Nella giornata di oggi si è aggiunta un’altra tappa al tour dell’iniziativa della Lazio “Dalla scuola allo stadio, il modo giusto per sostenere lo sport”, dove oltre all’immancabile Olympia e al team manager Maurizio Manzini, ha visto protagonisti Alessandro Matri e Stefano Mauri.

Il primo ha analizzato il tema del razzismo, tema più che attuale in casa Lazio: “Non deve esserci, sia in campo che fuori siamo tutti uguali. La cosa più importante è divertirsi e cercare di raggiungere gli obiettivi serenamente. I cori razzisti non dovrebbero proprio esistere, rappresentano l’ignoranza. Si accettano cori contro i giocatori ma per come giocano, non per il colore della pelle. Ma è una situazione che non riguarda i tifosi della Lazio, è relativa a tutte le tifoserie.” Poi ha parlato in modo diretto ai giovani ascoltatori, dando dei consigli personali:  “Bisogna conciliare studio e calcio, anche noi siamo andati a scuola. L’istruzione è la base di tutto, anche per convivere con le persone. La scuola ti insegna i comportamenti e a vivere in gruppo“. L’attaccante di proprietà rossonera ha parlato anche dei propri inizi:  “Ho cominciato a 9 anni, prima andavo in bicicletta. Uno può imparare anche sui marciapiedi, c’è sempre tempo. Non c’è un’età per imparare, lo si può fare a qualsiasi età. Ho iniziato col ciclismo perché lo facevano in molti in famiglia. La scelta poi è ricaduta sul calcio perché ho voluto seguire gli amici. Mi divertivo di più“. Poi la domanda sull’avversario più forte: “L’avversario più forte per me è stato Nesta“. Infine la domanda sull’allenatore preferito, rivolta anche a Stefano Mauri: “Quello che ti fa giocare di più (rde ndr), Conte e Allegri sono stati quelli con cui mi sono trovato meglio. Soprattutto Allegri che ho avuto al Cagliari, alla Juve e al Milan. Con lui si è instaurato un bellissimo rapporto anche al di fuori del campo. Anche Conte mi ha insegnato tanto dal punto di vista tecnico e tattico, e mi ha permesso di vincere tanti scudetti”.

Poi giunge il turno di Stefano Mauri al quale viene subito rivolta la domanda riguardante il tema derby:  “L’emozione di giocare un derby? Rispondo io perché ne ho giocati di più. È una partita particolare a Roma, è una sfida tanto sentita, difficile da spiegare. Bisogna viverla per poterlo capire, è un match che si aspetta dall’estate. Si gioca per una città intera, è una partita unica. Il più bello rimane quello del 26 maggio (standing ovation dei bambini ndr.). Rimarrà unico nella storia, per me alzare la Coppa da capitano è stata un’emozione indescrivibile“. Anche l’ex capitano si è cimentato a raccontare i propri inizi, fino a giungere al gol più importante: “Avevo mio padre che giocava a calcio, nella squadra di paese. Mi ha trasmesso la passione, per fortuna è diventata un lavoro. Segnare un gol? È sempre una gioia, a prescindere da chi segna.  Ne ho fatti tanti, il più bello quello in rovesciata con il Napoli. Anche se i tre nei derby sono quelli che mi vengono in mente più spesso”.   Poi gli viene chiesto cosa vuol dire giocare in uno stadio pieno: “Mi viene in mente lo stadio del 26 maggio. Poi con la Lazio ho giocato al Bernabeu, è stata un’emozione fantastica“. Cosi come per Matri, anche per Mauri l’ultima domanda è quella dell’allenatore preferito: “Ne ho avuti tanti di allenatori. Secondo me ognuno ti insegna qualcosa, alcuni dal punto di vista tattico, altri tecnico e altri ancora umano. Devi essere bravo tu a carpire gli insegnamenti migliori da ogni mister e saperli sfruttare al meglio per la tua carriera“.



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