Un goal che sa di liberazione, un sinistro che allontana le nubi e rischiara l’orizzonte. Si è sbloccato, Vinícius De Freitas Ribeiro, dopo mesi vissuti nell’anonimato ha trovato spazio e continuità in quel di Padova. Ci ha pensato la rete siglata sabato scorso contro il Pescara a fargli conquistare una volta per tutte le luci della ribalta. Le panchine e le tribune all’ombra del Colosseo sono ormai uno sbiadito ricordo, l’ex Cruzeiro ha ingranato la quinta in maglia biancoscudata, collezionando sette gettoni, un assist e una segnatura. Sembra trascorsa una vita da quel 5 luglio del 2013, giorno dell’approdo nel Bel Paese del ragazzo di Rio de Janeiro. Catapultato in una realtà completamente diversa, il laterale verdeoro ha faticato a dismisura a imporsi, non è mai a riuscito scendere in campo con l’aquila sul petto, complici anche una lunga serie di infortuni che ne hanno limitato la crescita. Il 30 gennaio del 2014 è già tempo d’addio:‘Faccia da Teschio’ (così lo chiamavano in patria i tifosi, per via di quei lineamenti scavati) viene ceduto al Padova con la formula del prestito con diritto di riscatto e contro riscatto da parte della società biancoceleste. Nella città dei tre “senza”, Vinícius rinasce, sboccia, illumina. Al suo fianco c’è Tommaso Rocchi, nelle vesti di maestro, consigliere, fratello maggiore. La redazione de Lalaziosiamonoi.it ha raggiunto proprio il terzino brasiliano per parlare della sua nuova esperienza in Serie B e non solo.
Sabato scorso contro il Pescara hai segnato il tuo primo gol in Italia. Che significato ha questa rete? “È stata una grande gioia, ricorderò per sempre questo gol, sono davvero felice”.
A servirti l’assist è stato Tommaso Rocchi, uno che alla Lazio ha scritto pagine di storia… “Ho un buon rapporto con lui, mi sta sempre vicino e mi trasmette fiducia. Prima di ogni gara mi dà molti consigli, suggerendomi cosa fare in campo, i movimenti giusti. Per la mia crescita è stato davvero importante, è un grandissimo campione”.
Ti ha parlato del derby della Capitale? Tu ne hai vissuto uno dalla panchina… “Sì, ho avuto la fortuna di vedere da vicino cosa significa. Per me sarebbe un sogno scendere in campo al derby contro la Roma, spero di tornare alla Lazio la prossima stagione per poterlo giocare”.
Quando hai saputo che il club biancoceleste ti cercava? “Avevo subito un infortunio serio al piede sinistro, ero in fase di riabilitazione”.
Hernanes, Dias, Ederson, Felipe Anderson: ti hanno aiutato i brasiliani presenti in rosa ad ambientarti in Italia? “Sì, stavo sempre vicino a loro. Hernanes è un campione dentro e fuori dal campo, lui e Dias all’inizio mi hanno aiutato molto con la lingua, non sapevo una sola parola di italiano. Non è facile per un ragazzo di 20 anni ambientarsi in un Paese nuovo, per questo li ringrazio. Adesso sto diventando un italiano (ride, ndr)! Sono contento di giocare qui, sono pronto per la Serie A”.
Avrai assaggiato sicuramente un piatto tipico romano, il tuo preferito qual è? “La carbonara, assolutamente (ride, ndr)! Quando sono arrivato mangiavo solo carbonara, poi Tare mi ha detto di mangiarne di meno perché era un piatto troppo calorico”.
Alla Lazio hai legato con qualcuno in particolare? “Con i più giovani, Keita, Perea, Cavanda, Felipe Anderson. Ma parlavo sempre con tutti, eravamo un bel gruppo”.
Quali differenze hai notato tra il calcio italiano e quello brasiliano? “Per il ruolo che faccio io, ovvero quello di terzino, ho notato che è più difensivo. Per questo preferisco giocare in un 3-5-2, così posso spingere di più per sfruttare le mie caratteristiche. Ma a Padova ho dimostrato di poter ricoprire il ruolo anche in una difesa a quattro. In ogni caso a me basta giocare, poi decide il mister dove”.
Al tuo arrivo nella Capitale sulla panchina della Lazio c’era Petkovic. Che ricordo hai di lui? “Un buon ricordo, anche se non ho avuto mai l’occasione di giocare quindi c’è poco da dire”.
Cosa non è andato nei primi mesi italiani? “Avevo bisogno di fare esperienza ad alti livelli, l’allenatore non mi conosceva, ero molto giovane e ha preferito dare fiducia a qualcun’altro. Ma adesso ho dimostrato di avere qualità, ho il mondo del calcio davanti a me, ho solo 21 anni e spero di continuare a crescere”.
Reja invece lo hai conosciuto per un breve periodo. Che impressione ti ha fatto? “È un bravo allenatore, mi parlava spesso, mi diceva di continuare ad allenarmi al 100%. Una volta ha preferito schierare Lulic come terzino, mi ha chiamato per rincuorarmi, per spiegarmi che Senad gli dava più garanzie, lo conosceva da tempo”.
Hai sentito Felipe Anderson in questi mesi? Anche lui ha faticato a imporsi… “Sì, lo sento spesso. So che ha finito in crescendo la stagione. Ma con i giovani è così, devi avere pazienza, aspettare il loro processo di crescita. Non si può pretendere che facciano subito bene, bisogna saper aspettare il momento giusto”.
Un giudizio su Keita? “Ha qualità importanti, se manterrà i piedi per terra diventerà un giocatore fortissimo”.
Se ti dico saudade cosa mi dici? “Non ho avuto tanta nostalgia di casa. Certo, sento la mancanza dei miei amici, ma la famiglia è con me, mia mamma è qui a Padova, quindi non ho tanta saudade”.
Hai avuto modo di parlare con Tare in questi giorni? Avete discusso del tuo futuro? “Ci pensa il mio procuratore, sa lui cosa fare. Io penso a lavorare sul campo. Il mio obiettivo è quello di tornare a Roma, mancano ancora due partite alla fine del campionato, poi vediamo cosa succede. C’è tanto da fare alla Lazio, io qui sto dimostrando le mie qualità. Spero di fare bene anche in biancoceleste”.
Tra poco prenderà il via il Mondiale: chi lo vince? “Vince il Brasile! Ma l’Italia arriverà lontano, speriamo in una finale Italia-Brasile”.
Per le vacanze che progetti hai? Tornerai a casa? “Sì, tornerò in Brasile, rivedrò i miei amici, che è la cosa più importante”.
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