In occasione dei 120 anni della Lazio non poteva mancare la testimonianza di Massimo Maestrelli, figlio della leggenda biancoceleste Tommaso Maestrelli “Er maestro”.
“Di questi 120 quasi 50 li ho vissuti. Sono orgoglioso di aver condiviso questa storia affascinante. Al tempo, quando arrivò l’offerta dei biancocelesti, non capivamo perché babbo preferisse la Lazio in B alla Roma in Serie A, nessun altro allenatore l’avrebbe mai fatto. Mio padre da giocatore era stato anche capitano della Roma che con lui andò in Serie B, è stato la parte più negativa della storia dei giallorossi (ride, ndr). Poi ho capito che cosa vide in quella scelta, andava oltre al lato tecnico o a una una scommessa. A Piazza della Libertà c’era un profumo e un’aria diversa, il profumo che si sente nella parte laziale di Roma non lo si può percepire da nessun’altra parte nel mondo”.
LA SALVEZZA MENTRE LOTTAVA CONTRO IL TUMORE
“Lui conosceva le proprie condizioni di salute, andò a Como (nel 1975/76 per salvarsi la Lazio si giocava tutto nell’ultima partita a Como, ndr) con la febbre alta, era consapevole di stare male ma non voleva che la Lazio scendesse in Serie B. Fu la sua ultima esperienza, drammatica e bellissima. Quando tornò da Como era più felice di quando vinse lo scudetto. Ha portato la Lazio in A, ha vinto lo scudetto e poi l’ha salvata dalla B. Quando la Juve e l’Italia lo chiamarono rimase indifferente, la sua ambizione era la Lazio. Casa sua”.
Inzaghi come Maestrelli
“Simone è il primo tifoso della Lazio, come lo era mio padre. Vivono la società oltre al ruolo di allenatore. Non esistono in Italia allenatori tifosi, che hanno giocato da calciatori nella squadra che allenano. Rivedo il sorriso di babbo in quello di Simone. Inzaghi appena vede un’ammonizione cambia il giocatore, come mio padre. Vedo queste similitudini. Il sogno di entrambi era quello di allenare la Lazio”.
Lo scudetto
“Lui era convinto che avrebbe vinto lo scudetto. Il primo anno in A perse all’ultima giornata, ed era molto più difficile confermarsi l’anno dopo. Ma lui disse a me e mio fratello Maurizio: “Lo cuciremo l’anno prossimo”. Poi quando lo vincemmo la Lazio ne mise sulla maglia uno di plastica, non ci piaceva, e lui ci disse che per farci contenti l’anno successivo lo avrebbero cucito. Poi si è ammalato ed è andata così”.
La Lazio di Simone Inzaghi
“Anche Simone dovrebbe credere nello Scudetto, ha fato 6 gol alla Juve in 15 giorni. Giochiamo alla pari con tutti, sognare non costa nulla stando coi piedi per terra. Nove vittorie di fila sono una cosa straordinaria, nessuno aveva mai eguagliato la Lazio di Eriksson. A distanza di anni la Lazio ripropone delle similitudini periodiche, mi auguro che ci possa far gioire a fine anno. Ma in ogni caso sarò contento, perché questa Lazio ci tiene incollati al seggiolino dello stadio o al televisore, ci fa divertire”.
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