Meno tre giorni al derby di Roma. La Lazio archivia la semifinale d’andata di Coppa Italia con il Milan e punta la stracittadina. Non una sfida qualsiasi. Ai microfoni di DAZNMarco Parolo ha detto la sua sul match: “Nella settimana del derby a Roma cambiano gli occhi delle persone. Si trasformano, diventano adrenalinici, qualcosa di molto intenso e quando poi vieni a vivere qui, in qualche modo lo fai tuo”. Una parola per definire il derby: “Energia, perché è una partita che ti prosciuga, se fossi un tifoso a fine derby avrei bisogno di tre giorni di riposo”. Riti scaramantici: “Nel derby c’è una playlist, magari nelle altre partite no”. Sul supporto dei tifosi: “Il mio primo derby è stato incredibile, abbiamo fatto riscaldamento sotto la Curva. L’energia che mi ha dato è indescrivibile. Da lì ho capito cosa significa essere della Lazio. Sentire l’inno cantato da così tanta gente dà una carica incredibile. Una delle cose più belle del calcio”. E quando mancano pochi secondi al fischio d’inizio “penso a mio nonno che non c’è più. Diceva che ero una puntina, perché calciavo sempre di punta. E allora mi dico ‘speriamo di calciare di punta e fare gol”.
DERBY DI ROMA –“Lo senti anche quando fai il riposino pomeridiano: certi giorni dormi due ore e nemmeno te ne accorgi, il giorno del derby massimo una mezz’oretta, sei molto più adrenalinico. Non puoi capire la città se non vivi almeno un derby e poi speranza, quella di vincere ovviamente. Critiche? È giusto che la gente critichi, fa parte del nostro mondo, ma tu devi saper tenere un tuo equilibrio. Ricordo il primo anno di Pioli, contro la Sampdoria in casa durante il riscaldamento avevo sentito qualche fischio per dei tiri fuori, poi in partita ho segnato e a fine stagione sono arrivato a 10 gol. Sono momenti in cui devi saper tirare fuori qualcosa in più”.
AMICI ROMANISTI – “Faccio fatica a sentire le persone sotto il derby, mi isolo molto. I compagni di Nazionale romanisti? Nella settimana del derby non si sente nessuno. Ci si saluta a fine partita, poi succede sempre che chi vince va a salutare quello che perde, che chiaramente non ha voglia di salutarlo”. Poi sullo scambio di maglie: “Io sono un po’ reticente a farlo in campo. Preferisco farlo negli spogliatoi, sotto la curva preferisco andare con la maglia della Lazio”. Sull’ausilio di un mental coach per certe partite: “Non ho mai pensato di usare una figura del genere. Ho fatto un mio percorso, ho vissuto alti e bassi e ho avuto la forza di capire i miei errori e il perché li abbia fatti. Alla fine devi fare delle grosse analisi su te stesso, confrontandoti con allenatori e giocatori più esperti, perché poi in campo devi rispondere tu delle tue azioni, non puoi appoggiarti a una figura esterna”.
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