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Ledesma: “Avrei voluto chiudere la carriera alla Lazio”. Mentre il figlio pensa ancora alla Lazio
Lazio-Ledesma: un amore di famiglia
Aver lasciato la Lazio non significa non amarla più. Questo è successo a molti giocatori, ma in particolare a Cristian Daniel Ledesma, che a Roma ha lasciato un pezzo di vita. La maglia biancoceleste sarà per sempre la sua seconda pelle e nel suo cuore ci sarà sempre la Lazio. Ma Ledesma ha dovuto lasciare la sua squadra del cuore e si è trasferito al Santos, in Brasile, dove ora gioca. Il centrocampista italo-argentino ora è concentrato sulla nuova sfida. Queste le sue parole a esportes.terra.com: “Credo di poter contribuire con la mia esperienza. Ho tanto entusiasmo. Sono arrivato qui a 33 anni e voglio continuare a giocare, non sono venuto per i soldi o la mancanza di opzioni, ma perché credo che il Santos sia una grande opportunità. Posso portare un buon livello di esperienza e mi sento come qualsiasi altro giocatore in rosa”. Poi sul calcio brasiliano: “Ho preso diverse informazioni, ma non avevo mai visitato il paese. La differenza più grande che ho trovato conl’Italia è l’intensità. Il lavoro qui è maggiore durante la settimana e nelle partite. Il calcio è diverso da quello europeo. Il livello tecnico dei giocatori del Santos mi ha sorpreso, soprattutto i più giovani. Ma è un’altra cultura. Molti sottolineano che l’ambiente è soddisfatto vista la quantità di giovani giocatori. Mi ha subito colpito l’unità di questo gruppo. Il lavoro è così diverso dall’Italia”. Ledesma ha poi parlato del suo rapporto con l’Italia: “Ho vissuto 17 anni in Argentina e 14 in Italia. Mia moglie è italiana, i miei due bambini anche. Come persona cresciuta mi ritengo italiano, ma il mio bambino interiore è argentino. In Italia sono stato padre e uomo. Mi considero argentino, ma anche molto italiano”. Poi sul Santos e la Copa Libertadores: “Sarebbe un’esperienza molto importante, ma il campionato non è finito. Penso che dobbiamo guardare il presente, e il San Paolo è vicino al Santos in classifica, quindi c’è ancora da lavorare”. Molta la differenza tra Champions League e Copa Libertadores: “I viaggi in Libertadores sono più lunghi, il tempo per recuperare è minore. E’ una competizione difficile. La Champions è un campionato con viaggi più brevi. Non so se la Libertadores sia più difficile a causa di questo, l’Europa ha anche stadi difficili dove giocare”. Poi un pensiero alla propria famiglia lontana: “I miei figli stanno studiando in Italia e non possono trasferirsi qui. L’adattamento non è un problema, il gruppo mi ha accolto molto bene. E ‘difficile, niente però rispetto a quando sono andato in Europa a soli 17 anni”. Fra qulache anno ecco come di vede Ledesma: “Dopo che avrò concluso la mia carriera vorrei allenare squadre giovanili. Ragazzi tra i 10-12 anni, il mio obiettivo è questo. Si tratta di un vecchio sogno. Vorrei aver terminato la mia carriera alla Lazio, ora vediamo quando avrò finito. Ora penso a questa realtà e alla partita contro il Flamengo. Sono a disposizione del mister”.
Una passione quella per la Lazio, trasmessa di padre in figlio, infatti, in casa Ledesma questa e stata trasmessa da papà Cristian al piccolo Daniel. Un amore vero quello per la Lazio. “O mi riporti alla Lazio o cambio sport, mi iscrivo a basket”. Così ha detto a mamma Marta il piccolo Daniel. Lui vuole ripercorrere le orme del papà e su Instagram, la stessa Marta la racconta: “Pensavo scherzasse. Invece mi ha spiazzata: ha tirato fuori tutte le sue foto dei campionati scorsi, contato i gol, raccontato che gli esercizi erano faticosi ma divertenti, confessato che maglie diverse non ne vuole indossare. Allora mi armo di coraggio, busso a Formello (sì proprio io…😰), ritiro il kit della nuova stagione, ritorno al campo Gentili due volte a settimana per la sua felicità. Oggi è la sua prima convocazione battezzata con un gol, Cristian ed io ne siamo orgogliosi! Anche se ha solo 8 anni ha già capito cosa significhi legarsi ai colori e restare con quei colori addosso anche se il tuo papà è stato costretto ad andare a giocare dall’altra parte del mondo. Poteva provare rancore, rifiuto, distacco. Invece era solo nostalgia. “Papà, io così mi sento un po’ te”. E papà da lontanissimo è il laziale più felice del mondo”.
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