Thomas Strakosha è stato intervistato da sport24.gr parlando di quando è arrivato in Italia a soli 16 anni e trovandosi ad un bivio tra Lazio e Roma.
“Quando sono partito per l’Italia avevo 16 anni e mezzo. Avevo come obiettivo lasciare la Grecia e giocare all’estero, perché le cose non andavano bene. Non pensavo certo che sarebbe successo così presto, ma credo che sia stato la cosa più importante della mia carriera. In altre parole, partire così giovane mi ha aiutato a maturare, a imparare a cavarmela da solo in ambienti che non conoscevo. Paese straniero, lingua straniera, mentalità straniera. A causa dell’età è stato difficile, perché cambia completamente il piano che avevi fino ad allora. Stavo pensando a come avrei aiutato la mia famiglia a non avere più problemi, né finanziari né psicologici. Quindi il mio obiettivo era più grande del calcio stesso e questo mi ha motivato e spinto ad andare avanti e non pensare al fallimento. Oltre alla Lazio c’è stata anche la possibilità di andare alla Roma. Poi però abbiamo avuto un incontro con l’allenatore dei portieri della Lazio, Adalberto Grigioni, e ho deciso di volermi trasferire solo lì, anche se, economicamente parlando, la Roma era meglio anche per la mia famiglia. Grigioni mi ha accompagnato sempre e mi ha fatto credere che con lui al mio fianco potevo migliorare e arrivare dove volevo. Ecco perché non ho scelto in base a criteri finanziari, ma ho deciso in base a come posso diventare il portiere che sognavo sarebbe diventato Thoma“s“».
ESORDIO CON LA LAZIO – “Non dimenticherò mai il mio esordio nella partita contro il Milan. Non ho avuto tempo di preoccuparmi perché l’ho scoperto all’ultimo minuto. Un giornalista ha preso mio padre e ha detto ‘dove guarderai la partita visto che gioca tuo figlio?’ e mio padre dice ‘cosa fa mio figlio?’. Mi chiama per vedere se so qualcosa, ha visto che non ne avevo idea quindi non mi ha detto niente. Ad un certo punto, 3-4 ore prima della partita, il compagno di squadra con cui condividevo la stanza mi dice ‘Bello oggi eh? È il tuo debutto’. Mi sono chiesto e dico ‘il mio debutto? Come fa a saperlo lui e io no?’. E lì comincio a mettere insieme i pezzi del puzzle, perché effettivamente il primo portiere della squadra (Marchetti) era dolorante e non aveva fatto l’allenamento mattutino, ma io non ci avevo fatto caso. Ero anche terzo, quindi anche se non avesse giocato lui non sarei entrato, c’era il secondo che era anche nella nazionale croata (Vargic, ndr). Così poco prima della partita Inzaghi ci dice ‘il secondo e il terzo, state pronti’, non aveva ancora deciso. Marchetti mi manda anche un messaggio ‘non ti preoccupare affatto, giocherai tu, in bocca al lupo’. Quindi non c’era tempo per stressarsi. C’era così tanta adrenalina ed eccitazione. Pensavo fosse arrivata la mia occasione, ora non posso stressarmi, devo dimostrare. È andato tutto bene, sono uscito anche MVP in gara“.
SIMONE INZAGHI – “Simone Inzaghi mi voleva molto bene ed è stato lui a farmi passare da terzo a secondo e poi a primo. Inzaghi è un allenatore un po’ reattivo all’intervallo e per questo tutta la squadra gli ha voluto bene. Era l’uomo che toglieva lo stress alla squadra. Cioè, sapeva quando scherzare, quando essere serio, e questo ha aiutato il club ad andare avanti, a portare tutti questi risultati, a ottenere un trofeo quasi ogni anno e ad andare in Europa. E molti giovani giocatori come me, abbiamo esordito con lui. In altre parole, ha dato opportunità a giocatori oggi affermati“.
TRASFERIMENTO IN PREMIER – “Era il mio sogno giocare in Premier League ed è per questo che non ho ricevuto le altre offerte che avevo in altri campionati. Penso che fosse l’età giusta per venire in Inghilterra. Ho letteralmente rifiutato tutto il resto solo per venire in Premier e ho pensato che il Brentford fosse il club giusto per me, dopo un decennio passato in un club, per fare un passo non troppo grande, per integrarmi, per sistemarmi, perché c’è tanta differenza tra il campionato inglese e quello italiano“.
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