Auguri, figlio di Sparta!

Se n’è andato da poco, in punta di piedi, così come alla Lazio era arrivato. Felice, oggi 22 dicembre 2018, avrebbe compiuto 73 anni e noi gli auguri glie li facciamo ugualmente. Il motivo, lo immaginerete: le leggende lasciano un’eredità spirituale che non solo sconfina nel metafisico, ma rinasce, si rinnova. Non è un oggetto pensile da museo, non è un cimelio da esporre. La leggenda vive, la tocchi con mano quando ascolti chi ha narra certe epoche e certe imprese storiche.

Felice Pulici nasce e cresce nel profondo Nord italiano. Figlio di un operaio che lavora a Sesto San Giovanni, tempra la sua impalcatura fisica nel milanese e a Seregno, salvo poi entrare nel mondo dei professionisti con il Lecco ed esordire contro le grandi del calcio nazionale con la casacca novarese. Con quest’ultima indosso, incassa una sonora disfatta in quella che sarà la sua futura casa: il 5 a 2 all’Olimpico laziale sarà una tragicomica presentazione ad un pubblico che passerà negli anni dallo scherno agli applausi. Il talento, quello sì, ci è sempre stato. Se ne accorsero a Roma, sponda Lazio: fu così che nel 1972 Felice lasciò la tranquillità di provincia per approdare nella Capitale. Il principio fu difficile. La Lazio perdeva punti e la porta accusava una sensibile mancanza di protezione. Maestrelli lo prese sottobraccio e ripose in lui la più incondizionata fiducia. La stagione cambia volto, la Lazio vince il derby davanti ad 85000 spettatori e sfiora lo Scudetto: nulla può il portiere biancoceleste sulla conclusione di Damiani in un amaro pomeriggio partenopeo. Ma Pulici è ligio al dovere, cattolico praticante e ragazzo maturo. Si allenerà con diligenza e stringerà forte amicizia col resto della “banda”, restando pur sempre tra i più cauti e responsabili. Nella stagione 73-74 sembra imbattibile: salva moltissime partite e arriva persino a parare un rigore a Cuccureddu, in forza ai campioni d’Italia della Juventus. Segnali che il trionfo è vicino. 12 maggio del ’74 e la vittoria si palesa, nel mentre la moglie dà alla luce il secondogenito Gabriele. È un periodo d’oro, ma destinato a finire presto: Felice soffrirà maledettamente la malattia di Maestrelli, che verrà sostituito da Corsini, salvo poi rientrare per un breve periodo e condurre l’ambiente ad un finale di campionato tranquillo. La malattia del Maestro si aggraverà e Pulici entrerà nella fase più difficile della sua carriera. Nel derby del 28 novembre del 1976, inspiegabilmente per certi versi, giocherà la partita più bella della sua carriera, convinto che in tribuna il suo allenatore lo stesse guardando: parate memorabili e voli pindarici, di cui uno all’incrocio dei pali, premiati dalla rete decisiva del futuro campione Bruno Giordano. Fu il canto del cigno. La morte di Maestrelli e quella di Re Cecconi sono pugnalate che si accompagnano all’esilio a Monza, in seguito alle violente incongruenze nate col neo allenatore laziale Vinicio, che gli preferisce Garella. Non finisce qui definitivamente però l’avventura romana di Pulici, che tornerà nella Lazio, nel frattempo retrocessa. Giocherà a Pistoia in trasferta, mantenendo inviolata la porta, e con i salentini del Lecce all’Olimpico salutando il pubblico per l’ultima volta da calciatore. La lontananza dai campi lo farà avvicinare agli incarichi societari, divenendo dapprima responsabile del settore giovanile, poi avvocato della società e infine dirigente, assistendo allo Scudetto del ’99-’00. Con l’avvento di Claudio Lotito ci sarà sempre meno spazio per lui in dirigenza, al punto che nel 2007 accetterà un contratto per la dirigenza dell’Ascoli calcio.

La sua morte, nel 16 dicembre 2018, lascia nello sconforto la moglie e i tre figli, nonché i reduci di quei fantastici e irrefrenabilmente romantici anni. A Felice Pulici, nel giorno del suo compleanno, facciamo gli auguri col coro che cantavano i tifosi quando, sotto la porta antistante la Nord, toccava i pali e la traversa prendendo posizione.

Tanti auguri, Pu Pu Pulici!



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