Croce e delizia: Gazza e la Lazio, fatti l’uno per l’altro
In onore di due componenti del famoso gruppo musicale dei Beatles, il 27 maggio del 1967 fu dato il nome di Paul John a quel fenomenale ragazzo venuto dalla contea inglese di Tyne and Wear, nord-est del paese. Il padre e la madre, rispettivamente manovale e operaia in fabbrica, vivranno di stenti e il piccolo Paul, in seguito ai disturbi psichici del padre, svilupperà anch’egli problematiche serie che lo accompagneranno per il resto della vita. La storia di Gascoigne, in fondo, non è dissimile da quella della nostra squadra del cuore: sofferenze, gioie forti, brutte cadute e rinascite segnate da intermittenti bagliori.
Cresciuto nelle giovanili del Newcastle, squadra della già citata contea d’oltremanica, esordisce diciassettenne in prima squadra nel massimo campionato inglese, facendosi notare in breve tempo per le sue doti tecniche fuori dal comune. Il suo annus mirabilis, però, sarà il 1985-1986, dove viene notato dagli emissari del Tottenham Hotspurs che lo porteranno sulle rive del Tamigi due anni dopo. Un tale Diego Armando Maradona si complimenterà con lui, definendolo come il suo degno erede: 177cm di forza fisica e temperamento, eccezionale resistenza nei confronti dei colpi avversari e visione di gioco coronata da un bagaglio tecnico di primissima qualità, Gascoigne impersonava il regista d’attacco perfetto. Imperfetto però, a suo discapito, era il carattere: saranno tanti i falli di reazione e i tackle duri che lo porteranno a ricevere diversi cartellini (e sì, ricordate bene l’aneddoto: addirittura sottrasse il giallo all’arbitro e glie lo sventolò in faccia!); nel Mondiale del ’90, giocato in Italia, scoppiò in lacrime dopo aver ricevuto l’ammonizione che gli costò la diffida contro la Germania (semifinale poi persa dagli inglesi ai rigori). Gian Marco Calleri, comunque, fiutò l’affare e il successore Cragnotti lo portò a compimento: per 15 miliardi di lire, dopo le ottime stagioni con gli Spurs ed essersi guadagnato una reputazione internazionale di assoluto rispetto, approda alla Lazio. L’entusiasmo è alle stelle, la piazza lo accoglie con cori festanti e sciarpe sventolanti all’aeroporto. Il ragazzo inglese è visibilmente commosso e ripagherà i laziali sigillando il suo primo goal, manco a dirlo, contro gli eterni rivali: romanisti in vantaggio, pochi minuti allo scadere, punizione di Signori e incornata feroce e possente di Paul nella porta sotto la Nord. La corsa verso la curva e il rientro in campo in lacrime lasciano intendere la tenerezza e la fragilità di un campione vittima di se stesso, dell’alcolismo e della ludopatia. Gli anni successivi saranno costellati da magie unite a presenze anonime in campo, frutto del suo altalenante stato d’animo: impossibile dimenticare l’epico gol al Pescara, realizzato mettendo a sedere ben quattro avversari e trafiggendo il portiere, oppure la punizione segnata contro il Cagliari a fil di palo. Diversi sono stati i suoi tentativi di metter fine ad uno stile di vita inconciliabile con la vita di un calciatore, purtroppo anche la sfortuna, però, ci ha messo del suo in diverse occasioni, compresa la frattura di tibia e perone causata da un giovane e imbarazzato Alessandro Nesta in allenamento. Da quell’infortunio Gazza non tornerà più come prima, almeno in maglia biancoceleste. Sarà nel Regno Unito che vivrà una seconda giovinezza, con la maglia degli scozzesi dei Rangers. Ma prima di andarsene, giocherà un ultimo derby di Roma, da vincitore, esibendosi davanti al suo amato pubblico con giocate di pregevole fattura. A Glasgow vincerà eroicamente la Scottish Premier League, trionfando nella partita decisiva contro l’Aberdeen alla Gascoigne: tripletta favolosa, avversari al tappeto frastornati dai suoi cambi di direzione e pubblico in visibilio. Ritrovata continuità di risultati e performances non sono però le uniche delizie. Paul dovrà abbandonare la Scozia per diverse minacce di morte nei suoi confronti e all’indirizzo persino della moglie, seguite da 6 mesi da incubo vissuti sotto scorta. Il motivo? Una provocazione, in cui ci è letteralmente cascato: le ingiurie e i fischi dei tifosi del Celtic, acerrimo nemico etnico-calcistico dei Rangers, provocarono in Paul una reazione di stampo politico. Mimò il suono di un flauto, simbolo delle vittorie dei protestanti sui cattolici all’epoca delle guerre tra le due fazioni. L’esperienza in Division One con il Middlesbrough non sarà delle più felici, nonostante la promozione in Premier. I suoi problemi di alcolismo si paleseranno anche nell’Everton e nel Burnley, dove giocherà pochissimo e sfiorerà la depressione. Analogamente si può dire per la permanenza in Cina, dove si presentò con un altro gol alla Gascoigne: salta due avversari partendo da centrocampo e scaglia la palla nell’incrocio. Esultanza rabbiosa e festante. L’inizio di un declino stavolta inesorabile. L’alcolismo, il tabagismo, la depressione, la guida in stato di ebrezza, la polizia, la detenzione, le cliniche di recupero e le aggressioni saranno il comune denominatore degli anni successivi al suo ritiro; i tentativi di rimettersi in piedi, di abbandonare le bottiglie di Gin e di ritrovare una giovinezza troppo a lungo inseguita vacuamente, si infrangeranno davanti alle spiacevoli sorprese di chi lo troverà sistematicamente ubriaco fradicio, semi-collassato per strada e in piena crisi etilica.
Il pubblico laziale lo vedrà a Roma soltanto nel 2012-2013, ospitato dalla società per prendere parte ad un incontro di campionato. Gira voce di una ritrovata voglia di vivere da parte di Gazza: si fa ritrarre ultimamente in forma smagliante durante battute di pesca e partite di golf, con un fisico tirato. Noi gli auguriamo tutto il bene possibile: non esiste nessun caso irrimediabile e ognuno di noi ha il diritto di redimersi. Gli auguriamo che si attorni di persone che lo aiutino, che ritrovi se stesso e che riparta dagli sparuti sprazzi di bellezza, per dirla alla Jep Gambardella, che ha lasciato qua e là, nella città eterna e altrove. Del resto, di personaggi così ce ne sono davvero pochi. O proprio nessuno, forse solo uno… uno solo: there’s only one Paul Gascoigne, si cantava anni fa.
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