Un’altra notte in carcere, un’altra notte buia, infinita. In Polonia infuria la bufera, la tempesta Xaver s’è abbattuta sul Paese. La neve ha fatto danni, ha reso ancora più gelido il clima. I ventidue laziali rinchiusi nel carcere di Bialoleka, a fatica, iniziano ad intravedere luce e libertà. La settimana che si aprirà domani sarà decisiva, le posizioni saranno vagliate definitivamente, si fisseranno cauzioni e scarcerazioni. Tante famiglie stanno battagliando legalmente in mezzo alla tempesta pur di riportare a casa i parenti. Sono a Varsavia da giorni, partecipano ad incontri e riunioni, fanno la spola tra l’Ambasciata d’Italia e il carcere, riempiono scatoloni con viveri e vestiti. Dopo l’ultima riunione con gli avvocati (datata venerdì) i sorrisi son sembrati più morbidi. I ragazzi in cella hanno iniziato a sperare ricevendo la visita dei loro cari, sono supportati anche da una psicologa, non sono soli. «Che ha fatto la Lazio col Napoli?» , chiedeva qualcuno. « E’ vero che è morto Mandela?» , s’informava qualche altro.
LE TAPPE – Ci siamo, tra domani e dopodomani dovrebbe essere valutata l’istanza presentata dagli avvocati dei 10 tifosi laziali già condannati per direttissima (sei casi saranno presi in esame tra 24 ore, quattro martedì). L’obiettivo è trasformare le condanne in pena pecuniaria (mille euro a persona). I legali sperano di ottenere le prime scarcerazioni nelle prossime 96 ore, magari ad iniziare da domani. Giovedì e venerdì, invece, toccherà agli altri 12 tifosi che sono in attesa di giudizio (due blocchi distinti, uno da 4 e uno da 8), gli avvocati pensano di chiedere il patteggiamento. L’obiettivo è riportare tutti gli arrestati a casa entro venerdì. Il patteggiamento, nei fatti, prevede la condanna a due anni con la condizionale, il Daspo in Europa (tre anni) e il pagamento di una sanzione pecuniaria (circa 500 euro più una quota da destinare in beneficenza). A Varsavia da giorni stanno operando gli uomini dell’Osservatorio per le manifestazioni sportive, sono coordinati da Roberto Massucci, anche lui è presente in Polonia, hanno funzioni consuntive e di raccordo. L’ambasciata italiana guidata da Riccardo Guariglia è rimasta chiusa nel week-end dopo giorni di lavoro intenso, senza sosta. Le famiglie dei ragazzi arrestati hanno trovato un punto di riferimento nella signora Patrizia, una segretaria che vive da anni in Polonia. E’ laziale e ha trasmesso la passione biancoceleste ad uno dei suoi due figli, era alla “Pepsi Arena” in quel giovedì infernale. Le visite in carcere continueranno domani, le autorità polacche hanno informato che d’ora in avanti saranno organizzate in ordine alfabetico. Il week-end ha chiuso una settimana bollente politicamente. L’intervento del presidente Letta è servito per chiedere un’accelerazione ed arrivare ai rilasci in tempi brevi. Si sono vissuti momenti di tensione, alcune dichiarazioni infuocate hanno rischiato di creare una guerra diplomatica tra i due Paesi. Il ministro dell’Interno polacco, Sienkiewicz, ha catalogato come «banditi » i laziali fermati in Polonia. Il ministro Bonino ha risposto per le rime. La giustizia non può essere sommaria, deve essere giusta.
LE GIORNATE – In Polonia, anche oggi, per i laziali rinchiusi il tempo scorrerà lentamente. La sveglia di ogni giorno è fissata alle 6,30, il tempo di fare colazione e poi di nuovo in cella. Il pranzo in tarda mattinata, l’ora d’aria, questa è la vita in carcere. Nel penitenziario di Bialoleka ci sono dei campetti, ma non ci sono palloni, così raccontano da Varsavia. Il pomeriggio è lunghissimo, sembra che la sera non arrivi mai. Domani è un altro giorno, forse sarà meno lungo, forse sarà quello dei primi ritorni a casa. La tempesta prima o poi finirà. (Daniele Rindone)