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Palazzi può riuscire dove ha fallito Lotito: ricompattare l’ambiente
La parola “pace”, è stata cancellata da tempo dal vocabolario laziale, da così tanto tempo da pensare che forse non sia mai realmente esistita. Noi non abbiamo pace da sempre, anche quando vinciamo c’è sempre qualche nube all’orizzonte che minaccia tempesta, quindi eravamo già preparato a questa nuova bufera. Sì, perché sono almeno 15 mesi che sentiamo parlare di deferimenti, Mauri squalificato e di Lazio penalizzata, quindi quello che è successo ieri ha dato fastidio, ma neanche più di tanto, perché era come una di quelle cambiali che prima o poi vanno in scadenza. Quello che da fastidio, è tutto il resto, quello che gira intorno a questa vicenda, soprattutto il volo degli avvoltoi che sperano nella morte della Lazio per avere un po’ di avanzi di cui cibarsi in tempi di magra.
Sì, avvoltoi. Basta leggere le previsioni sui punti di penalizzazione, ad esempio, per capire chi sono quelli che stanno usando questa vicenda per celebrare un processo mediatico in grado di condizionare chi dovrà poi decidere realmente i destini della Lazio e di Mauri. Per questo ho aspettato a scrivere, volevo godermi lo spettacolo di chi, dando per scontati gli illeciti, tira fuori la calcolatrice per stabilire quanti punti deve avere di penalizzazione la Lazio: 4-6 punti per l’ANSA, 6 punti (più multa) per Repubblica, 2 punti per la Gazzetta. A seconda del tifo, insomma, verrebbe da pensare. In realtà, brancolano tutti nel buio, perché dopo le sentenze viste nell’ultimo anno oramai non ci sono più certezze.
Come ho sempre scritto, io non metto la mano sul fuoco sull’innocenza di Mauri come non la metterei su quella di nessuno a priori, ma ho abbastanza esperienza in materia per sapere che non tutti quelli che finiscono nel “tritacarne mediatico” del giustizialismo italiano sono per forza di cose colpevoli. Senza scomodare il caso-Tortora come ha fatto ultimamente e come farebbe Berlusconi se si trovasse nei panni di Stefano Mauri o in quelli di qualsiasi tifoso della Lazio, io ripeto fino alla noia che per condannare qualcuno servono le prove! Non gli indizi o bei castelli accusatori che costruiscono tanti PM e che ha costruito a volte anche la Procura Federale, ma che poi in aula si sgretolano fino al punto da crollare miseramente: e il caso Napoli-Cannavaro è forse l’emblema di come viene gestita la Giustizia Sportiva in Italia. Perché i castelli sono belli da vedere, ma se non hanno fondamento, ovvero prove schiaccianti a supporto delle tesi, non si va da nessuna parte quando si porta in tribunale una società che fattura un centinaio di milioni di euro all’anno e che fa parte integrante di un sistema che produce soldi. Che piaccia o no, questa è la realtà. E lo abbiamo visto pochi mesi fa. Nel caso Napoli-Cannavaro, non solo c’erano le prove, ma c’era anche la confessione di Cannavaro che aveva ammesso di aver ricevuto la proposta di combine da parte dell’ex compagno di squadra, ma che l’aveva rifiutata. Ma non l’aveva denunciata. Quindi, l’omessa denuncia da parte del calciatore era palese e di conseguenza lo era anche la responsabilità oggettiva da parte del Napoli. E come è finita? Dopo aver ricevuto una penalizzazione di 3 punti, il Napoli se l’è vista togliere e Cannavaro si è visto annullare la squalifica. E questo è un caso che non può non fare giurisprudenza. E con questo precedente, anche i 2 punti di penalizzazione di cui parla la Gazzetta sarebbero troppi, perché regolamento alla mano l’Uefa potrebbe anche decidere di estromettere la Lazio dalla prossima Europa League. Indovinate un po’ a vantaggio di chi? Ma se c’è la Lazio di mezzo o se si cerca di metterla comunque in mezzo, il discorso è diverso e le regole o i precedenti recenti non contano più.
