OLIMPICO VUOTOPorte chiuse per Lazio-Apollon Limassol. Non siamo santi, abbiamo la fedina penale sporca e una serie di errori commessi lunga quasi quanto via del Corso, ma quello dell’Uefa nei confronti della Lazio e dei suoi tifosi è oramai un accanimento che sa di vendetta. Tutti quelli che hanno assistito a Lazio-Legia Varsavia, dai tifosi ai telecronisti, dai giornalisti presenti in tribuna (specie quelli sempre pronti a puntare l’indice) all’arbitro per finire con il delegato Uefa, non hanno né visto né sentito nulla: nessun famigerato “buuuh” razzista, nessun coro “nostalgico”, nessun coro contro monsieur Platini, permalosissimo come lo possono essere solo i francesi. Nulla di nulla. Nei rapporti ufficiali non c’è traccia di ricadute negli errori commessi nella passata stagione, eppure oggi la Lazio si ritrova per l’ennesima volta davanti al plotone di esecuzione, fucilata questa volta alle spalle dal “Fare” (Football Against Racism in Europe), un’organizzazione che ha un nome che è tutto un programma e che ha redatto un rapporto di condanna senza appello basandosi su un qualcosa sfuggito a tutti.

“Cori razzisti, striscioni inappropriati e lancio di petardi”, un bel minestrone per giustificare una sanzione pesantissima e come avviene sempre o quasi con l’Uefa senza appello, perché a Nyon difficilmente fanno marcia indietro, a volte anche davanti all’evidenza. Risultato, porte chiuse per la prossima sfida europea, quella casalinga del 7 novembre con i ciprioti dell’Apollon. Non Curva Nord chiusa, come successo in occasione di Lazio-Udinese per i cori razzisti contro i giocatori della Juventus nella finale di Supercoppa, e come da indicazione di punire in primis il settore “responsabile”, ma stadio chiuso. Sanzione massima perché siamo recidivi, perché oramai abbiamo tatuato sulla pelle come un marchio la scritta RAZZISTI, quindi non basta non fare niente, come non basta annunciare come avevano fatto gli Irriducibili in un comunicato l’interruzione di “buuuh” e cori.

“…È altresì evidente (recitava la parte finale del comunicato) che fa comodo usare nei nostri confronti due pesi e due misure non considerando i nostri chiarimenti in merito ma perseverando contro di noi con ogni mezzo a discapito della più limpida verità. È proprio il caso di dire che il vostro interesse supera la ragione. Vano è stato il nostro tentativo di far capire, non ora, ma nel corso degli anni, che i famosi “buuu” non sono un coro d’offesa razziale bensì semplice sfottò per irretire l’avversario di turno, ma proprio i vostri interessi hanno fatto in modo di rendere parole al vento ogni tipo di delucidazione in merito. Chiediamo pertanto al nostro popolo, impegnandoci noi per primi, di evitare di fare gli ululati. Noi siamo più maturi e dimostreremo, come abbiamo sempre fatto, la nostra superiorità anche in questa circostanza disarmando così gli ipocriti che ci remano contro. Aspettiamo con ansia, da parte vostra cari soggetti accusatori, le prossime accuse nei nostri confronti, tolti gli ululati siamo curiosi di vedere a cosa vi appiglierete, qualche consiglio l’avremmo, ma per decenza preferiamo non scriverlo”.

La Curva aveva mantenuto le promesse, i giornalisti non avevano usato due pesi e due misure come successo in passato, ma nessuno aveva fatto i conti con il “Fare”… Ora, però, ci si chiede cosa hanno visto e sentito questi solerti ispettori del “Fare” che nel loro rapporto hanno parlato di“pochi cori razzisti provenienti dalla Curva Nord”. Ma di che cori si tratta non è dato saperlo. Come non è dato sapere quando sarebbero stati fatti e soprattutto come mai li hanno sentiti solo loro nonostante arbitri e commissari fossero stati comunque istruiti a dovere dall’Uefa per vedere e ascoltare tutto, visti i precedenti della Lazio. Perché pagare quando si sbaglia ci sta e siamo stati i primi a non cercare scuse, ma quando si passa dal rigore all’accanimento, allora no, non va affatto bene. E stavolta si può parlare veramente di accanimento, quasi di vendetta o di pugnalata alle spalle, perché nessuno ha visto o sentito ieri. E con la Lazio, non c’è mai stata l’omertà da parte di molti organi di stampa che invece regna sovrana dall’altra parte del Tevere. Quella voglia di nascondere tutto che trasforma le coltellate in semplici “puncicate” o certi “buuuh” e addirittura il lancio di banane verso avversari di colore (successe contro Balotelli e fu giustificata la cosa sostenendo che era stato lui a provocare…) in pura e semplice “goliardia”.

Ci si chiede, ad esempio, come mai non ci sia traccia di sanzioni per quello che hanno combinato prima della partita a Roma i tifosi del Legia Varsavia che per ore hanno imperversato ubriachi in centro, che si sono scontrati con la polizia fuori dai cancelli con incidenti e cariche ripetuti anche all’interno dell’Olimpico, quindi ben visibili da chiunque. E anche a chi non c’era, visti che i filmati delle cariche della polizia e degli scontri sono finiti addirittura su youtube. Ma di tutto questo, non c’è traccia o quasi nel referto dell’arbitro e nel verbale degli ispettori Uefa e, soprattutto, non ci sono sanzioni nonostante i precedenti dei tifosi polacchi.

Paghiamo per l’ennesima volta, quindi, stavolta probabilmente da innocenti. Paga la società, paga la squadra che si ritrova a dover giocare per la terza volta nelle ultime quattro partite europee casalinghe in uno stadio deserto. E pagano i tifosi. Questo è il risultato degli errori commessi in passato, il motivo per cui da anni sosteniamo che è inutile mettersi a fare il braccio di ferro con chi è palesemente più forte di te e per giunta ha i mezzi per farti a pezzi come e quando vuole. Come abbiamo visto lo scorso anno e come è successo questa volta. E siamo solo all’inizio, ma soprattutto abbiamo sul capo la spada di Damocle di una squalifica per un anno da tutte le competizioni europee. E se queste sono le premesse, prepariamoci all’esilio…

STEFANO GRECO



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