IPSWICHLacrime di rabbia per una grande ingiustizia, lacrime vere per il fumo dei lacrimogeni che avvolgeva lo Stadio Olimpico. Risse in campo e scontri in tribuna e fuori dallo stadio con la Polizia che cercava di respingere l’assalto dei tifosi che cercavano in tutti i modi di entrare negli spogliatoi dell’Olimpico per farsi giustizia. Tutto questo e molto altro è stato Lazio-Ipswich.

Il 7 novembre del 1973 è un giorno che i tifosi della mia generazione non potranno mai dimenticare. Una delle notte più incredibili nella storia della Lazio, una delle pagine più folli del romanzo scritto da quella squadra di pazzi, di giocatori refrattari a qualsiasi regola, in campo e fuori, tenuti a bada a stento solo da Tommaso Maestrelli con l’aiuto di Gigi Bezzi, Bob Lovati e Renato Ziaco. Ma in certe occasioni, anche loro erano impotenti. E quel Lazio-Ipswich, fu una di quelle occasioni. Una serata entrata nella storia per una follia pagata a carissimo prezzo.

La Lazio è reduce dallo scudetto sfumato la stagione precedente negli ultimi minuti di una giornata di campionato ricca di colpi di scena, ma anche di colpi bassi da parte degli avversari sul campo e di qualcuno che negli spogliatoi (nell’intervallo di Roma-Juventus) si accordò per cambiare il corso della storia sportiva e quindi dell’assegnazione dello scudetto. Nonostante la delusione, la squadra ha conquistato a fatica la qualificazione in Coppa Italia (eliminando la Roma grazie ad un 6-0 rifilato al Novara) ma l’esordio in Coppa Uefa è stato devastante. Il 19 settembre del 1973, nell’andata del primo turno contro gli svizzeri del Sion, alla Lazio bastano appena 25’ per chiudere la pratica. Ci pensa Giorgio Chinaglia con una tripletta: un gol alla sua maniera dopo novanta secondi e poi due calci di rigore. La partita di ritorno in Svizzera diventa una formalità, ma rischia di trasformarsi in una Caporetto. Deconcentrata dal gol di Garlaschelli in avvio che chiude il discorso qualificazione, la squadra si smarrisce. Liti in campo, giocatori che si mandano a quel palese, ruggini tra i due clan che escono fuori e che esplodono a fine partita, ingigantite dal un umiliante 3-1 incassato da una squadra modesta. Tra Chinaglia e Martini nel tunnel volano insulti, qualche schiaffo, con Maestrelli e Gigi Bezzi che faticano a trattenere i capi dei due clan da sempre in guerra. Chinaglia entra come una furia nello spogliatoio, rompe una bottiglia e Martini gli si avventa addosso urlando come un pazzo. Gli altri assistono, poi qualcuno trova il coraggio di mettersi in mezzo per evitare il peggio. E Maestrelli, sapendo che molti giornalisti avevano visto e sentito, decide di non tornare a Roma e di portare la squadra direttamente in ritiro a Vicenza, per l’esordio in campionato in programma 4 giorni dopo.

La situazione si ricompone grazie all’intervento di Maestrelli, la Lazio esordisce vincendo per 3-0, ma le ruggini restano e in campo le cose non vanno benissimo, nonostante i successi con Vicenza e Sampdoria. Nel secondo turno di Coppa Uefa, la Lazio incrocia gli inglesi dell’Ipswich Town, che ai trentaduesimi hanno eliminato addirittura il Real Madrid, grazie ad un autogol che ha fissato l’1-0 in terra britannica e allo 0-0 conquistato al Bernabeu. Una squadra da non sottovalutare, pericolosa per una Lazio dagli equilibri così precari. E infatti, arriva il tonfo. Il 24 ottobre, il fino allo ra quasi sconosciuto Trevor Whymark: in cinquanta minuti, tra il 16′ e il 56′, sbriciola da solo la difesa laziale e firma il 4-0 che garantisce virtualmente il passaggio agli ottavi per la squadra di Bobby Robson. Perché qualunque squadra normale si arrenderebbe davanti alla necessità di dover recuperare quattro gol. Già, ma quella Lazio di normale ha poco, praticamente nulla…

