Provocazione: meglio avere in casa un razzista o un infame?
Io, personalmente, non avrei dubbi. Ma la risposta la lascio a voi. Ognuno si darà la risposta che preferisce. Perché è giusto così. Però, per piacere, giudicate con la vostra testa e con i vostri occhi. E poi decidete. Non fate decidere per voi dagli organi di stampa.
Si è parlato tanto in questi giorni dei deplorevoli “Buuuuhhh” fatti ai giocatori di colore della Juve da parte dei cattivoni tifosi laziali. Ci hanno fatto, addirittura, credere che il povero Pogba si sentisse davvero solo soletto contro 30000 ignoranti. Indifeso. Impaurito.
Si è parlato tanto della chiusura della Curva Nord per razzismo. E ne ho già parlato ampiamente su quello che penso a riguardo e su quale sarebbe la giusta soluzione.Però ora vorrei da parte di tutti i media la giusta attenzione di fronte all’ennesimo scempio di una tifoseria che da 34 anni, ormai, non perde occasione di gettare fango su un uomo ucciso allo Stadio. Un uomo che dovrebbe essere un simbolo del “mai più” tra tifoserie e che, invece, ciclicamente, sale alla ribalta suo malgrado. E con lui la sua famiglia. Che mai dimenticherà. Ma che vorrebbe solo vivere una vita “normale”. Per quanto normale possa essere portare sulle spalle il cognome “Paparelli”.
Ne abbiamo lette tante, in questi anni, sul povero Vincenzo. Gli è stato ricordato, quando la Lazio dominava in Italia e conquistava in Europa, che si stava perdendo “i tempi belli”.
Gli è stato detto che gli hanno “arzato er razzo in faccia”. Gli è stato augurato di moltiplicarsi. 10, 100, 1000 come lui.
Ma tutto ciò è sempre passato in secondo piano. Senza mai avere il giusto rilievo da parte di una stampa che si prodigava, quello si, perché molto più importante, di dare risalto ad un murales (peraltro orrendo) del Pupone, cancellato da un gruppo di tifosi laziali. Con tanto di interrogazione al Comune e intenzione di farlo rifare con i soldi dei contribuenti. Compresi i miei, quindi. Che quei colori li odio.
Ma ora credo sia giusto tracciare una linea. E dire “Basta!”. Perché quello che ho letto ieri su quel muro dopo una cena con i miei colleghi e che ho prontamente fotografato, è la goccia che fa traboccare il vaso.
Ricordo il derby di due anni fa che la Lazio vinse con un goal di Mauri. L’attenzione mediatica fu tutta per il povero Juan che zittiva i cattivoni laziali che lo fischiavano. Ricordo il caos mediatico. Ricordo tutto. Ma non ricordo nessuna alzata di voce da parte di qualche autorità per annunciare sanzioni al prossimo murales infame.
Sanzioni? Si, sanzioni. Perché credo che sia giunto il momento di finirla. E non mi importa nulla se pagherà gente che non c’entra nulla. In fondo, mica tutti i laziali hanno insultato Pogba. Ma molti, domenica, resteranno a casa. Pur essendo persone civili.
Ricordo un’intervista al figlio di Vincenzo di qualche anno fa. Lui raccontava come, negli anni passati, andasse in giro la notte con la vernice per cancellare le scritte contro il padre per far si che la madre, il giorno dopo, non le vedesse. Un gesto d’amore estremo e totale nei confronti dei genitori.
Beh. A me, quel ragazzo che andava in giro con la vernice, è sempre tornato in mente ogni volta che compariva una scritta del genere. Lo immaginavo con le lacrime agli occhi. Pieno di rabbia. Lo immaginavo intento a reprimere sentimenti di vendetta. Lo immaginavo a tranquillizzare la madre. Lo immaginavo piangere mentre dava i cazzotti al muro.
Beh, forse chi arriva a scrivere quelle cose, ad insultare un morto innocente reo solo di avere avuto una Passione pura e di volerla condividere con la moglie, forse un padre non lo ha mai avuto. E non intendo fisicamente.
Perché quelle parole, quella “goliardia” (termine che esce fuori quando si giustificano le azioni di una certa tifoseria), sono frutto di una sottocultura becera e demente. Sono figlie dell’ignoranza e dell’infanzia. Sono le parole che trasformano un infame in un potenziale assassino. Perché chi insulta i morti, può non pensarci due volte a crearni altri. Di morti. Magari con una goliardica puncicata a Ponte Duca d’Aosta.
Noi laziali saremo, quindi, pure cattivi, fascisti e razzisti. Questo hanno sentenziato la UEFA e il giudice sportivo. Ma se tanto mi da tanto, voi siete assassini ed infami. Perché questo è quello che trasuda dai muri di questa città. E tra un razzista e un infame, preferisco cento volte un razzista.
Preferisco uno che mi urla “Buuuhhh” in faccia piuttosto che uno che va di notte a insultare i morti. Nascondendosi poi tra le pieghe della sua vita da topo di fogna. Questo è il vostro marchio d’infamia. Io, personalmente, non vi tollero più. E se ieri ho usato la macchinetta fotografica per sputtanarvi. Spero un giorno di beccarvi all’opera. Per fare un po’ di giustizia, finalmente.
Nel nome del Padre. E del Figlio.
FONTE : IO CAMPO DI LAZIO
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