“Non tutti i mali vengono per nuocere”. Credo da sempre nella saggezza popolare, quindi nel fondo di verità nascosto tra le righe di molti proverbi. Ad essere sincero, però, questo di proverbio l’ho sempre considerato una sorta di tentativo di consolazione: un po’ come dire che pestare una cacca per strada porta fortuna, oppure che ricevere un “regalino” dal cielo da qualche piccione di passaggio è un segno del destino. Ti ha detto male, quindi ti aggrappi ad un proverbio per vedere il bicchiere mezzo pieno, per trovare per forza di cose un qualcosa di positivo in un evento che di positivo non ha proprio nulla. Eppure, in certi casi è proprio così.
In questo momento, è difficile pensare positivo nel mondo Lazio, dopo un avvio di stagione tutt’altro che esaltante e soprattutto dopo la chiusura di un mercato che per l’ennesima volta ha tradito sogni e speranze cullati per mesi. Ma i proclami estivi che si sono dissolti con le prime piogge e il tradimento da parte di Lotito delle promesse fatte sull’onda dell’esaltazione per la conquista della Coppa Italia, se da una parte hanno tarpato le ali alla squadra dall’altro hanno avuto il potere di smuovere le acque, sortendo lo stesso effetto di un enorme masso gettato in uno stagno. Fino a qualche settimana fa, pensare ad un ambiente in grado di ricompattarsi, di ricucire strappi o di sanare crepe diventate nel corso degli anni delle vere proprie fratture, era quasi utopia. Proprio una settimana fa, dalle pagine di MILLENOVECENTO avevamo provato a lanciare una proposta. Trovare un modo, un punto d’incontro per ricompattare l’ambiente, per tornare ad essere quelli che eravamo una volta: un popolo in grado di incutere timore (non fisico, sia chiaro) a chiunque e che nel corso degli anni si era meritato il rispetto di tutti, in Italia e all’estero.
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“I HAVE A DREAM”, era un sogno, ma al tempo stesso anche una mano tesa verso l’ambiente e basta, senza nessuna pretesa di guidare un movimento di opinione o altro. Un modo per tendere una mano ad amici del passato che a causa di queste divisioni si sono trasformati quasi in nemici. Una mano tesa che qualcuno ha stretto in modo virtuale, ma che in tanti hanno ignorato. Ora, quel sogno potrebbe diventare realtà proprio grazie a Lotito, ovvero al responsabile numero uno di tutte queste divisioni, della frantumazione in mille piccole correnti di un partito di nome Lazio che nella stagione 2003-2004 aveva raggiunto forse il top dell’unità. Con la Lazio ad un passo dal baratro economico, ci eravamo stretti tutti intorno alla bandiera, quindi alla squadra in primis e anche a chi guidava la società. Pur avendo idee diverse su cosa era meglio per il presente o per il futuro della Lazio, in quella stagione battemmo il record di tutti i tempi di abbonati, sfondando quel muro di 40.000 tessere che non era riuscito ad abbattere neanche Cragnotti con la sua Lazio stellare. Nonostante la crisi economica e la sfiducia post 11 settembre sugli investimenti in Borsa, circa 60.000 piccoli azionisti si presentarono in banca a luglio del 2003 per sottoscrivere un aumento di capitale da 120 milioni di euro. Ovvero quasi una volta e mezzo il fatturato annuale della Lazio di oggi. Nonostante le tante nubi all’orizzonte, dimenticando antipatie personali o divisioni nel nome della Lazio e sotto la stessa bandiera marciammo in più di 30.000 dalla Curva Nord fino a piazza della Libertà. Forse la più bella manifestazione di sempre. E ho ancora conservato in un cassetto il volantino di quel giorno, con il comunicato firmato IRRIDUCIBILI LAZIO, dal titolo ORGOGLIOSI DI ESSERE LAZIALI, che riporto integralmente:
“Siamo qui in nome di un ideale che è anche uno stile di vita, per difendere una nobile mentalità che ci contraddistingue e ci fa ritrovare accomunati nel momento dell’orgoglio. Uniti per dire e ribadire che la Lazio siamo noi. Con la manifestazione odierna ci proponiamo di trasmettere i nostri principi a chi ha stravolto le tradizioni calcistiche, concordi nel gridare sdegno nei confronti di quel sistema bancario che ha strozzato la società e che ora non interviene per coinvolgere nuovi imprenditori e sviluppare le adeguate sinergie chiamate a salvare il club. Alla società attuale, ai dirigenti, chiediamo di propagandare l’immagine di una realtà che fa leva sulla nostra passione, sul nostro limpido esempio di attaccamento alla maglia, manifestando attraverso quest’iniziativa che ci vede in prima fila, il patrimonio inestimabile della prima squadra della Capitale. E’ anche e soprattutto per questo che 104 anni di storia non potranno mai essere ammainati. Chi vuole aiutare la Lazio può contare sulla forza d’un popolo che è pronto a tutto pur d’affermare i propri valori. Non ci piegheremo davanti alle difficoltà, non ci abitueremo all’idea di dover rinunciare alla passione di tutti i giorni. E non vogliamo più parlare di Borsa, bilanci e azioni. Ma solo della nostra fede biancoceleste, fatta di goliardia, amicizia, gol e successi. Noi non molliamo mai”.
