Tagliare, risparmiare, rivedere e ottimizzare… Questa, in parole povere, è la “spending review” che sta caratterizzando questi anni di crisi del sistema-Italia e che sta toccando tutti: dallo Stato alle imprese private, calcio compreso. Per anni, sull’onda dell’euforia del boom degli anni Novanta, il Paese ha viaggiato a ritmi economicamente insostenibili, soprattutto il mondo del calcio. E ora, stiamo pagando gli effetti di quelle spese folli e la conseguenza di tutto questo è il ridimensionamento del sistema-calcio italiano, anche se oggi i nostri club possono contare (grazie ai diritti tv venduti a peso d’oro e fino al 2020) su entrate garantite decisamente superiori rispetto a dieci anni fa! Un esempio? Quando Lotito ha preso in mano la Lazio, la società aveva un contratto con SKY che le garantiva circa 35 milioni di euro (57,5 milioni nel bilancio al 30.6.2004 grazie alla partecipazione alla Champions League), per una squadra che stava stabilmente in zona Champions League. Ora, con una squadra che sotto la gestione Lotito ha una media di piazzamenti nel decennio tra l’ottavo e il nono posto, la Lazio incassa oltre 55,5 milioni di euro garantiti, che nella stagione 2012-2013 sono diventati oltre 70 grazie ai soldi dei diritti tv incassati dall’Uefa per la partecipazione all’Europa League.
Insomma, la Lazio di Lotito incassa 20 milioni di euro in più “garantiti” rispetto al 2004 e spende 20 milioni di euro in meno di monte ingaggi (nel bilancio al 30.6.2004 figurava un costo di 82.617.434 euro, sceso rispetto ai 102.401.481 euro della stagione 2002-2003) rispetto a quando si è insediato Lotito, ma i conti non tornano: risultati peggiori, squadra tecnicamente nettamente inferiore a quella di allora e in vista della prossima stagione si parla di ulteriori “tagli”, in perfetto stile “spending review”. Ma c’è qualcosa che non torna…
E’ giusto contenere i costi, ma perché questo vale solo per la squadra e non per tutte le spese della società, soprattutto quelle legate alle “parti correlate”, ovvero alle aziende di proprietà di Lotito che prestano “servizi” alla Lazio pagati a peso d’oro? Per funzionare, l’azienda calcio deve produrre spettacolo e lo spettacolo lo si mette in piedi ingaggiando buoni attori, non mezze figure spacciate per star. Come si è fatto spesso e volentieri fino ad oggi, buttando decine di milioni di euro dalla finestra. E perseverando. Un esempio? Perché, progettando tagli per la prossima stagione la Lazio non mette in cima alla lista delle priorità la cessione (anche a costo zero…) di uno come Cana che ci costa 3,5 milioni di euro all’anno e fa la riserva di lusso? E dopo di lui via gente risultata inutile come Novaretti, Ciani, Pereirinha e via discorrendo, mentre invece è già partito Hernanes e stanno sul binario di partenza Lulic, Radu e Marchetti. Ovvero gente che guadagna decisamente di meno rispetto (Radu del terzetto è quello che ha l’ingaggio più alto e prende 1,35 milioni all’anno…) a Cana? Semplice, perché la Lazio deve fare cassa per tirare avanti, come ha fatto già con Hernanes. Ecco allora che la necessità di tagliare per risparmiare, viene spacciata per“progetto”. Ecco allora che da giorni si parla solo di “Accademy” (un progetto annunciato da anni, mai partito, che forse partirà a dicembre e produrrà i primi effetti tra qualche anno…) e di giovani da inserire in prima squadra, ma nessuno si chiede come mai se c’erano questi giovani già in rampa di lancio l’estate scorsa per gli stessi ruoli sono stati buttati al vento circa 15 milioni di euro (ingaggi esclusi) per prendere Felipe Anderson, Perea, Vinicius e Novaretti, quando si pensava di lanciare dopo un anno Cataldi, Tounkara, Crecco e Serpieri a costo zero? C’è qualche incongruenza, no?
