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Taccuino Biancoceleste di Arturo Diaconale: si riprende dalla discussione Agnelli-Lotito

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Arrivata con puntualità la rubrica di Arturo Diaconale sul suo profilo ufficiale puntualizzando che sia solamente un suo pensiero personale e non legato alla società biancoceleste.

“TACCUINO BIANCOCELESTE

A proposito dei buoni e dei cattivi

Torno a ribadire che quanto scrivo sul mio taccuino biancoceleste non impegna direttamente o indirettamente il presidente Claudio Lotito e la S.S. Lazio, ma esprime solo le mie opinioni personali. Naturalmente sono consapevole che il mio ruolo di portavoce del presidente possa ingenerare il sospetto che si tratti di opinioni condizionate dalla mia attività nella società biancoceleste. Ma, a parte che Lotito ha dimostrato fin troppo bene che quando c’è da esprimere la propria voce non si tira certamente indietro, la mia storia di giornalista libero mi impedisce di considerare un fattore di censura la mia funzione nella S.S. Lazio.

Per cui, non per amore di polemica ma per naturale vocazione alla dialettica, non posso fare a meno di rilevare il singolare fenomeno che si sta verificando sui media a proposito di quale impatto stia avendo il coronavirus sul mondo del calcio. Nessuno discute sulla necessità o meno di affrontare con misure energiche la diffusione della pandemia. Ciò che viene presentato, con il contorno dei soliti pregiudizi, è l’idea che l’esplosione del virus abbia prodotto una sorta di divisione tra buoni e cattivi tra i dirigenti delle società calcistiche italiane. Da un lato quelli che si fanno carico del problema generale della tutela della salute del pubblico e di quello particolare della tutela della salute dei giocatori, cioè i buoni. E dall’altro i cattivi rappresentati da chi, pur nella consapevolezza della gravità dei due problemi, bada esclusivamente ai propri limitati interessi di bottega. Da un lato, quindi, il rispetto per l’interesse generale del Paese, dall’altro l’egoismo di privilegiare sempre e comunque il proprio “particulare”.

Prendiamo, ad esempio, la discussione in atto sul dilemma se il fermo del Campionato comporti automaticamente il blocco degli allenamenti. La questione, che viene presentata da alcuni media come il confronto tra chi si preoccupa della salute dei giocatori ed è virtuoso e chi pensa solo alla classifica ed è un egoista, è mal posta. Perché dietro i presunti virtuosi si nasconde il preciso interesse a bloccare tutto, competizione ed allenamenti, per arrivare ad annullare il Campionato. O per cristallizzare la classifica del momento (Juventus sopra la Lazio per un punto) o per dare una conclusione al campionato con quella soluzione play-off e play-out che potrebbe offrire una occasione di salvataggio della stagione alle squadre che nel 19/20 hanno deluso (qualcuno vorrebbe il play-off non a quattro, neppure a sei ma addirittura a dodici).

Perché mai questo sarebbe un interesse virtuoso e quello antagonista, che punta a completare il campionato nel rispetto delle regole, sarebbe censurabile? Mistero fitto o risposta fin troppo facile? Mario Balotelli, che pure non è mai stato simpatizzante laziale, ha scelto la seconda strada affermando che il Campionato è stato bloccato solo dopo che la Lazio è diventata seconda. Ma, proprio per evitare polemiche, evito la semplificazione e mi limito a sottolineare come l’indicazione del presidente della Figc Gabriele Gavina a finire con regolarità “quello che è iniziato” sia quella di maggiore buon senso.

L’auspicio, allora, è di portare a termine la stagione senza le fasulle distinzioni moralistiche tra i virtuosi ed i peccatori. Basta con le ipocrisie politicamente corrette che, guarda caso, sono sempre al servizio degli interessi dei eterni privilegiati. Aspettiamo che la nottata del coronavirus arrivi all’alba e poi si riapra il campionato. E vinca chi continua ad avere più fiato, voglia, passione. Come recita ed impone la legge dello sport. Da Olimpia ad oggi!

Attenzione a non compiere errori in nome di un moralismo da strapazzo (vero Chirico?). Il rischio è che si torni ancora una volta a ingenerare negli italiani il sospetto che la repubblica calcistica italiana sia sempre e comunque retta da una monarchia e che la sorte dei campionati finisca con l’essere sempre decisa dalla subordinazione ad essa!”



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