Claudio Lotito dopo il successo della Lazio in finale di Coppa Italia, è stato ospite nella redazione de Il Corriere dello Sport.
“I trofei conquistati hanno un valore importante perchè sono stati conquistati con squadre che poi hanno vinto tutto, come l’Inter di Mourinho o l’ultima Juventus. Ho imparato a convivere con le tensioni e con i comportamenti ostili. Quello del calcio è un mondo particolare, dove tutti parlano di tutto, senza aver competenza. E questo va ad inficiare la bontà del lavoro degli addetti ai lavori che producono risultati importanti, ma soprattutto queste persone usano la comunicazione per raggiungere degli obiettivi personali. Questo è un ambito in cui si riciclano i ruoli: a volte un giocatore poi fa l’allenatore e il ds. Le persone perbene vanno avanti per merito, altri usano la comunicazione o i tifosi per fini personali. A me questo non crea problemi, ma va a influenzare il sistema. Io non ho mai coltivato il mio interesse personale. Mi si attribuisce su un presupposto, in questo ambiente è diventato un fatto negativo avere delle conoscenze che consentono di difenderti da aggressioni di vario tipo, economiche, politiche, amministrative”.
Lei è molto attivo anche a livello istituzionale, dipende anche da questo?
“Innanzitutto ringrazio i miei colleghi che mi danno la possibilità di poterli rappresentare. Tutte le scelte strategiche della Lega e della Federazione vengono concordate. Io sono una cassa di risonanza, uno strumento esecutivo di una volontà comune. Insieme facciamo scelte che servono per migliorare il calcio. i sono battuto per obbligare le società ad adempiere tutti gli obblighi delle altre società, il pagamento di Irpef, eccetere. Prima gli stipendi sin pagavano con gli assegni, io sono stato uno dei fautori a creare di un conto dedicato e pagare con bonifici bancari. Ho inserito la norma che chi compra il 10% di una società deve portare un certificato antimafia”.
La sua preparazione è indiscutibile, però le viene rimproverato di controllare elettoralmente un numero troppo alto di club
“Io ho subito un’indagine perchè fui accusato di obbligare gente a votare per me in cambio di soldi. In realtà c’era un problema, la Federazione non dà soldi. L’assemblea della Lega Pro decide secondo la legge come ripartire i soldi. Ho assistito a tante cose, ma oggi vivo le situazioni con una filosofia diversa. Non devo dimostrare nulla in questo mondo. Ho avuto sempre lo stesso problema, diventare ingombrante perchè lavoro 20 ore al giorno. Ma mica è un reato, io cerco di assolvere sempre al massimo i miei impegni”.
La Juventus ha chiuso il rapporto con Allegri, gira il nome di Inzaghi come possibile sostituto. Resta alla Lazio?
“Anche in questo caso la comunicazione in senso generale ha sempre inviato messaggi sbagliati sul mio pensiero, la mia volontà e sulla valutazione affettiva che ho verso l’allenatore. Ci sono troppe persone che cercano di interpretare il mio comportamento dando valutazioni che non corrispondono alla realtà. Simone Inzaghi rappresenta la storia del club. L’ha fatto da giocatore, è stato il primo a venire incontro alla società nel momento di difficoltà, ha avuto dei problemi fisici quando era ancora calciatore. Io non ho mai pensato in quelle condizioni di scindere il contratto. Voleva fare l’allenatore e io gliel’ho fatto fare. Si è conquistato tutto sul campo con i suoi meriti. Ha allenato gli allievi regionali, poi nazionali, quando Bollini è salito in prima squadra con Reja ha preso la Primavera. Gli avrei fatto fare il passaggio alla Salernitana, poi non ci sono state le condizioni e l’ho catapultato in prima squadra. L’ho fatto con il convincimento che potesse dare un contributo importante. Per quanto mi riguarda non ho mai pensato a un addio. Se chiedesse di andare alla Juventus? Sarebbe un qualcosa più sul piano umano che lavorativo, mi addolorerebbe perchè non avrebbe capito il rapporto da me instaurato nei suoi confronti. Roma raccoglie tante chiacchiere che non corrispondono alla verità. Le vittorie sono il frutto del lavoro di tutti, come le sconfitte. Si vince tutti insieme e si perde tutti insieme. Simone ha adato un contributo fondamentale alla crescita della società dal punto di vista sportivo, dell’affiatamento con i giocatori, con l’ambiente. Io non ho venduto Milinkovic perchè lui me lo aveva chiesto e avevo preso un impegno. Io no mi sono prefigurato la possiblità che mi chieda di andare alla Juventus perchè ritengo che il rapporto sia su piani completamente diversi. Da parte mia c’è totale affetto, certo poi nel rapporto non so cosa voglia fare lui. Finora si è sempre dimostrato attaccato alla società e ai colori”.
