Abbiamo a che fare con un individuo che, come nell’ennesimo sproloquio andato in onda ieri a Radio Deejay, dice di essere pronto al dialogo con i tifosi, ma solo con quelli che non contestano.
Ma che dialogo si può avere con un personaggio che da anni accetta solo interviste che, grazie alla compiacenza di chi regge il microfono o di chi scrive, si trasformano sempre in monologhi senza contraddittorio? Che dialogo si può avere con uno che in quasi dieci anni non ha mai ammesso un errore e non ha mai risposto ad una domanda scomoda? Che dialogo si può avere con un personaggio che anche ieri ha detto che “lui non compra giocatori a 90 miliardi (riferimento a Mendieta, ndr) che poi giocano due partite”, ma che non dice che per Zarate la Lazio ha speso (tra prestito, acquisto del cartellino, ingaggi e commissioni) 40 milioni di euro, quindi circa 80 miliardi, per restare poi con un pugno di mosche in mano? Che dialogo si può avere con uno che non ricorda che Cragnotti ha comprato Nedved a 8 miliardi e lo ha rivenduto a 75, che ha preso Vieri a 43 miliardi e lo ha rivenduto dopo un anno a 90, che ha preso Veron a 40 e lo ha rivenduto a 75, mentre lui ha speso 8 milioni di euro per Makinwa, 10 per Carrizo, più di 4 per Pandev per racimolare zero, arrivando a perdere più di 14 milioni di euro solo per Pandev per fare il duro? Che dialogo si può avere con uno che dimentica che con Cragnotti la Lazio è stata testa di serie numero 1 dell’Uefa nel sorteggio della Champions League del 2000, dopo tre finali europee (2 vinte) giocate nell’arco di 27 mesi? Mentre con lui siamo andati una volta in dieci stagioni in Champions League, per giunta in un anno in cui la Juventus era in Serie B con il Napoli e Milan e Fiorentina erano pesantemente penalizzate? Che dialogo si può avere con uno che, suscitando imbarazzo e disapprovazione dei presenti, in più di una cena nei salotti romani ha dipinto come un“delinquente” Gabriele Sandri, ma che anche in presenza di una sentenza definitiva non ha mai espresso un giudizio su chi ha assassinato quel ragazzo che aveva come unico colpa quella di dormire in una macchina mentre stava andando a Milano a vedere la Lazio? Che dialogo si può avere con uno che si professa laziale e che nella prima intervista a “Panorama” il 16 agosto del 2004 (http://archivio.panorama.it/Calcio-pulito-Arriva-Wonder-Lotito) al test di “Lazialità” fatto dalla giornalista che gli chiedeva la formazione dello scudetto del ’74 ricordava solo i nomi di “Pulici, Wilson, Oddi, Re Cecconi e Chinaglia?” Ognuno di noi, a 30 anni dallo scudetto della Roma di Liedholm, ne ricorda almeno 5-6 di nomi dei giocatori di quella squadra, ma a distanza di 40 anni non fa nessuna fatica a recitare come un rosario i nomi della Lazio del primo scudetto: “Pulici, Petrelli, Martini; Wilson, Oddi, Nanni; Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico”. In rigoroso ordine dall’1 all’11.
Che dialogo si può avere con uno che da quasi 9 anni usa lo “Stadio delle Aquile” come specchietto per le allodole per rendere edificabili dei terreni di proprietà della famiglia della moglie sulla Tiberina, che per anni ha detto che aspettava una legge dello stato per partorire un progetto già pronto, ed ora che la legge c’è non ha presentato neanche un disegno su un foglio unto di carta da pizza? Siamo partiti prima di tutti (a parole), siamo finiti già dietro la Juventus e l’Udinese e finiremo dietro la Roma, la cui nuova proprietà presenterà (a meno di 3 anni dall’insediamento) a fine mese location e progetto del nuovo stadio?
Questo è il personaggio con cui abbiamo a che fare, uno che da sempre ha usato la Lazio per scopi personali. E non sono “chiacchiere di chi non sa le cose” come dice lui, ma fatti scritti nero su bianco nei bilanci. Circa 6 milioni di euro versati dalla Lazio alle sue aziende da luglio a dicembre del 2013! Le stesse aziende che negli stessi mesi dell’anno precedente avevano incassato (per gli stessi servizi forniti…) meno di 2 milioni di euro. Uno che per darsi un’immagine di uomo forte del calcio italiano e per scalare posizioni per entrare nelle stanze dei bottoni ha fatto guerra a tutto il mondo, dentro e fuori le aule di tribunale. E a pagare il conto della sua scalata (anche economico) è stata la Lazio. Uno che per dimostrare di avere il sostegno delle istituzioni a Lazio-Sassuolo si è trascinato allo stadio il suo “amico” Beretta e che sarebbe capace di imbucarsi in Vaticano per affacciarsi dietro al Papa dal balcone durante l’Angelus domenicale pur di mostrarsi potente. Perché solo quello gli interessa: il potere. Non da esercitare per il bene della Lazio, semmai per chiedere aiuti per far arrestare i tifosi della Lazio o per mettere in qualche modo il bavaglio a chi osa contestarlo, a chi si ostina a raccontare verità scomode o a fare domande imbarazzanti alle quali non ha mai risposto e mai risponderà.
Questo è il personaggio con cui si dovrebbe dialogare? No, questo è il personaggio che merita solo di ritrovarsi in uno stadio vuoto, per sancire in modo palese e definitivo il suo fallimento.
STEFANO GRECO
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