Va bene tutto, ma se si riducono le spese e se si sforbicia un organico partendo dalla cessione di quello che era l’asse portante della squadra di due anni fa (considerando anche la partenza di Biava e Dias…), ricordando sempre che nelle ultime due stagioni questa squadra ha collezionato un settimo e un ottavo posto, come si fa a parlare di una Lazio che nelle intenzioni della società il prossimo anno dovrà lottare per l’Europa League e possibilmente (parole di Reja…) “anche per dar fastidio e quelle che lottano per andare in Champions League”? Messa così, sembra l’ennesima presa per i fondelli presentata su un bel vassoio d’argento, con tanto di camerieri dell’informazione pronti a servirla con il sorriso sulle labbra ed esaltando la bontà del manicaretto mentre riempiono il piatto del cliente.
La vera domanda, invece, dovrebbe essere: perché la “spending review” di Lotito vale solo per gli investimenti da fare per la squadra? Perché si risparmia sul progetto tecnico mentre crescono a dismisura le spese per i servizi forniti dalle “parti correlate” che si chiamano Roma Union Security, Gasoltermica Laurentina, Linda, Bona Dea, Omnia Service e U.S. Salernitana 1919? Perché si deve ridurre del 30% il monte ingaggi e il budget del progetto tecnico quando nel bilancio al 30.6.2012 le “parti correlate” incassavano dalla Lazio 3,274 milioni di euro, saliti a 6,516 milioni di euro al 30.6.2013 e che sono diventati addirittura 10,298 milioni di euro solo nei primi nove mesi della stagione 2013-2014? Come si fa a pensare che tutto sia normale, a crede che“Si segnala che tali transazioni sono state perfezionate nel rispetto della correttezza sostanziale e procedurale ed a normali condizioni di mercato” (come scritto nel bilancio) quando non si sa neanche quali sono i “servizi” forniti da alcune di queste aziende e le spese sono cresciute globalmente quasi del 400% in due anni?
Eppure, è così. Il bluff è sotto gli occhi di tutti, ma in tanti, in troppi non solo fanno finta di non vedere, ma danno ancora credito a chi da anni si preoccupa di riempirsi le tasche grazie alla Lazio. E lo fa pretendendo di passare anche come un “buon samaritano”, oppure come un “martire”contestato da una piazza composta da estorsori, spacciatori e papponi con tanto di donnine dai facili costumi al seguito. Peccato che questa manica di banditi e di scellerati, era la stessa che si agitava lo scorso anno alla fine della campagna acquisti, quella che aveva “il mal di pancia” e alla quale Lotito aveva consigliato di prendere un bel Malox per risolvere i bruciori di stomaco. “Tanto i conti li faremo alla fine”, ha sempre ripetuto quello che nell’intervista a “Il Messaggero” del 5 ottobre 2013 diceva dei nuovi acquisti: “Novaretti l’ho scelto io, vedendo delle video cassette, e lo abbiamo strappato al Manchester City. Vinicius diventerà il nuovo Kolarov, gli altri campioni nel giro di un anno. Nella passata stagione molti si lamentavano perché la squadra era vecchia e perché mancavano le alternative. Ho ringiovanito la rosa e acquistato sostituti all’altezza, però la gente è comunque scontenta. Ma la gente deve capire che la società è mia, non di tutti, perciò la gestisco come meglio credo. Non esiste il tifoso come professione, solo il patrimonio storico è di tutti”.
Già, ci vuole un bel coraggio a dire che la Lazio è patrimonio di tutti, quando il 90% della piazza si sente ostaggio di chi guida la società e quando quelli che sono scontenti pagano e ad incassare alla fine è uno solo. Anche in tempi di crisi. Perché la “spending review” di Lotito, vale solo quando ci sono da comprare e pagare i giocatori per rinforzare la Lazio…
STEFANO GRECO – LAZIOMILLENOVECENTO
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