L’affetto è fuori discussione però se la Juventus chiama può subentrare un po’ d’ambizione. In caso di esplicita richiesta di Inzaghi cosa farebbe?
“Non mi fascio la testa prima di rompermela. Abbiamo intrapreso un percorso insieme a lui, Tare e Peruzzi. La società è in forte crescita non soltanto economica, ma strutturale e di mentalità. C’è la voglia di dimostrare che con la professionalità, la volontà, la determinazione e lo spirito di sacrificio si possono raggiungere gli obiettivi. Oggi la Juventus è un punto d’arrivo, ma perchè non può esserlo la Lazio? Se viene a Formello ho fatto tutta una serie di investimenti perchè mi è stato chiesto da lui e da Tare. Questa nostra società, indiependentemente dai fatturati, ha delle professionalità che non tutti hanno. L’abbiamo dimostrato e lo dimostreremo. Per quanto riguarda la politica sportiva la Lazio non è l’ultima ruota del carro”.
Una partita per lo Scudetto ve la potete giocare anche voi con 400 milioni in meno di fatturato?
“Il calcio non è solo denaro. Il denaro è fondamentale, però è altrettanto vero che noi oggi abbiamo il centro sportivo più grande d’Italia, appetibile per quanto riguarda i calciatori. Io in giro ho visto degli spogliatoi che non sono quelli della Lazio. Questo è un motivo d’orgoglio per me e tutta la società Sappiamo quello che dobbiamo fare oggi e quello che dovremo fare tra tre anni. La nostra è una società sanissima a differenza delle altre che possono fatturare tanto ma sono piene di debiti, basta guardare i bilanci. Vincere per merito dà maggiori soddisfazioni. A me piacciono le sfide, altrimenti non avrei preso la Lazio con 550 milioni di debito. Io l’ho considerata una sfida al limite, come gli sport estremi. Alla fine per come sono andate le cose l’abbiamo vinta. La Lazio ha delle potenzialità e, se le persone che sono il punto di riferimento continuano a lavorare all’unisono, può raggiungere gli obiettivi fissati. Voi parlate di Inzaghi, ma Tare era un giocatore e io l’ho voluto direttore sportivo. Oggi tutti dicono che è un grande direttore sportivo. Sono tutti cresciuti grazie a un presidente che li supporta e cerca di dare la possibilità di potersi esprimere. Siamo una struttura fresca e giovane scelta sulle qualità morali e professionali. Chi può vantare oggi nel proprio organico l’ex vice capo della polizia? La qualità delle persone fa la differenza. Tare ha lo stesso profilo di D’Angelo, è un fuoriclasse nel suo campo. Inzaghi è un allenatore giovane, perchè la Juventus non l’ha preso quattro anni fa? Tutti sono abituati a comèprare il terreno edificabile, io sono abituato a prendere un terreno agricolo e trasformarlo edificabile. A volte quando io ho un tono forte che serve ad alcune sensibilità e lo uso perchè mi viene riconosciuta la capacità di esprimere certi concetti. Nella vita ci sono persone che lavorano per denaro e potere e altre che lavorano per vincere. Mia moglie è testimone e lo dice sempre che lavoro per vincere. Nella mia testa vorrei essere utile alla collettività, mettendo a disposizione tutte le mie capacità. Il mondo del calcio ha bisogno di cambiamenti radicali, serve cambiare la mentalità. Io non mi considero il più bravo, cerco di imparare da tutti. Primo, anche dalle persone più umili c’è da apprendere. Secondo, c’è il detto che dove non può il re può il fante. Le cose le deve fare chi le sa fare. Una società di calcio non è come un’altra azienda. Io sono il custode di un patrimonio sportivo che ho il dovere di conservare e tramandare. Il calcio ha un grande potere mediatico e va sfruttato in modo propositivo. Il messaggio che deve passare non deve essere individualistico. Serve certezza delle regole e i comportamenti devono essere specchiati. La Coppa Italia l’abbiamo vinta meritatamente anche grazie all’apporto che ha dato Simone con i cambi. Il rigore di Bastos? C’era anche l’espulsione per il fallo su Correa. Sarei addolorato se Simone mi chiedesse di andare alla Juventus perchè è uno di famiglia, è anche in contatto con mio figlio. La Lazio offre anche un’opportunità di un clima diverso dalle altre, una catena di comando cortissima: c’è il presidente, il direttore e Angelo Peruzzi. Andare in una struttura ambita da tutti può essere comprensibile, perchè l’organizzazione è ottima, ma credo che mancherebbe il lato familiare. Quest’anno avevo costruito una squadra in grado di competere alla pari con tutti. Poi se non è successo non è che ci sono dei colpevoli. Ci sono stati infortuni, fattori imponderabili, abbiamo sbagliato tutti. Noi ovviamente dobbiamo analizzare perchè non siamo andati in Champions per evitare di ripetere gli errori. Oggi l’Under 14 allenata da Rocchi ha vinto lo Scudetto contro la Roma e Tommaso rappresenta la continuità, lui fu il mio primo acquisto. La programmazione ora comporta di fare delle riflessioni alla fine del campionato. Poi Lotito insieme a ds, allenatore e Peruzzi fa delle considerazioni su quello che è successo e quello che deve essere e traccia il percorso per la prossima stagione”.