Il 7 novembre, quindi, i due clan stringono un patto d’acciaio per tentare una rimonta impossibile, un’impresa che farebbe entrare di diritto la Lazio nella storia del calcio europeo. I giocatori annunciano battaglia e chiedono l’aiuto dei tifosi: quasi in 50.000 rispondono presente e affollano gli spalti dell’Olimpico. Ricordo tutto di quella serata, soprattutto l’inizio di quella partita. Neanche il tempo di centrare che la Lazio si getta all’assalto della porta difesa da Best, solo omonimo del fuoriclasse del Manchester United. Dopo un solo minuto, Garlaschelli segna l’1-0 con un tocco astuto dal limite dell’area e a metà primo tempo Chinaglia sfrutta un’uscita incerta di Best e deposita il pallone nella porta vuota. L’Olimpico si trasforma nel Colosseo e in quella bolgia la Lazio diventa quasi inarrestabile. E dove non arriva Best, arriva l’arbitro olandese Van der Kroft: azione di D’Amico, tiro respinto, Chinaglia in mezza rovesciata batte a rete, Best è superato ma sulla linea un difensore si lancia in tuffo e con la mano spedisce il pallone che stava per entrare in rete sul palo e Best come nulla fosse lo raccoglie e si appresta a rinviare. Chinaglia protesta, D’Amico e tutti gli altri alzano le mani chiedendo un rigore che avrebbe visto anche un cieco, tutti vanno verso l’arbitro olandese che li allontana e li invita a giocare, perché per lui è tutto regolare. E’ l’inizio della fine. La gente sugli spalti urla e lancia di tutto verso il guardalinee sotto la Tribuna Tevere (reo di non aver segnalato il rigore evidentissimo), gli inglesi in campo provocano, Wilson Chinaglia ed altri che capiscono l’inglese rispondono per le rime e sia in campo che in tribuna si crea un clima da resa dei conti. Basta nulla per far esplodere quella polveriera. E quella scintilla arriva a metà del secondo tempo. Protagonista, ancora una volta, Van der Kroft.

Un giocatore dell’Ipswich, marcato a distanza da Oddi, nel tentativo di girarsi inciampa e cade in area. Tra lo stupore generale, l’arbitro olandese indica il dischetto. E scoppia il finimondo. Pulici si lancia verso Van der Kroft e lo affronta a muso duro, Re Cecconi lo spinge, Oddi arriva come una furia e Frustalupi da dietro da un calcio al direttore di gara e poi si getta a terra. Van der Kroft, che secondo alcuni giocatori della Lazio era sceso in campo in evidente stato di ebbrezza, perde la testa, ma la perdono soprattutto i tifosi che dopo il rigore realizzato da Vilyoen tentano a più riprese di invadere il campo, sia dalla Curva Sud che dalla Tribuna Tevere. Sul terreno di gioco succede di tutto: D’Amico raccoglie un’arancia lanciata dalla Tevere e la tira verso il guardalinee che è voltato e non si accorge da chi è stato colpito, Chinaglia è una furia, segna altri due gol e porta la Lazio sul 4-1, un risultato che accende ulteriormente gli animi pensando al rigore negato nel primo tempo e da quello inesistente fischiato da Van der Kroft a metà ripresa. Dal possibile 5-0, si passa al 4-2 finale firmato proprio al 90’ da Johnson. E si scatena l’inferno.

http://www.sslaziofans.it/contenuto.php?idContenuto=28659(il filmato della notte di follia…)

I tifosi salgono sulla tettoia del tunnel tra la Curva Sud e la Monte Mario che porta negli spogliatoi, tentano di invadere e di colpire con pezzi di panche divelte sia i giocatori inglesi che l’arbitro e i guardalinee. Tra calciatori, volano prima insulti, gli inglesi urlano “Italian bastard” e ricevono come risposta schiaffi, pugni, calci. A farne le spese è il portiere Best, che colpito da Wilson prima e da Petrelli poi viene ricoverato in ospedale con la frattura della tibia.

Il referto dell’arbitro e dei commissari Uefa è pesantissimo. La Lazio viene squalificata per tre anni da tutte le competizioni europee, fa appello e la squalifica viene ridotta ad un solo anno. Ma è una squalifica che costa carissima, perché quella banda di pazzi alla fine di quella stagione vince lo scudetto e a causa della sanzione dell’Uefa non può rappresentare l’anno dopo l’Italia in Coppa Campioni. Un esordio slittato di 26 anni, quando la Lazio di Eriksson entra a vele spiegate in Champions League e, corsi e ricorsi storici, in quella stagione vince il secondo scudetto della storia di questa folle società.

STEFANO GRECO



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