classifica direttori sportivi serie a

lotito tare“E’ una pratica che ha preso piede nei paesi sudamericani e viola i diritti umani. Questi giocatori sono trattati quasi come schiavi. Dopo essere venuto a conoscenza di questa realtà, porterò avanti una battaglia per abolire i fondi. Il ragazzo vuole venire a Roma, ma il fondo inglese sta usando la metà del cartellino che detiene come arma di ricatto e io non ci sto”.

L’ostaggio in questione è Felipe Andreson, il “predicatore indignato” invece è Claudio Lotito, il presidente che ha collezionato più cause di mobbing nella storia del calcio italiano, quello che in barba a tutti i regolamenti (anche quelli che lui stesso ha contribuito a riscrivere, come l’art.7 disatteso nel caso-Zarate) e ai contratti firmati continui a trattare alcuni tesserati da presidente pre legge-Bosman, quelli che tanto per intenderci, forti del fatto che i cartellini erano di proprietà delle società, per obbligare i calciatori a rinnovare i contratti alle loro condizioni dicevano: “O accetti questo, oppure smetti di giocare”. Che lo dica un dirigente con la “fedina pulita”, ci può stare, ma che lo urli indignato Lotito che da anni non si preoccupa di tenere giocatori fermi un anno perché non firmano i rinnovi di contratto alle sue condizioni, è quasi ridicolo.

Per questo fa ridere leggere di Lotito che si indigna per l’atteggiamento del fondo inglese proprietario di Anderson. Che gli inglesi quando ci sono i soldi di mezzo non siano dei gentiluomini è risaputo, ma c’è da chiedersi come mai gli stessi responsabili della Doyen Sports non abbiano avuto problemi quando hanno trattato (e a ben altre cifre) i trasferimenti di altri due loro assistiti: Neymar e Falcao. Nessuno, in quei casi, ha sentito i dirigenti del Barcellona o dell’Atletico Madrid parlare di giocatori “ostaggio” del fondo inglese, nessuno ha sentito gli agenti di Neymar e Falcao dare dei “banditi” ai dirigenti della Doyen Sports. Forse perché Barcellona e Atletico Madrid si sono seduti, hanno iniziato e portato a termine una trattativa che volevano concludere e che si potevano “permettere”. Perché di solito è questo a fare la differenza: avere o no i soldi necessari per comprare un grande giocatore. Perché se Anderson lo è (potenzialmente) un grande giocatore, allora è normale che chi detiene i suoi diritti (anche solo in parte) voglia trarre il massimo profitto da questa cessione e non sia disposto a concedere sconti o dilazioni e, tantomeno, a fare regali. La Roma credeva in Lamela, lo voleva fortemente e alla fine ha pagato quasi 20 milioni di euro tra costo immediato, bonus e premi valorizzazione. Probabilmente troppi, ma la trattativa non si è arenata su un milione di euro di differenza o su un pagamento in 2 invece che in 3 anni, perché questo è quello che è successo con Felipe Anderson. Una storia vista e rivista talmente tante volte in questi nove che alla fine nessuno si è sorpreso dello stop alla trattativa. E tantomeno delle accuse lanciate subito dopo dai dirigenti della Lazio (e dal procuratore) ai dirigenti della Doyen Sports.

L’altra cosa che fa sorridere, se non proprio ridere, è che Lotito dica di aver scoperto solo ora questa realtà. Anche perché mente sapendo di mentire. Nel 2004, appena approdato alla Lazio, Lotito provò ad intavolare una trattativa (con tanto di colloquio telefonico con l’allora presidente del River Plate) per portare alla Lazio un giovanissimo Mascherano, ma l’affare saltò perché Lotito voleva il giocatore gratis, mentre la società proprietaria di parte del cartellino del giocatore (la stessa che all’epoca era proprietaria anche di parte del cartellino di Tevez) voleva monetizzare in qualche modo il trasferimento, al limite con un “affitto” delle prestazioni del calciatore. Lotito, quindi, conosce l’esistenza di queste società o di questi fondi da quando è entrato nel mondo del calcio, da quando fa “affari” in Sudamerica. E lo sa bene, perché alla base rottura dei rapporti con Fonseca (che a volte comprava i cartellini di alcuni giocatori dai club di appartenenza per poi rivenderli a società di calcio europee) c’è proprio un patto non rispettato da Lotito, soldi promessi ma mai arrivati.

Che poi si debba andare verso una norma che vieti anche al di fuori della Comunità Europea che i cartellini dei calciatori non siano interamente di proprietà della società per cui sono tesserati, è sacrosanto. Ma dire “non sapevo”, significa mentire. E dire “porterò avanti una battaglia per abolire questi fondi”, significa provare a indossare agli occhi della gente l’armatura del cavaliere senza macchia e senza paura, che scende però sul campo di battaglia quando la guerra è già finita. Sì, perché sono anni che la FIFA sta cercando di regolamentare la questione. E con la FIFA l’Uefa.

“Questa storia dei giocatori in multiproprietà, con i cartellini in mano non ai club ma ad agenti, società non calcistiche e fondi di investimento, è una minaccia crescente. Monitoreremo il problema perché così non si può più andare avanti e l’Uefa potrebbe arrivare a negare l’iscrizione alla Champions League ai giocatori il cui cartellino non sia di proprietà esclusiva del club di appartenenza o di quello di provenienza”.

Parole del segretario generale dell’Uefa, Gianni Infantino, intervenuto tempo fa sul caso-Tevez, giocatori da anni “affittato” da una società con capitali misti ai vari club in cui l’attaccante ha giocato. Quindi, basta raccontare “balle” alla gente, perché hanno le gambe corte, perché tra “fondi gestiti da banditi”, fax che funzionano male, mogli dei calciatori che piangono, contratti firmati ma lasciati in doppia copia al procuratore dei calciatori, ragazzi (Golasa) presi, presentati e poi persi, non c’è trattativa in cui la Lazio in questi 9 anni non abbia incontrato problemi per condurre in porto un acquisto. E quando la colpa viene scaricata sempre e comunque sugli altri, alla fine anche il tifoso più ottuso finisce per aprire gli occhi…

STEFANO GRECO – LAZIOMILLENOVECENTO



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