Cosa risponde a chi dice che lei non voglia andare in Champions?
“Questa è una leggenda metropolitana, come la spartizione delle partite con l’Atalanta. Sono chiacchiere da bar. Noi parliamo di calcio, gli altri di pallone. Indipendentemente dalle chiacchiere abbiamo un percorso in testa e lo porteremo avanti perchè è vincente. La prova è che la Lazio è la prima società per il ranking economico, ma i soldi vengono reinvestiti nelle attività della società. Ci sono state delle battute d’arresto nel cammino, ma sono sicuro che alla lunga arriveremo al traguardo. Alla Lazio non c’è un rapporto freddo lavorativo, ma un rapporto umano eccezionale: con le persone intelligenti questo può essere qualcosa di positivo, con le persone aride invece no”.
Come opererà sul mercato?
“Io faccio il presidente, nè il ds o l’allenatore. Il processo di acquisto parte dai dialoghi tra ds e allenatore, poi il ds parla con me e vediamo se è possibile soddisfare le richieste. Io oggi non posso indicare eventuali acquisti, perchè scavalcherei i ruoli. La nostra società è come un’orchestra, io sono il maestro e devo far coniugare l’operato di tutti. Noi facciamo un quadro d’insieme e scegliamo i profili, ovviamente io indico la compatibilità”.
Ci saranno più italiani nella Lazio?
“Noi non andiamo a prediligere gli stranieri. Quando dobbiamo coprire un ruolo se c’è un italiano appetibile va bene, altrimenti dobbiamo guardare altrove”.
Sullo stadio è irremovibile sul progetto sulla Tiberina?
“L’optimum per la Lazio sarebbe la Tiberina. Quella sarebbe la scelta migliore perchè c’è la ferrovia e tutte le strutture per la viabilità. Lo stadio rappresenta una struttura aperta h24 in cui i tifosi si identifichino e rappresenti casa loro. Il problema è di volontà politica perchè le soluzioni che noi prospettiamo non sono impossibili da realizzare. Adesso vedremo nel confronto se ci sarà la possibilità di poter fare qualcosa. Io sono stato l’antesignano dello stadio, ma alcune posizioni avverse non mi hanno consentito di realizzarlo”.
Che valutazione può avere oggi Milinkovic dopo il gol in finale di Coppa Italia?
“Milinkovic è il miglior centrocampista del campionato italiano. Ha margini di crescita perchè è un ragazzo giovane. La valutazione non è legata solo alle qualità , ma anche alle potenzialità che ha nell’inserimento in un determinato contesto. Non è soltanto un discorso economico, altrimenti l’avrei venduto”.
Il primo acquisto è Adekanye?
“Certo, per noi non è una scommessa ma un investimento. Quando facciamo delle scelte le facciamo a ragion veduta. Poi gli stranieri hanno bisogno di un periodo di ambientamento, vedi Luis Alberto e MIlinkovic. Certo poi il ds e l’allenatore devono ammorbidire questo adattamento, perchè l’allenatore vuole giocatori pronti subito e lì parte la dialettica. La società deve pensare al futuro e la nostra capacità è stata di individuare profili che soddisfino tutte le esigenze e qui comincia la concertazione tra le componenti”.
Lei è orgoglioso del 15° trofeo e di aver scavalcato la Roma?
“Questa cosa appartiene più agli altri che a me. Non siamo abituati a fare proclami. Noi facciamo delle scelte, anche coraggiose rispetto al modo canonico di pensare. Una volta un direttore di una mia azienda mi ha detto che sono cinque anni avanti, quindi prima subisco contestazioni poi la gente riesce a capire le mie scelte con il tempo. Quando arrivai alla Lazio trovai un giocatore che costava 90 miliardi e non giocava. Ma posso comprare qualcosa a scatola chiusa? Per quello ho inventato il prestito con il diritto di riscatto. Per chi viene da un’attività imprenditoriale e vive la realtà quotidiana questo è normale. Nel mondo del calcio non è così, per questo va riassettato. I soldi che le società producono devono rimanere nelle tasche della società, vanno pagati i dipendenti. Il merito va premiato”.
A Inzaghi quanti anni proporrà?
“Noi avevamo già un impegno che ci saremmo visti alla fine dell’anno. Per quello che dipende dalla mia volontà Inzaghi rimarrà sine die. Certo non faccio un contratto di un anno, infatti lui aveva un contratto di tre anni. Per dare stabilità al progetto serve questo”.
Fonte: lalaziosiamonoi
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