Impossibile non provare un brivido rileggendo a distanza di più di nove anni queste parole. Impossibile tenere a freno una lacrima ripensando a quella giornata, a quel pomeriggio di festa e di colori, a quel serpentone interminabile che sembrava un cordone ombelicale tra presente e passato, tra lo Stadio Olimpico e la Curva Nord ed il luogo della fondazione.
Ora, a distanza di tanti anni non siamo ad un passo dal fallimento, non siamo più il club ricco e potente di una volta ma i bilanci. E questo è senza dubbio merito di chi ha gestito la società negli ultimi anni, quindi di Lotito. Ma la crisi è profonda, perché gli eventi di questi due lustri hanno portato, per le ragioni più disparate, tanti grandi laziali del passato a mettere la Lazio in un cassetto. Non parlo di tradimento della fede, ma di ibernazione delle passioni. Un qualcosa che per molti (lo so) è incomprensibile o addirittura inconcepibile, ma che è una realtà. E non si può far finta che non esista, che non sia successo. Ma è arrivato il momento di riaccendere questa passione.
Ho letto ieri che la Curva starebbe meditando di organizzare una manifestazione di protesta. Bene, se così fosse, non avrei problemi a schierarmi dalla parte della Curva, nonostante le frizioni degli ultimi tempi. Perché per me la Lazo resta comunque il bene supremo. E visto che per tantissime ragioni l’idea di svuotare lo stadio è impraticabile, allora perché non provare a fare il contrario? Perché non proviamo a lanciare la proposta di andare tutti all’Olimpico per una domenica, per dimostrare quanti siamo e che se vogliamo possiamo tornare ad essere il popolo che eravamo:“un patrimonio inestimabile della prima squadra della Capitale”, proprio come recita quel comunicato. Andare in 50.000 contro i 30.000 scarsi di ogni domenica, a Lazio-Catania del 25 settembre, oppure a Lazio-Fiorentina del 6 ottobre per dimostrare che se vogliamo ancora ci siamo. Il 5 ottobre del 2003, ci presentammo in 50.000 contro il Chievo, in una domenica piovosa che annunciava l’autunno. Era il giorno del “Maglia day”, dell’evento organizzato dalla società per celebrare il record storico di abbonati. E ci presentammo tutti con quella maglia speciale regalata dalla Lazio a tutti gli abbonati (la foto dell’articolo è di quel giorno) e chi non era abbonato si presentò comunque all’Olimpico con una maglia celeste. Un colpo d’occhio fantastico, un’immagine indimenticabile, un qualcosa che si vede tutte le settimane in altri stadi d’Europa (basta pensare al muro giallo della curva del Borussia Dortmund) ma che non si era mai visto in Italia: un muro celeste!
Potrebbe essere un’idea per il futuro, ma intanto pensiamo al presente. Se ci sarà manifestazione, dovrà essere un successo e tutti dovranno alzare il culo dalle sedie, spegnere i computer e lasciare quel mondo virtuale per entrare nel mondo reale. In tanti urlano e protestano sul web, in tanti chiedono che si faccia qualcosa. Ecco, ora c’è la possibilità di dare veramente voce ad un dissenso dilagante, di dimostrare realmente quanti siamo. Non esserci, sarebbe quasi un tradimento, oppure servire su un vassoio d’argento a Lotito la possibilità di bollare il tutto come la protesta di pochi, affermare che la maggioranza silenziosa sta dalla sua parte. E invece sappiamo benissimo che non è così, sappiamo tutti che l’ex SPARUTA MINORANZA è da tempo maggioranza assoluta. Basta leggere i sondaggi dei giornali (quello de “Il Corriere dello Sport”parlava di un 75% di tifosi assolutamente insoddisfatti della campagna acquisti a fronte di un 3,1% che lo giudicava ottimo e un 3,5% che lo definiva buono), fare un giro su forum o sciale network oppure ascoltare i discorsi della gente per strada per capire che la rabbia è tanta e che l’onda di dissenso monta giorno dopo giorno. Ma un conto sono i discorsi ed un conto è la realtà, i numeri reali. E i numeri li fa la gente che scende in piazza, che trasforma le proteste verbali e virtuali in qualcosa di reale di cui non si può non tenere conto.
Può succedere, basta volerlo. Basta mettere da parte la pigrizia, il rancore, le divisioni e tutte quelle cose che hanno trasformato il popolo di una volta nell’ambiente laziale di oggi, che non piace a nessuno. Può succedere, dipende solo da noi. E la cosa incredibile, è che il merito di tutto questo è di Claudio Lotito e del suo ennesimo tradimento consumato allo scoccare delle 23 del 2 settembre. E allora forse è proprio vero che “NON TUTTI I MALI VENGONO PER NUOCERE”…
STEFANO GRECO
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