Maurizio Manzini è intervenuto ai microfoni di Lazio Style Channel nel giorno del suo compleanno:

“Gli anni del binomio Manzini-Lazio iniziano ad essere tanti ma io ricordo ancora il primo giorno in cui sono entrato qui. Non ho mai rimpianto un minuto della mia vita in biancoceleste. Varcare per la prima volta il cancello di Tor Quinto da dirigente della S.S. Lazio è stata un’emozione molto forte, lo avevo già fatto altre volte in vesti diverse.

Le sensazioni, quando la Lazio vince, sono sempre le stesse: per noi le vittorie non sono mai stati semplici, che fosse contro il Real Madrid o contro, appunto, il Sassuolo. Quelli laziali sono sempre successi sofferti; chi ha vissuto le traversie biancocelesti, sa a cosa mi riferisco.

Immobile rappresenta un ideale ponte tra l’oggi ed i grandi centravanti che la Lazio ha avuto: la storia ultracentenaria di questo club è caratterizzata da grandi calciatori, ma soprattutto da eccezionali portieri ed attaccanti, come Zibetti, per esempio, detto ‘nonno Zibetti’ perché quando lui arrivò nella Capitale era già più in là con gli anni: in un derby lui disputò una prestazione straordinaria, parando di tutto.

Le mie tre partite? Sicuramente una è la Coppa delle Coppe, un’altra è quella di Napoli con il Campobasso. Queste due rappresentano i massimi, sia in positivo che in negativo, e per chiudere inserisco anche Lazio-Foggia che è valsa il primo Scudetto.

Elencare tutti gli amici è praticamente impossibile, ma non posso dimenticare Terraneo, portiere che tenne insieme lo spogliatoio nell’anno dei -9, lui insieme a Fascetti, quando decise di convocare la squadra e spiegare chiaramente la situazione al gruppo pronunciando la celebre frase: “Chi vuol andare, senza remore, è comprensibile”, ma alla fine rimasero tutti. Infine, ricordo Gascoigne, con tutte le sue stramberie: è una persona dalla bontà e dalla generosità senza pari.

Siamo con orgoglio la più antica polisportiva d’Europa, nessuno può vantare questo, siamo un Ente morale, è nel nostro destino.

I due centri sportivi di Tor Di Quinto e Formello rappresentano per me, rispettivamente, Lenzini e Lotito. Quella degli anni ’70 era una Lazio semplice, acqua e sapone, aperta a tutti, il pullman della Società partiva per la trasferta con il Presidente ed i tifosi, mentre la squadra muoveva in aereo. Nei suoi ultimi giorni, il patron Lenzini era a casa sua senza nulla, perché aveva dedicato e speso tutta la sua vita per la Lazio ed i suoi tifosi.

A me stesso, auguro di continuare a vivere questo sogno e spero, con tutto il cuore, senza retorica, che, quando dovessi svegliarmi da questo sogno, io possa entrare in un sonno ancora più lungo. Ai laziali voglio dire di continuare ad amare questa Società e questa squadra perché senza di loro tutto questo non ci sarebbe, li ringrazio per quello che hanno fatto, fanno e faranno, so che i tifosi resteranno al fianco della squadra sempre, ed ancor più nelle sofferenze”.



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