Ormai per Mauricio è il primo anno solare con la maglia della Lazio e non vede l’ora di ricominciare il 2016, con la speranza di cancellare finalmente questo alone di negatività, e chissà anche il suo andamento peggiorato dall’inizio di questa stagione.
Ad alcuni giornalisti brasiliani ha parlato un po’ di sè, dalla sua disciplina in campo, passando per questo maledetto sogno chiamato Nazionale Brasiliana.
In tutta la carriera hai sempre raccolto un numero ragionevole di cartellini. Ci sono grandi differenze tra arbitri europei e brasiliani?
“Nel complesso, gli arbitri hanno gli stessi criteri. Ciò che cambia un po’ è il modo di interpretare la partita. In Italia e in Portogallo gli arbitri sono più inflessibili, a loro di solito non sfugge nessuna scorrettezza. Parlando di cartellini, rivedo sempre le mie prestazioni per cercare di non rifare gli stessi errori e migliorarmi. Confesso che alcuni provvedimenti presi nei miei confronti sono sembrati esagerati, ma comunque io provo sempre ad essere cauto negli interventi”
Il derby di Roma, conosciuto come il ‘Derby della Capitale’, è una partita molto sentita. Ti aspettavi un livello di rivalità tra Lazio e Roma così alto? Che atmosfera si respira in prossimità del match?
“Certamente è una partita a sé, unica: a me non è mai capitato prima di giocare un match simile. La rivalità si percepisce molto, in città si respira un clima diverso, i tifosi cominciano a parlare della partita con un mese di anticipo e quest’atmosfera si trasmette anche ai giocatori. Io esco rafforzato da questo tipo di incontri e l’importanza del match mi spinge a dare tutto in campo. Anche se il risultato dell’ultimo derby non era quello che ci aspettavamo”
La Lazio è imbattuta in Europa League, ma in Serie A non va tanto bene. Come mai?
“La squadra è la stessa che si è qualificata per il turno successivo in Europa. Abbiamo avuto un grande cammino, l’idea di fare bene nel 2016 non cambia. In campionato vogliamo rialzarci e lottare per il titolo, dobbiamo pensare e agire in grande. Alleniamo la mente per poi andare sul campo e fare del nostro meglio”
Quali sono i tuoi progetti futuri? Credi ancora in un posto in Nazionale?
“Per mia abitudine rifletto giorno per giorno, senza ansia. Ora penso di chiudere il girone d’andata con la Lazio e riuscire ad essere uno dei migliori difensori. Alla fine dell’anno vediamo se ci saranno altri progetti. Tutto questo è perché voglio tornare ad alti livelli e ricordare al ct del Brasile che ci sono anche io. Sarebbe bello difendere i colori del mio Paese”
Quale deve essere per un difensore il riferimento in marcatura? L’avversario, la palla o lo spazio?
“In Italia sono cresciuto molto tatticamente. Il mister ci fa giocare molto alti. Con questo tipo di gioco non c’è modo di marcare a uomo gli attaccanti, la squadra è compatta e ci sono pochi spazi. È tipo di gioco ideale per capire il posizionamento degli avversari e cercare di anticiparli. In partita tutto viene deciso in una frazione di secondo. Bisogna essere concentrati al massimo per 90 minuti”
Da un po’ di tempo, c’è la tendenza nel calcio mondiale di formare difensori aggressivi, che pensano poco ma giocano di istinto. Tu come sei stato istruito al Palmeiras?
“Il Palmeiras mi ha dato la più grande opportunità della mia vita. Sono grato a tutti per quello che hanno fatto. Sono cresciuto come atleta e come persona. In campo ero sempre attento a tutte le fasi, ho iniziato a 13 anni. Oggi la situazione si è evoluta, contano il posizionamento e i passaggi. Nel calcio moderno la palla è una priorità”
Il campionato italiano è tradizionalmente un torneo basato molto sul contatto fisico. Il contesto ti favorisce? Pioli gioca con una difesa alta, è un bene o un male?
“Mi piace il corpo a corpo, sono in grado di controllare bene gli attaccanti che fanno questo tipo di gioco. In Italia ce ne sono diversi. Luca Toni, per esempio, è uno di quei calciatori che mi permette sempre di agire con intelligenza. Affinché funzioni una difesa alta, che piace molto a Pioli, c’è bisogno di una costante comunicazione con i colleghi di reparto. Di solito infatti, noi difensori, (Basta, De Vrij, Gentiletti, Konko, Hoedt e Radu) parliamo molto per non lasciare spazio agli attaccanti”
Per quanto riguarda la formazione fisica, si può dire che in Brasile il tempo sia gestito male?
“Ogni paese ha una sua metodologia di lavoro. In Brasile, oggi, ci si rende conto che correre è importante. In Portogallo i ritmi sono più alti, in Italia si tocca di più la palla. La formazione non è diversa, si fanno esercizi fisici di routine a parte. Poi si lavora con la palla per quanto riguarda il lato tecnico. In Europa, in generale, gli allenamenti sono più intensi, a volte si fanno doppie sedute. La professionalità in generale è diversa, si fa attenzione anche a come l’atleta si comporta fuori dal campo”
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