Tutti i Laziali oggi si sentono così, congelati, allibiti dopo il derby giocato (male) e perso ieri pomeriggio. Ma per capire la sconfitta nella stracittadina bisogna fare alcuni passi indietro e tornare a qualche settimana fa, proprio quando tutto sembrava ancora andare bene e la Lazio pareva una macchina quasi perfetta. “Dobbiamo fare 12 punti nelle prossime 4 partite”: così parlò Pioli dopo il pareggio striminzito ottenuto a Bergamo contro l’Atalanta di Edoardo Reja, una partita in cui la Lazio iniziava a dare cenni di flessione, sensazioni che quelle otto vittorie consecutive ormai erano acqua passata. Arriva il match con l’Inter, l’Olimpico straborda di entusiasmo, convinto di spingere la Lazio a risorpassare la Roma dopo che i giallorossi erano stati sconfitti dal Milan. Purtroppo ci si mette l’arbitro e tutti noi sappiamo com’è andata a fine. Ma eccoci che si arriva al punto cruciale: trasferta a Genova con la Samp, finale di Coppa Italia con la Juve e derby. La settimana di passione pare aprirsi bene con la vittoria sui blucerchiati, ma anche lì qualche errore di troppo si vede, ma ci prendiamo i 3 punti e festa fatta. Arriva la finale, tutto sembra andare nel verso giusto ma poi Chiellini e la signora Sfiga compromettono tutto, facendo prendere alla Coppa la via di Torino. Ed ecco che tutto sembra andare in frantumi, tutto sembra compromesso, ma c’è il derby, il secondo posto in palio, quindi non bisogna piangerci addosso, dobbiamo essere spavaldi, fare i superiori, convinti che la nostra Lazio è più forte della Roma che era stata costruita per vincere lo Scudetto. Tutta la questione è stata proprio qui: Presidente, allenatore, squadra e la maggior parte dei tifosi avevano perso la loro reale dimensione, soprattutto era andato perso un valore che ci aveva contraddistinti durante quelle meravigliose 8 vittorie consecutive: l’umiltà. Sì, non siamo stati umili, abbiamo voluto fare troppo i fenomeni, abbiamo fatto i romanisti ed ecco che il Fato ci ha giustamente puniti, ricordandoci bene quello che siamo e soprattutto che NOI siamo sempre stati diversi da LORO! Anche in campo, questa mancanza di umiltà si è vista benissimo: Garcia, da vecchio volpone d’esperienza, aveva messo su un centrocampo di “animali” con Keita, De Rossi e Nainggolan, noi invece una squadra leggera, tutta votata all’attacco e con il metronomo Biglia a mezzo servizio. Il resto poi è storia recente: pochi attributi e squadra spenta, scelte tecniche rivedibili e squadra sulle gambe, costretta ora a giocarsi la Champions in uno stadio in cui ci saranno 70.000 tifosi napoletani pronti a far sputare sangue alla propria squadra.
La stagione della Lazio rimane comunque positiva, con la qualificazione alle coppe europee che è stata comunque centrata, con delle grandi prestazioni, unite però a gravi scivoloni (11 sconfitte sono tantissime).
Che tutto ciò ci serva da lezione e ci faccia tornare ad essere LAZIALI veri.
Andrea Marraccini -Since1900-
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