione di siglare il 4-2.
È solo il canto del cigno di un Lecce aggressivo, generoso e battagliero, superato dal surplus di qualità che pende in favore dei padroni di casa.
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