“Oltre ogni ragionevole dubbio”!Questo prevede il codice per emettere una condanna. Il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, rappresenta il limite alla libertà di convincimento del giudice, per evitare che l’esito del processo sia rimesso ad apprezzamenti discrezionali, soggettivi e confinanti con l’arbitrio: si tratta di un principio che permea l’intero ordinamento processuale e che trova saliente espressione nelle garanzie fondamentali inerenti al processo penale quali la presunzione di innocenza dell’imputato, l’onere della prova a carico dell’accusa, l’enunciazione del principio in dubbio e l’obbligo di motivazione e giustificazione razionale della decisione a norma degli artt. 111 c. 6 Cost. e 192 c. 1 c.p.p. (Cass. pen. sez. I 14 maggio 2004).
Non voglio dare lezioni di Giurisprudenza a nessuno, ma questo prevede la legge. E di prove schiaccianti io non ne vedo, di dubbi tanti. E se la Giustizia Sportiva non è riuscita a ottenere la condanna di Cannavaro (reo confesso di mancata denuncia di una proposta di illecito) e del Napoli per responsabilità oggettiva, qualcuno mi dovrebbe spiegare su quali basi si può costruire un processo contro Mauri e Lazio. Due combine, la prima (Lazio-Genoa) con i soli Mauri e Milanetto indagati e per la quale non si è trovata neanche una telefonata tra i due giocatori; la seconda, con Mauri indagato e anche in questo caso senza nessuna telefonata tra i giocatori delle due squadre. E con Gegic, indicato dal pentito Gervasoni come l’uomo che faceva da tramite con Mauri per organizzare le combine, che da quando si è consegnato ha negato in tutti gli interrogatori di aver mai conosciuto e di non aver mai neanche parlato con Mauri. Insomma, con chi le avrebbe combinate queste partite Mauri? Una volta, le combine si facevano con almeno 4-5 giocatori da una parte e altrettanti dall’altra coinvolti e spesso e volentieri non andavano neanche a buon fine. Ora ci vogliono convincere che si può fare una combine anche senza un solo colloquio provato tra i protagonisti in campo. E dopo che non sono riusciti ad ottenere una condanna neanche per un caso lampante come quello in cui erano coinvolti Cannavaro e per responsabilità oggettiva il Napoli, ora vogliono tirare dentro noi per ridare credibilità alla Giustizia Sportiva italiana.
Non lo so come finirà, perché con quello che si è visto in questi anni neanche l’indovino degli indovini si sbilancerebbe in un pronostico. Quello che so, ma soprattutto che percepisco, è che Stefano Palazzi potrebbe riuscire in un’impresa che non è riuscita e che non riuscirà mai a Lotito: ricompattare l’ambiente della Lazio. Convincere tutti a scendere in piazza per la Lazio, superando divisioni e rancori che in questi anni spesso e volentieri hanno sconfinato anche nell’odio. Perché noi abbiamo sempre pagato, perché noi al contrario di altri non abbiamo mai goduto di nessuna copertura e di nessuna insabbiatura, ma non siamo disposti a recitare il ruolo dell’agnello sacrificale per consentire ad Abete di dimostrare a Malagò che la Giustizia Sportiva funziona. Certo, i comportamenti di Lotito e la sua battaglia personale per scalare le vette del potere sportivo (che lo ha portato a scontrarsi apertamente sia con i vertici della Federcalcio che con quelli del Coni) di certo non ci aiutano, ma in questo momento me ne fotto altamente di Lotito e di quello che rappresenta. In questo momento c’è di mezzo la Lazio e non ho intenzione di accettare passivamente che venga usata per ridare immagine e credibilità a qualcuno. Anche se fossero solo due punti, non ci sto. Voglio le prove, inconfutabili, della colpevolezza di Mauri. Se ce le presentano, allora saremo i primi a non avere nessuna pietà per Mauri, ad accettare il verdetto e quindi anche l’eventuale penalizzazione, qualunque sia. Perché noi abbiamo sempre pagato. Noi…
STEFANO GRECO – LAZIOMILLENOVECENTO
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